Politica
Piccoli esperimenti di E-Democracy. Dove sei democrazia?
L’e-democracy svecchia il concetto di democrazia che sembrava essersi perso.
La storia della democrazia è lunga, articolata e piena di contraddizioni. Da sempre osannata come segno di giustizia ed espressione del volere comune, ha subito, il peso del tempo sulle parole: la mutevolezza dei significati.
Oggi si sono dimenticati i presupposti di tale forma di governo, ossia:
- La località: a mio avviso, forse il tratto più caratteristico. La democrazia, il “governo del popolo”, nasce e si sviluppa sulla base delle città-stato, di gran lunga meno numerose degli odierni paesi.
- Il diritto ad esprimere un’opinione: caratteristica centrale del problema odierno. Oggi, giustamente, estesa a tutti i cittadini, nelle prime forme di democrazia non lo era.
- Poca informazione ma fiducia nei grandi pensatori: non è un caso che la filosofia (letteralmente “l’amore per il sapere”) nasca proprio in questi contesti dove ci si riuniva nell’agorà, la piazza, e si discuteva alla ricerca di verità delle cose. Ginnastica per la mente.
Il governo del popolo si afferma come un diritto inalienabile sulla scia dei due conflitti mondiali che ne hanno affermato la necessità.
Oggi, però, la democrazia ha un nuovo strumento: Internet.
Il caso dei Grillini e il più recente problema delle vaccinnazioni sono esemplificativi di come la partecipazione del popolo possa risultare controproducente (se incanalata nella rabbia e nell’odio). Di fatto l’opinione pubblica è stata bombardata da informazione che non hanno dato modo di vedere con chiarezza, producendo divisione.
Però ha anche dimostrato come questa tecnologia possa riportare al centro del processo decisionale il potere e il volere del popolo.
Analizziamo i punti della sua nascita con i dati di oggi:
- Località: le, non più recenti, tecnologie ci hanno messo di fronte alla distruzione degli assiomi tempo e spazio. L’approccio globale ha discriminato quello locale e si tende sempre più a considerare il locale SOLO come globale. Una posizione sgradevole in quanto sta accedendo l’esatto opposto: il locale e artigianale stanno via via acquisendo valore politico ed economico.
- Diritto di espressione: il diritto di espressione è sì un diritto ma nella forma originale era maggiormente un DOVERE. I cittadini, maggiorenni e uomini, erano infatti bene accetti nelle assemblee e tutti avevano diritto di parola. Tuttavia ogni Ateniese era anche in dovere di difendersi da sè in sede giudiziaria. Questo garantiva una minima preparazione culturale da parte dei singoli che si rifletteva in maggior senso critico verso le esigenze comuni nelle fasi di discussione pubblica. Oggi tutti ci sentiamo in DIRITTO di esprimere ma non in DOVERE di informarci correttamente.
- Troppa informazione: Il paradosso dell’iper-informazione; abbiamo la tendenza a conoscere meno e male. L’istruzione, quando era dei ricchi la si ricercava ed era oggetto di invidia da parte dei poveri che contestavano la disuguaglianza. Una volta ottenuta per tutti, come oggi, si tende a sottovalutarla e pensare che chi studia sia altezzoso e gli ignoranti siano liberi pensatori. (vedi questione vaccini).
“La conoscenza consiste nel filtraggio delle informazioni. L’informazione può nuocere alla conoscenza, come accade con internet, perché ci dice troppe cose. Troppe cose insieme fanno il rumore e il rumore non è uno strumento di conoscenza.”
Umberto Eco ai microfoni di Che tempo che fa nel 2015 sul problema informazione e democrazia. (CLICCA QUI)
Ora, noi di OzaNews, nel nostro piccolo bacino di utenza cerchiamo di offrire un’informazione libera da schieramenti politici. Cerchiamo di coinvolgere i lettori affacciandoci al loro mondo, cercando umilmente di dargli voce, attuando un piccolo esempio di e-democracy.
I risultati del dialogo risultano incoraggianti. C’è molta partecipazione da parte vostra che ci seguite. Noi, che facciamo informazione, abbiamo il dovere di filtrare questi dati in modo coerente e quanto più possibile oggettivo.
Il malcontento non deve significare distruzione e le buone politiche non devono essere appaganti.
La realtà presenta sempre nuove sfide e sfumature sempre passibili di correzione, sia in meglio che in peggio. La realtà è un divenire che non deve mai essere assolutizzata.
La democrazia dovrebbbe coordinare le analisi, mai assolutizzarle, di cittadini pensanti che cercano di superare i propri interessi personali in favore del bene comune.
Perciò, la democrazia digitale, e-democracy, è un bene. Soprattutto per le realtà minori, come i comuni, dove ci si conosce ed è più semplice arrivare ad un compromesso.
L’e-democracy, con i giusti obiettivi, può davvero colmare il gap delle politiche italiane del dopoguerra: la sempre maggiore lontanza della classe politica rispetto ai cittadini.
Oggi, possiamo avere l’opinione di tutti nella piazza virtuale; ascoltare ogni singolo desiderio o lamentela, restituendo al popolo la sua funzione decisionale e alla parola democrazia il suo significato originario, attuando l’e-democracy.
Aumentando il coinvolgimento nel processo decisionale, si ottengono,così, maggiori consensi e si responsabilizza il cittadino, che spesso e volentieri si sente ignorato dalle classi dirigenti.
Democrazia non sei scappata, hai solo cambiato volto.