Se la democrazia ambientale è stata una grande conquista per ogni cittadino che voglia (e che debba!) impegnarsi a tutelare l’ambiente e le sue risorse, non adeguato, per non dire difforme ai suoi principi continua a palesarsi il pieno riconoscimento da parte degli amministratori locali. Visto più come un ostacolo, una mera perdita di tempo nell’esercizio delle funzioni politico – amministrative degli Enti locali.
La Convenzione di Aarhus del 1998, in gran parte ignorata sia da chi debba applicarla, sia da chi è destinatario dei diritti che pure riconosce, costituisce un contributo democratico all’ambiente. E’ stato delineato un nuovo modello di governance finalizzato a creare una reale “democrazia ambientale”, che significa informare i cittadini dei problemi e delle conseguenze, immediate e latenti, dei fenomeni inquinanti; ascoltare i loro bisogni e richieste; permettere una valida conoscenza con informazioni attendibili e dati accurati.
Molti ignorano (e continuano ad ignorare, talvolta furbescamente per non subire intralciamenti nella propria azione politico – amministrativa!) che la Convenzione fornisce ad ognuno un modello di democrazia unitaria basata su interessi comuni, nel quale la partecipazione e la ricerca del consenso ne costituiscono i principali elementi strutturali.
Per il prof. Goldsmith dell’ Harvard Law School la democrazia partecipativa permette una maggiore legittimità delle decisioni; la possibilità di ripristinare un clima di fiducia e di dialogo con le istituzioni laddove questo legame risulti essersi incrinato rivitalizzando un senso democratico; lo sviluppo di una coscienza civica, poiché l’esperienza della partecipazione a decisioni collettive rende i cittadini più responsabili proprio come gli studi sociologici continuano a dimostrare con le ricerche di una sociologia dell’ambiente.
Tutti effetti che volutamente negli Enti locali si continuano a sopprimere; e solo in ragione della loro percezione come impedimenti all’attuazione di un programma elettorale che dopo il voto diviene spesso carta straccia. Non è da trascurarsi la genesi antropologica e sociologica prim’ancora che politica di uno spirito comunitario e di un senso di appartenenza. La discussione consente ai cittadini di confrontarsi con altri punti di vista e di trasformare con minore difficoltà il conflitto in consenso.
Tutto ciò porta a scelte sociali migliori in grado di rispecchiare un maggior numero di esperienze messe a confronto. Se tali fattori entrassero seriamente in ogni agenda politica locale, non relegando a mero “atto
formale”, con il fine e nelle condizioni di responsabilizzare Sindaci, Assessori, Dirigenti e funzionari comunali, probabilmente si avrebbero meno conflitti socio – ambientali, risparmi economici notevoli proprio in quei servizi di igiene ambientali divenuti vere e proprie discariche di mercimonio politico – elettorale e soprattutto un “cittadino del mondo” più educato al rispetto degli ecosistemi e dei loro delicati equilibri.
Le ragioni sono molte ed il primo passo per comprenderle è la volontà di cercarle. Ugento e i suoi cittadini possono riscoprire il dovere di porsi delle domande, anche scomode, ed il diritto di ricevere delle risposte, magari quelle che non si vogliono sentire.
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