Ambiente e Territorio

Che fine farà la sabbia del porto di Torre San Giovanni?

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Nel porto di Torre San Giovanni di Ugento stanno per iniziare le operazioni di rimozione della sabbia accumulata nei fondali, un intervento che avrebbe potuto rappresentare un’opportunità per il ripascimento delle spiagge erose della costa ionica. Tuttavia, la destinazione scelta per lo smaltimento della sabbia ha sollevato polemiche, evidenziando uno spreco di materiale prezioso che avrebbe potuto essere impiegato per la tutela del litorale.

Secondo l’ordinanza n. 27 del 21 marzo 2025 emessa dalla Capitaneria di Porto di Gallipoli, la ditta incaricata dei lavori, la “VENNA S.r.l.”, si occuperà del dragaggio dei fondali del porto, con il materiale che verrà trasportato e scaricato nelle acque antistanti la località Fontanelle, nel comune di Ugento. La decisione prevede l’immersione in mare della sabbia dragata tramite la draga “Riccione II”, anziché il suo utilizzo per interventi di ripascimento costiero.

Le coordinate fornite nell’ordinanza identificano chiaramente le aree interessate:

  • Area di dragaggio nel porto di Torre San Giovanni: 39° 53.163’ N – 018° 06.871’ E / 39° 53.205’ N – 018° 06.941’ E
  • Zona di immersione nelle acque antistanti Fontanelle: 39° 51.533’ N – 018° 09.451’ E / 39° 52.048’ N – 018° 08.294’ E

I punti di sversamento individuati coprono un’area vasta che va da Torre Mozza a Torre San Giovanni, con distanze dalla linea di costa comprese tra i 150 e i 200 metri. Tuttavia, ci si chiede se sarebbe stato più opportuno destinare la sabbia al ripascimento diretto delle dune e delle battigie, come avvenne nel precedente intervento di anni fa, con l’aggiunta anche dei piccoli moli che si vedono in foto, garantendo una protezione efficace contro l’erosione.

L’aspetto che dovrebbe essere al centro del dibattito è la scelta di scaricare la sabbia in mare invece di destinarla al ripascimento delle spiagge tra Torre San Giovanni e Torre Mozza, aree da tempo colpite da un’importante erosione costiera. Il materiale dragato, compatibile con la composizione della sabbia di queste zone, avrebbe potuto contribuire alla rigenerazione naturale del litorale, con benefici ambientali e turistici.

Nonostante l’opportunità evidente, la scelta di immersione a Fontanelle sembra basata su ragioni burocratiche e logistiche, senza una visione di lungo periodo per la tutela del territorio. Il tema del ripascimento costiero è di cruciale importanza per molte località balneari italiane, che stanno adottando strategie differenti per fronteggiare l’erosione.

Diversi comuni costieri hanno già adottato misure efficaci per contrastare l’erosione e preservare le proprie spiagge. In Emilia-Romagna, ad esempio, molte località turistiche hanno investito in progetti di ripascimento costiero con sabbia prelevata dal mare, spesso finanziati da fondi europei. Analogamente, in Toscana e in Veneto, si sono sviluppate tecniche che prevedono il dragaggio di sabbia dai fondali marini più profondi e il successivo trasporto sulle spiagge erose attraverso sistemi di pompaggio, anch’essi molto costosi.

Un esempio significativo vicino a noi è quello di Porto Cesareo. Qui, si è provato a impiegare una tecnica basata sull’uso di grandi draghe che prelevano sabbia da largo per poi pomparla direttamente sulla battigia. Questo metodo avrebbe dovuto consente di ridurre l’impatto ambientale e di favorire il ripristino naturale delle spiagge, senza disperdere inutilmente il materiale prelevato. Un progetto che però non ha portato i risultati sperati, con la faccenda che è addirittura finita in tribunale.

Gli interventi a Porto Cesareo

La domanda che emerge è: perché disperdere in mare una risorsa che potrebbe essere utilizzata per proteggere le spiagge?

Nel frattempo, il lavoro di dragaggio procederà tra il 24 marzo e il 22 aprile 2025, con la speranza che future operazioni possano essere meglio pianificate per massimizzare i benefici ambientali e turistici del territorio pugliese.

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