Ambiente e Territorio
La differenza tra Ugento e gli altri parchi pugliesi
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Mentre il Parco delle Dune Costiere si prepara a presentare la sua strategia quinquennale di sviluppo turistico sostenibile, puntando al terzo riconoscimento consecutivo della certificazione europea CETS, sul versante sud del Salento il Parco Naturale di Ugento resta avvolto in una cortina di nebbia che dura da quasi vent’anni.
Una conferenza stampa, quella annunciata per martedì a Ostuni, che mette in luce il divario nella gestione delle aree protette pugliesi. Da una parte un parco che convoca assessori regionali, sindaci e operatori del territorio per condividere progetti e visioni future. Dall’altra, quello di Ugento, dove l’unica certezza sembra essere lo stipendio del direttore, assunto part-time a tempo indeterminato.
Le domande si accumulano come le dune sulla costa ugentina: dove sono finiti i fondi pubblici investiti in questi due decenni? Quali progetti sono stati realizzati? E soprattutto, quali benefici tangibili ha portato il parco al territorio, alla sua economia e al suo ecosistema? Il silenzio amministrativo è assordante quanto il rumore delle onde che si infrangono sulla costa protetta (e che sta scomparendo!).
La vicenda assume contorni paradossali se si considera che il Parco di Ugento custodisce uno dei tratti costieri più suggestivi del Salento, con un patrimonio naturalistico che potrebbe generare sviluppo sostenibile e opportunità per l’intera comunità. Invece, mentre altri parchi regionali presentano bilanci, strategie e coinvolgono gli operatori locali, qui l’unica notizia certa resta quella dell’assunzione del direttore, #IATAIDDHU.
Il contrasto con il Parco delle Dune Costiere è stridente. Mentre a Ostuni si discute di certificazioni europee e di sviluppo turistico sostenibile, a Ugento regna un silenzio che sa di occasione mancata. Eppure basterebbe poco: una conferenza stampa, un bilancio sociale, una strategia condivisa con il territorio.
I cittadini di Ugento attendono risposte. Non chiedono molto: solo di sapere come vengono spesi i loro soldi e quale futuro si immagina per un’area protetta che, sulla carta, dovrebbe essere un volano di sviluppo sostenibile per l’intero territorio e non per la solita cerchia ristretta di amici del capo.