Cronaca
Abbiamo perso tutti. Ciao Luca

Quando un ragazzo di 31 anni se ne va in questo modo, è sempre una tragedia. Lo è ancora di più in una piccola comunità come quella di Ugento, dove le vite si intrecciano, dove ci si conosce per nome, dove ci si è visti crescere. È una ferita che non colpisce soltanto la famiglia o gli amici più vicini, ma attraversa tutti, indistintamente. Perché davanti a una così dolorosa, un po’ abbiamo perso tutti.
Luca – così si chiamava il ragazzo – non è solo un nome. È una storia, una vita, una presenza che oggi manca. E nel silenzio che lascia, ci interroghiamo. Ci chiediamo cosa non siamo riusciti a vedere, a sentire, a cogliere. Ci chiediamo quanto il nostro mondo, così pieno di rumore, sia invece terribilmente muto di fronte ai bisogni più profondi.
Viviamo immersi in una società in cui l’apparenza ha spesso la meglio sulla sostanza, dove contano i “like”, i filtri, le notifiche, più che un abbraccio sincero o una parola detta al momento giusto. E in questa corsa frenetica verso l’approvazione, c’è chi resta indietro. C’è chi si sente solo, inascoltato, invisibile. C’è chi, pur circondato da mille connessioni digitali, non riesce più a comunicare davvero.
Eppure, a volte basterebbe poco. Un messaggio dopo mesi, una chiamata inaspettata, un “come stai” sincero. Un gesto semplice, che può diventare un’ancora per chi si sente in balia del vuoto. Non per risolvere tutto, ma per dire: “Ci sono”.
Oggi non è il tempo delle polemiche né delle riflessioni facili. Oggi è il tempo del silenzio e del rispetto. Del dolore profondo di una famiglia distrutta, a cui tutta la comunità deve stringersi con affetto sincero. È il momento di ricordare Luca non per le circostanze della sua morte, ma per tutto ciò che ha lasciato nel cuore di chi l’ha conosciuto.
Che il suo ricordo ci accompagni come un monito: non dimentichiamoci mai di guardarci davvero negli occhi, di tendere la mano, di esserci. Sempre.