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Editoriali

Torniamo a parlare del nostro paese

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A due anni dallo scoppio di questa terribile pandemia, sempre più si fa sentire l’esigenza di un luogo d’incontro per tutti coloro che amano parlare, discutere, o solamente ascoltare in compagnia. Le piazze sono sempre più vuote e l’acutizzarsi del problema nel bel mezzo di questa tormentata quarta ondata non sta facendo altro che svuotarle ulteriormente. Ma a volere essere onesti questo è un fenomeno a cui assistiamo da ben prima del Covid, che non ha fatto altro che far detonare una situazione innescata già da tempo. Mancano gli spazi di aggregazione, e quelli che ci sono sembrano essere esclusivamente appannaggio delle fasce più anziane della popolazione, le uniche che sembrano ancora provare a parlare dei problemi che ci circondano. Ci sono poi le altre generazioni, quelle che si trovano al pub la sera, quelle che sono ancora impegnate negli studi, quelle che ancora non hanno avuto il tempo di metter su famiglia. Sono loro le prime vittime sacrificali del nostro sistema paese, che certo non fa mancare il sostegno alle famiglie e alle fasce più deboli della popolazione. Ma questo può bastare a garantire un vivere civile e democratico di una comunità? Ci troviamo di fronte ad un enorme buco di rappresentanza e comunicazione che si traduce poi in apatia e che sfocia inevitabilmente nel nichilismo. Il nichilismo quello che Nietzsche chiama “il più inquietante fra tutti gli ospiti”, sembra pervadere una fascia sempre più grande della nostra popolazione, bloccata da un sentimento che ha origine nel profondo senso di impotenza che pervade profondamente i giovani. Qual è il rimedio a tutto ciò? Secondo me non può che essere uno: tornare a parlare di noi, del nostro paese, delle nostre ambizioni e aspettative come comunità, una comunità forte perché forgiata dalla mescolanza di idee diverse, che si fondono per creare nuove e più durature eccellenze. Scendiamo in piazza, non con le bandiere a protestare, ma semplicemente a chiacchierare con il nostro vicino di casa, interessiamoci, interagiamo, viviamo davvero il nostro paese.
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A due anni dallo scoppio di questa terribile pandemia, sempre più si fa sentire l’esigenza di un luogo d’incontro per tutti coloro che amano parlare, discutere, o solamente ascoltare in compagnia.

Le piazze sono sempre più vuote e l’acutizzarsi del problema nel bel mezzo di questa tormentata quarta ondata non sta facendo altro che svuotarle ulteriormente.


Ma a volere essere onesti questo è un fenomeno a cui assistiamo da ben prima del Covid, che non ha fatto altro che far detonare una situazione innescata già da tempo.


Mancano gli spazi di aggregazione, e quelli che ci sono sembrano essere esclusivamente appannaggio delle fasce più anziane della popolazione, le uniche che sembrano ancora provare a parlare dei problemi che ci circondano.


Ci sono poi le altre generazioni, quelle che si trovano al pub la sera, quelle che sono ancora impegnate negli studi, quelle che ancora non hanno avuto il tempo di metter su famiglia. Sono loro le prime vittime sacrificali del nostro sistema paese, che certo non fa mancare il sostegno alle famiglie e alle fasce più deboli della popolazione.

Ma questo può bastare a garantire un vivere civile e democratico di una comunità?


Ci troviamo di fronte ad un enorme buco di rappresentanza e comunicazione che si traduce poi in apatia e che sfocia inevitabilmente nel nichilismo.
Il nichilismo quello che Nietzsche chiama “il più inquietante fra tutti gli ospiti”, sembra pervadere una fascia sempre più grande della nostra popolazione, bloccata da un sentimento che ha origine nel profondo senso di impotenza che pervade profondamente i giovani.


Qual è il rimedio a tutto ciò? Secondo me non può che essere uno: tornare a parlare di noi, del nostro paese, delle nostre ambizioni e aspettative come comunità. Una comunità forte perché forgiata dalla mescolanza di idee diverse, che si fondono per creare nuove e più durature eccellenze.


Scendiamo in piazza, non con le bandiere a protestare, ma semplicemente a chiacchierare con il nostro vicino di casa, interessiamoci, interagiamo, viviamo davvero il nostro paese.

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Videomaker, Fotografo, Giornalista ed esperto di marketing digitale. Tutto questo dopo aver vissuto dieci anni a Bologna ed esser tornato in Salento. Oggi dirigo la redazione di Ozanews, la comunicazione di Ugento Calcio e le iniziative di Officine Multimediali ETS mentre continuo a lavorare per i miei clienti storici.

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