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Ambiente e Territorio

Rifiuti urbani, sprechi pubblici e common goods

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Rifiuti urbani, sprechi pubblici e common goods
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Ad oggi non si può certo dire che il servizio di igiene urbana nel Salento e nel nostro territorio in particolare, goda di buona salute. Forse sarebbe più realistico parlare di “stato comatoso” se si considerano i periodi del commissariamento e poi gli anni in cui sul piano politico – istituzionale ci si è limitati a mere battaglie ideologiche, prive di utilità per l’ambiente e soprattutto per i cittadini. Basterebbe sfogliare i quotidiani locali per prendere atto del fallimento del sistema gestionale che ha visto protagoniste tutte le compagini politiche. Contrariamente a quanto titolato nel suo libro sulla storia ambientale del Novecento dal prof. McNeill della Georgetown University, è il caso di dire: “nulla di nuovo sotto il sole”. 

I dati in termini di efficacia, efficienza, economicità e soprattutto trasparenza dell’attuale sistema di gestione dei rifiuti urbani dimostrano che le politiche regionali oltre a non aver risposto alle attese, sono state palesemente difformi alle direttive nazionali ed europee in materia di rifiuti urbani. Tuttavia, pur essendo le Regioni le principali artefici dell’insuccesso gestionale, le soppresse Provincie ed in primo luogo i Comuni hanno con le loro inefficienze ed eccessi di burocratizzazione fornito un apporto non di poco conto. Proprio il Comune continua ad essere ancora oggi una sorta di longa manus nel rafforzamento delle male-bestie sturziane. Su tutte, lo sperpero di denaro pubblico. I numerosi Soloni ambientali a cui la politica locale si è negli anni affidata, talvolta facendogli indossare la doppia veste di “controllore” e “controllato”, oltre a non aver pur a fronte di laute consulenze sortito alcun beneficio per i salentini, hanno determinato un esorbitante aggravamento dei costi di funzionamento, di gestione amministrativa con tutto ciò che nel tempo ne è conseguito sul piano dei contenziosi giudiziari. Il fenomeno della polverizzazione della pubblica amministrazione non fa altro che contornare un sistema di per sé malato, addirittura giunto ormai in uno stadio di irreversibilità. Ed i rifiuti che rimangono nelle nostre case e quelli che vengono vergognosamente abbandonati nei terreni e sulle strade, costituiscono la prova di un fallimento totale.

Il governo dei beni collettivi introdotto dal premio Nobel Elinor Ostrom fornisce utili, se non fondamentali spunti di riflessione, meritevoli di attenzione tanto dai cittadini, quanto soprattutto da parte di coloro che costituirebbero quell’expertise che negli ultimi venti anni ha operato in stretta sinergia con i policy maker. Tanto vincolati ad esigenze pre e post-elettorali, espressione più di mercimonio politico che di una politica al servizio dei cittadini; quanto lontani da visioni strategiche improntate sullo sviluppo sostenibile, sulla crescita eco – solidale ed uguaglianza nel riconoscimento dei diritti sociali, soprattutto dei lavoratori operanti nel settore dei servizi igienico ambientali. 

Un insieme di politiche pubbliche disegnato sull’orizzonte strategico del bene collettivo, dell’interesse generale delle piccole come delle grandi comunità locali, che abbia al centro la persona (consumatore/lavoratore). Di quelle realtà, o come direbbe il prof. Giulio Sapelli, di “quel popolo degli abissi” che con la crisi economica del 2007 sembra non solo incattivirsi, il che è di per sé il segnale di un decadimento psico – sociale ed antropologico, oltrechè etico – morale, ma anche acquisire ulteriore consistenza a causa delle enormi diseguaglianze generate dal capitalismo finanziario. 

A livello comunale prevalgono gli interessi dei pochi, siano essi amministratori locali spesso furbescamente conniventi di un sistema economicamente inceppato, che imprenditori privi di qualsiasi indirizzo etico – morale di matrice olivettiana, interessati esclusivamente al profitto a danno della collettività.

La TARI è una “imposta” che dovrebbe essere elargita dal cittadino sulla base di ciò che egli produce in termini di rifiuto, stimolandolo, all’applicazione dei principi di gestione dei rifiuti: prevenzione, preparazione al riutilizzo, riciclaggio, recupero e smaltimento. Al suo fianco occorrono istituzioni coscienziose e responsabili ed Enti gestionali di beni e servizi collettivi nella forma del “not for profit” (non per profitto!). Nuove forme di politiche pubbliche che si occupino di common goods (beni comuni!). Una strada condivisibile per iniziare a porre le basi del superamento di quel capitalismo finanziario di tal dottrina ordo-liberista dimostratosi disastroso per l’uomo contemporaneo, che ha reso i poveri sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi. E credo che forse non abbiamo visto ancora abbastanza. L’inflazione galoppante di oggi è solo un segnale di ciò che verrà. 

Ripartiamo da zero. Ripartiamo dall’essere cittadini responsabili. Avremmo risolto metà dei problemi. Il che non è poco. 

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