Politica
L’effetto Wish colpisce ancora: inaugurato un campetto impraticabile

Doveva essere il fiore all’occhiello dello sport di prossimità, il simbolo del riscatto periferico, la risposta concreta a chi, da anni, chiede più spazi per giocare, crescere e vivere il proprio territorio. Invece, anche stavolta, è arrivato… l’“effetto Wish”.
Il nuovo campetto di calcio a 5, inaugurato dall’amministrazione comunale di Ugento nella recente Giornata dello Sport, sembrava – almeno nelle foto diffuse sui social del sindaco Salvatore Chiga – l’ennesima promessa mantenuta. A guardarlo su Facebook, tra sorrisi istituzionali e forbici da cerimonia, sembrava davvero il piccolo miracolo urbano che ogni paese merita.
Peccato che la realtà, quella vissuta da chi nei campi ci gioca davvero (o ci proverebbe), sia un’altra. Appena si varca il cancello (quando c’è), si ha la sensazione di aver ricevuto un ordine da un e-commerce cinese di bassa lega: nella foto del sito il prodotto scintilla, nella confezione ti arriva una parodia. Ecco, questo è l’“effetto Wish”, che ad Ugento ormai è diventato una prassi urbanistica.
Dal progetto al prodotto (difettoso)
Partiamo dai dati: il campetto era stato annunciato già nel 2020, con tanto di render e comunicati trionfali dell’allora assessore allo sport Graziano Greco. Doveva essere un gioiellino incastonato a margine dell’impianto comunale adiacente il villaggio Astor, con tanto di spazi verdi, giostrine, decoro urbano e persino un’aura pedagogica.
Nel 2022, la Regione Puglia chiede integrazione della documentazione, il Comune paga i diritti amministrativi al CONI, si attiva la burocrazia, e la realizzazione del progetto si mette in moto. Oggi, giugno 2025, finalmente si inaugura. Ma cosa è stato davvero consegnato alla cittadinanza?
Un rettangolo in erba sintetica, mal posata, con zolle già sollevate dalla vegetazione spontanea che cresce a vista d’occhio. Nessun allaccio alla corrente, niente acqua. Le giostrine? Mai contemplate. Le panchine? Nemmeno l’ombra. Il verde? Solo quello delle erbacce, che invadono bordo campo (ma anche il centro) come spettatori sgraditi.
Un’opera periferica e isolata
Non solo. Il campetto sorge in un’area periferica, senza sorveglianza, lontano dalle principali direttrici urbane. Lontano, soprattutto, da una fruizione reale da parte della cittadinanza. Soprattutto in inverno, quando le giornate si accorciano e l’illuminazione – appunto – è un lusso che qui non si può permettere. È l’ennesima opera pubblica di Ugento che nasce già condannata all’abbandono.
Le dichiarazioni dell’ex assessore
Abbiamo raggiunto Graziano Greco, all’epoca assessore allo sport e oggi segretario cittadino di Fratelli d’Italia, che ha chiarito così l’iter amministrativo del progetto:
“Nell’ambito dell’attività di promozione dello sport, attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture sportive, durante il mio assessorato intercettammo diversi finanziamenti tra cui quello relativo alla realizzazione del punto sport in Località Fontanelle. Tuttavia il progetto originario prevedeva la realizzazione dell’intervento in Torre San Giovanni, via Monte Sinai, ma a causa della contestuale e successiva ammissione a finanziamento dell’arteria a quattro corsie e dopo una trattativa abbastanza complessa con i competenti uffici regionali, riuscimmo, da un lato, a confermare il finanziamento e, dall’altro, a delocalizzare l’intervento presso il sito attuale. È dei giorni scorsi l’inaugurazione della struttura da parte dell’amministrazione comunale.”
Una dichiarazione che chiarisce le origini politiche del progetto, ma conferma anche che la fase realizzativa – quella che ha generato i problemi attuali – è stata completamente gestita dall’attuale amministrazione, sul quale Greco non ha voluto esprimersi.
Il problema è politico, non tecnico
L’amaro sarcasmo non è solo estetico. Questo modo di amministrare – che confonde la comunicazione con la realizzazione, l’annuncio con l’efficienza – sta privando la città di spazi veri, fruibili, utili. Sta lasciando in eredità strutture poco utilizzabili e sempre più simili a monumenti dell’incapacità.
E intanto, mentre le storie social si riempiono di foto e sorrisi, la realtà scivola via tra buche, erba infestante e sogni spezzati, tipici sintomi dell’effetto Wish.
Perché qui, tra un campo a cinque e un pallone sgonfio, il problema non è solo sportivo. È culturale. E, ahinoi, profondamente politico.