Politica
Referendum: Scorrano chiede a Garzia di scusarsi

È bastato un post su Facebook per riportare alla luce una delle piaghe più preoccupanti della nostra epoca: l’incapacità del discorso pubblico, anche a livello locale, di affrontare con rispetto e maturità i grandi temi della convivenza civile. Ma questa volta il caso è ancora più grave, perché a scrivere quelle parole – a mio vedere incompatibili con il ruolo che ricopre – è stato un consigliere comunale in carica.
Ezio Garzia, consigliere comunale del Comune di Ugento, ha pubblicamente attaccato chi sostiene il diritto alla cittadinanza per gli stranieri con toni inaccettabili: “a cani e porci” li ha definiti. E ancora: “sfrattati”, “fuori dall’Italia”, “andate nel Magreb”, in un crescendo di parole che possono sapere di xenofobia, di odio istituzionalizzato, di disprezzo per chiunque sia diverso, o anche solo pensi diversamente.
Un post grave, che ha immediatamente suscitato indignazione. La risposta più significativa è arrivata da Vincenzo Scorrano, presidente del Consiglio comunale di Ugento, che ha preso le distanze da quelle parole, rivendicando il valore dell’umanità, del rispetto e della responsabilità che ogni rappresentante pubblico è tenuto a incarnare. “Quando l’odio si veste da opinione – ha scritto – la democrazia si ammala”.
Una posizione umanamente condivisibile. Perché in una società sempre più polarizzata, parole come quelle scritte da Garzia non sono semplici “uscite infelici”, ma detonatori di divisione, benzina su un fuoco che brucia ogni giorno il senso di comunità. Parole che normalizzano la violenza, che seminano paura e rancore. Che parlano ai piani bassi dell’anima, mentre il dovere della politica dovrebbe essere quello di elevarci, non di trascinarci nel fango.
La replica di Garzia non ha aiutato a smorzare i toni, anzi: in un commento ha ribadito le sue posizioni, rafforzando l’idea che “questa gente” – come ha scritto – “non deve entrare in casa mia”, vantando il presunto consenso della “maggioranza degli italiani”. Un ragionamento semplicistico, divisivo e fuori dal tempo. Ma soprattutto: pericoloso.
E mentre si consuma l’ennesimo scontro verbale sulle piattaforme social, resta un dato inquietante: la politica ugentina sembra ormai più incline a colpire gli ultimi che a difendere i propri cittadini. Dove sono gli stessi toni duri quando si parla di Burgesi e del disastro ambientale? Dove sono le prese di posizione nette quando si tratta di denunciare la cattiva gestione dei servizi, le opportunità mancate, il disagio crescente delle nuove generazioni? Dove sono gli scatti di dignità politica quando si tratta di combattere le ingiustizie locali che costringono tanti giovani a fuggire da questa terra?
La verità è che spesso si preferisce il bersaglio facile. L’immigrato. Lo straniero. L’altro. Perché è più comodo demonizzarlo che ammettere le proprie responsabilità politiche. È più facile urlare contro chi non ha voce che affrontare le domande scomode di chi chiede giustizia, servizi, lavoro, opportunità. È più semplice invocare lo “sfratto” degli altri che confrontarsi col disagio crescente dei propri concittadini.
E così, nel 2025, assistiamo ancora a scene indegne, a parole che feriscono e dividono, a un clima di tensione costruito ad arte, mentre i veri problemi restano sullo sfondo. Inascoltati. Non affrontati.
La speranza è che questo episodio possa essere un campanello d’allarme e che il consigliere Garzia possa rendersi conto della brutta caduta di stile se non nel concetto, sicuramente nelle parole che ha usato per esprimerlo.
Perché Ugento merita di meglio. Merita rispetto. E soprattutto: merita una politica che guardi al futuro, non che resti imprigionata nei fantasmi del passato.