Dieci anni fa Alessandro Giuli, allora firma de Il Foglio, oggi ministro della Cultura, scriveva un lungo e appassionato articolo dal titolo Zeus, ascoltami. Un atto d’amore verso Ugento e verso una delle statue più straordinarie dell’archeologia mediterranea: lo Zeus saettante, capolavoro messapico del VI secolo a.C., scoperto casualmente nel 1961 e da decenni sottratto alla sua città.
Giuli non si limitava a raccontare una storia affascinante. Denunciava una rimozione. Una statua invisibile, chiusa nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Taranto, negata persino in prestito al Museo Civico di Ugento, nonostante una struttura moderna, finanziata con milioni di euro pubblici e già allora capace – scriveva Giuli – di numeri sorprendenti.
I numeri di ieri: il “piccolo Louvre”
Nel 2015 Giuli citava dati ufficiali che oggi suonano quasi irreali:
- 80 visitatori al giorno nei mesi estivi
- 40 visitatori al giorno nei mesi invernali
- picchi primaverili legati alle scuole
Numeri che, se proiettati su base annua, avrebbero significato decine di migliaia di ingressi. Per una città di 12 mila abitanti, il Museo Civico di Ugento veniva definito senza enfasi un “piccolo Louvre”.
Quei numeri, se veri allora, pongono una domanda inevitabile oggi: che fine ha fatto quella capacità attrattiva?
I numeri di oggi: un crollo certificato
I dati attuali sulle entrate parlano chiaro e sono ufficiali:
- Estate 2023
Totale incassi: 7.727 €
– 6.666 € da bonifico cooperativa
– 1.061 € da POS - Estate 2024
Totale incassi: 6.137 €
– 4.397 € da bonifico cooperativa
– 1.740 € da POS
Un calo netto, evidente, che certifica una realtà ormai lontanissima dalle affluenze descritte nel 2015. Se quei flussi esistessero ancora, le entrate sarebbero ben altre.
Il paradosso economico: da risorsa a costo
Il punto più grave della vicenda non è soltanto il crollo degli incassi del Museo Civico di Ugento. Quello, da solo, sarebbe già un campanello d’allarme. Il vero nodo politico e amministrativo è un altro, ed è molto più profondo: il totale ribaltamento del modello gestionale.
Per anni il museo è stato gestito attraverso un sistema che, pur tra limiti e criticità, seguiva una logica elementare di sostenibilità pubblica:
la gestione, per contratto, versava al Comune di Ugento una quota annua di 12.000 euro.
Il museo non era un peso per la collettività, ma una risorsa, anche simbolica, capace almeno di contribuire alle casse comunali.
Oggi il quadro è completamente capovolto.
Con l’affidamento alla Coop Imago di Lecce, il museo non solo non produce più un ritorno economico per il Comune, ma costa ai cittadini ugentini circa 150.000 euro l’anno. Una cifra enorme per un ente locale di dimensioni medio-piccole, soprattutto se rapportata ai risultati effettivi ottenuti.
Il saldo finale è impietoso:
- meno servizi offerti al pubblico,
- meno visitatori,
- meno entrate certificate,
- un costo pubblico moltiplicato di oltre dieci volte.
In altre parole, il Comune si è trovato a pagare molto di più per ottenere molto di meno. Un paradosso economico che difficilmente può essere giustificato in termini di efficienza, valorizzazione culturale o interesse generale.
Una vicenda seguita passo dopo passo (e quasi in solitudine)
C’è un altro elemento che merita di essere sottolineato con forza.
La nostra testata è stata l’unica, nel panorama locale, a seguire passo dopo passo l’intera vicenda, spiegandone pubblicamente ogni passaggio:
- dalla vecchia gestione, già allora oggetto di discussioni e controversie,
- alla fase di transizione,
- fino all’attuale modello, che si è rivelato ancora più critico e ancor più controverso nei numeri e nei risultati.
Mentre il dibattito pubblico si spegneva o veniva ridotto a slogan, noi abbiamo ricostruito atti, contratti, costi, dati di affluenza e flussi economici, cercando di rendere comprensibile ai cittadini ciò che stava accadendo a un bene che è di tutti. Non per spirito polemico, ma per un principio elementare di trasparenza.
Perché un museo civico non è un dettaglio marginale: è un presidio culturale, identitario ed economico. E quando un presidio di questo tipo passa da generare entrate a produrre un disavanzo strutturale così rilevante, la comunità ha il diritto di sapere come, perché e con quali prospettive.
Una domanda che resta aperta
A oggi, la domanda resta senza risposta:
in che modo l’attuale gestione giustifica un costo annuo di 150.000 euro a fronte di entrate estive inferiori ai 7.000 euro e di un calo evidente dei visitatori?
È una domanda legittima, che non appartiene a una testata o a una parte politica, ma all’intera città di Ugento.
Ed è una domanda che diventa ancora più urgente se inserita nel contesto più ampio: l’assenza dello Zeus, la perdita di centralità del museo, il venir meno di quella funzione attrattiva che dieci anni fa veniva indicata come un modello virtuoso.
Noi continueremo a seguirla, come abbiamo fatto finora. Perché la cultura non è un costo da occultare, ma un investimento che deve essere spiegato, misurato e, soprattutto, difeso con i fatti.
Nel frattempo, Zeus è stato restaurato (ma non per Ugento)
C’è poi un elemento che rende ancora più fragile l’intero impianto delle vecchie giustificazioni: lo Zeus di Ugento è stato nel frattempo restaurato.
E non solo: oggi è esposto nella sala d’ingresso del Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA).
Dunque:
- non è più “non movimentabile”,
- non è più “troppo fragile per essere mostrato”,
- non è più invisibile.
È visibile. Ma non a Ugento.
Ministro Giuli, oggi la parola torna a lei
Qui la storia si chiude in un cerchio che non può essere ignorato.
L’uomo che scriveva:
“Mi domando se esista una sola buona ragione per la quale la statua di Zeus debba rimanere nascosta e lontana da qui”
oggi è il ministro che può dare una risposta concreta a quella domanda.
Ugento oggi ha:
- un museo che costa moltissimo ai cittadini,
- numeri di affluenza drasticamente ridotti,
- la sua statua simbolo restaurata ed esposta altrove.
Riportare Zeus a Ugento non sarebbe un favore a una città, ma un atto di coerenza culturale, di giustizia storica e anche di buon senso amministrativo. Sarebbe il primo vero investimento in grado di restituire centralità, attrattività e dignità a un museo che dieci anni fa veniva indicato come modello.
Klaohi Zis, scrivevano i Messapi: “Ascolta, Zeus”.
Oggi Ugento chiede una cosa ancora più semplice:
che chi allora aveva capito, oggi agisca.





























































