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Editoriali

Vecchi scritti di un ugentino che non c’è più

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Vecchi scritti di un ugentino che non c’è più
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Sono trascorsi diversi anni da quando il compianto prof. Salvatore Carluccio scriveva un interessantissimo e curioso articolo dal singolare titolo: “Vi racconto la mia. Esperienze vissute in politica”. 

Rispolverando alcuni suoi scritti, gelosamente custoditi in un archivio del tutto “personale”, un modo come un altro per ricordarne l’impegno professionale, sociale e politico, ho letto e riletto questo suo scritto, convincendomi che evidentemente molte cose erano state da lui previste. A mio modesto avviso, non vi è nessuno (o solo pochi che siano in mala fede), che non possa concordare con queste riflessioni. E’ comprensibile che non lo dicano apertamente, per “non esporsi”, perché viviamo in una comunità in cui sembra ci sia timore ad esprimere ciò che si pensa.

Oppure si preferisce dire ciò che potrebbe avere un tornaconto personale Ma nel profondo la coscienza interroga e suona il campanello!

E’ la riflessione di una persona, di un concittadino per la cui scomparsa qualcuno ha addirittura stappato bottiglie per brindare, mosso da sentimenti che nulla hanno a che fare con il senso di umanità. Mi viene da aggettivarlo come “poveraccio”! Altri aggettivi sarebbero uno spreco ed un’offesa alla lingua di padre Dante. Ma vediamo lo scritto.  

“Un figlio chiese al padre cosa bisogna fare per diventare  un politico di successo. Il genitore non sapeva come rispondere ad una domanda così imbarazzante. Nonostante tutto, così parlò: 

«Anzitutto  bisogna essere molto ignoranti, perché l’ignoranza permette di non avere  dubbi. Poi occorre  essere molto approssimativi e  superficiali, perché anche queste doti permettono di non avere scrupoli. Bisogna avere un’alta stima di sé stessi, in quanto aiuta ad avere una faccia tosta. È d’obbligo non mantenere la parola data ed essere pronti a dire tutto ed il contrario di tutto, pronti a trattare e ritrattare ogni cosa pensando soltanto ai propri interessi, tenendo presente che non si resta per sempre sulla cresta dell’onda  e che, quindi, bisogna pensare non a programmare il futuro, ma  a vivere il presente. Al popolo bisogna negare sempre le promesse fatte ed i buoni  propositi  predicati, tanto alla scadenza ti riconfermeranno  ugualmente. La riconferma è scontata se si hanno dei lestofanti che ti appoggiano incondizionatamente per gli interessi comuni. Gli elettori vengono attratti, come da legge fisica, dai  politici furbi: è scientificamente provato che  la calamita attrae il ferro ed il polo positivo quello negativo, così come la furbizia ha sempre abusato dell’ingenuità”. Il giovane figlio stava attento e seguiva con molto interesse quello che il genitore gli diceva, anche se tanti significati gli sfuggivano e non gli erano per nulla chiari. Infatti, lo stesso genitore gli aveva sempre insegnato che nella vita bisogna essere corretti, leali, altruisti, rispettosi del prossimo, senza mai approfittare delle cose altrui e, soprattutto, tener ben presente che nella vita tutto si ottiene con il sudore della fronte. Anche i suoi insegnanti gli raccomandavano di essere diligente, coscienzioso, leale e disinteressato nell’affrontare le problematiche  della vita quotidiana. Lo aiutavano a comprendere che il dubbio è la lanterna che illumina i passi delle persone corrette e sagge e che la giustizia  è un’arma nelle mani degli uomini per far trionfare sempre la Verità. Di questo era a conoscenza il nostro giovane, armato di buoni propositi, e a tutto questo pensava quando il padre gli descriveva il mestiere del politico, tanto che, a sentire quella risposta del genitore, era quasi pentito della domanda fatta. Sicché, rivolto al padre, commentò che fare il politico è cosa assai complessa e difficile. Il genitore, intuendo che il figlio aveva capito poco o quasi nulla, così gli replicò: “figlio mio, il vero  politico è colui che non ha mestiere”!”».

Ogni lettore tragga da sé la morale e provi a calarla nella realtà di tutti i giorni della nostra comunità. Avrebbe la possibilità quanto meno di riflettere su ciò che è stato il passato, sul nostro presente e su quello che potrebbe essere il futuro della nostra Ugento.

Si potrebbe quasi “pensare altrimenti”, nella direzione dell’interessamento alla cosa pubblica, pretendendo certamente il rispetto dei diritti, a condizione di riconquistare una coscienza dei doveri verso se stessi, il proprio territorio, i propri concittadini, la propria città. Si comprenderebbe l’importanza di essere onestamente critici (nel senso nobile!). “Umani” lo siamo tutti.

Forse dovrebbe capirlo qualche solone, vecchio e nuovo. E’ necessario e doveroso essere attenti per avere una visione sempre aperta alle criticità, non rimanendo sempre a guardare dalla finestra, perché concentrare un interesse per la cosa pubblica solo in 30 giorni di campagna elettorale, è meschino, ingiusto e soprattutto inutile. 

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