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Editoriali

Che ne sarà di Ugento? Pensiamo al futuro

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Che ne sarà di Ugento Pensiamo al futuro
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Per interesse e curiosità “giornalistica” mi è capitato di imbattermi in un post dell’amico Angelo Minenna. A differenza di altre occasioni, ciò che mi ha maggiormente colpito non è stato tanto l’effetto “apoftegma”, sempre meritevole di attenzione per “capacità di cogliere il senso dei significati della realtà”, per dirla alla William Thomas, eminente sociologo della Scuola di Chicago, quanto piuttosto la prova che per amministrare una città come la nostra occorre avere una prospettiva strategica. Avere cioè, proprio ciò che manca da un po’ di anni a questa parte perché al netto delle milionate di finanziamenti che pure registrano un’indubitabile capacità di accaparramento, il livello di sviluppo economico, sociale, culturale e politico raggiunto non è proporzionale agli investimenti degli ultimi vent’anni. Spiegare cosa debba intendersi per sviluppo culturale e sociale, ma direi anche politico, richiederebbe molto più spazio e più tempo. Mi limito solo a sintetizzare il tutto, non certamente sottraendone la paternità, che gli ugentini ed i geminiani (tutti!) devono acquisire la consapevolezza di “sentirsi popolo”!

Il censimento dell’AIRE del 2016 riporterebbe circa 3500 ugentini all’estero. A distanza di anni, benché i buoni propositi elettorali siano stati molti, penso, per esempio, “a far diventare il comune la casa del cittadino”, è verosimile che la situazione sia certamente cambiata. Ma in peggio, per cui non nascondiamoci dietro un dito! Sarebbero diventati molto numerosi gli studenti universitari che, una volta conseguita la laurea, o rimangono lì dove si sono stabiliti nei loro anni universitari oppure da Lecce prendono baracca e burattini e si stabiliscono altrove. Personalmente ne conosco diversi e tutte persone in gamba, di alto profilo professionale e culturale, che con le loro competenze e capacità potrebbero stravolgere la nostra città, facendola letteralmente risorgere. Ecco, Ugento penso abbia bisogno di un nuovo Risorgimento! Che non potrà certamente essere legato a soggetti che con operazioni di restyling elettorale siano legati ad un passato che è amministrativamente e politicamente fallimentare. Il che non significa, come qualcuno vorrebbe far pensare, essere contro il proprio paese, la propria terra. Sono in molti ad amare questo scorcio di terra, di storia e di bellezza. Lo amano almeno quanto quelli che per varie ragioni sostengono e pongono in atto idee completamente diverse.

Correttamente viene evidenziata un’emigrazione di braccia, ma anche e soprattutto di menti.

L’ultimo censimento Istat riporta un dato oggettivo: nel 2022 gli abitanti di Ugento sono 12.075. Nel 2019 erano 12.201. Una cittadina che diminuisce ed invecchia in maniera considerevole se deve essere inevitabilmente analizzata sul piano macro-sociale, ove tenere in considerazione gli attuali indici demografici, sia nazionali, sia europei, non la si può trascurare sul piano delle politiche, degli interventi e di una visione strategico – locale che parta dai fondamentali di sviluppo e crescita a disposizione. Ma per farlo occorrono momenti plenari di riflessione, di confronto, di offerta di un vero protagonismo civico. Occorre gettare le basi per una costruzione culturale a mo’ di nuove forme di “educazione alla democrazia”, stando all’insegnamento del grande Alexis De Tocqueville. Occorre che i soliti, pochi e noti, si facciano da parte per lasciare spazio ai molti e nuovi. Tagliare le radici secche del vecchio modo di fare politica per seminare i nuovi germogli di un futuro che altri hanno il diritto e il dovere di costruire. Anche costoro meritano un’opportunità.

Condivido ogni parola del testo musicale di “Goodbye Malinconia”. Ed ha piuttosto “non qualcosa” ma molto da dire ad ogni ugentino e ugentina e geminiano e geminiana. Di ogni genere ed età. Servirebbe come detto un “nuovo Risorgimento” su scala comunale. Non possiamo permetterci centri storici desolati, scuole che chiudono, serrande dei negozi che si abbassano, campi che non vengono coltivati, memorie, tradizioni e saperi artigiani che svaniscono, idee e potenzialità che faranno crescere altri territori. 

Urge interiorizzare la necessità e la consapevolezza di dover risorgere. Non si può contare e sperare solo in quel turismo di pochi e dall’attimo fuggente. Abbiamo bisogno di altro e di più. Abbiamo tutto per smentire Caparezza: “Tanto se ne vanno tutti, da qua se ne vanno tutti. Non te ne accorgi ma da qua se ne va vanno tutti!” 

Pensiamo al futuro. Tutti!

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