Editoriali
Semplicemente “rifare Ugento”!
Lo spunto per riscrivere qualcosa sull’urgenza di “una ricostruzione culturale” della nostra comunità, che ha dimenticato o se ne ricorda solo in sporadiche occasioni di “essere popolo”, mi è venuto da un intervento su Facebook dell’amico Angelo Minenna, in cui intravedo alcune verità inoppugnabili e assolutamente condivisibili. Se in un suo discorso alla Camera dei deputati del 26 giugno 1920 Filippo Turati parlava di “Rifare l’Italia”, oggi più che mai occorre “Rifare Ugento”. In tutti i sensi.
Ritornando all’intervento di Minenna, alcune sue riflessioni meritano di essere riproposte e contestualizzate a livello locale con una riflessione “a braccio”.
Rispondendo ad alcuni commenti, egli parte dall’augurio per una maggior cura di Ugento. Un posto bello cui dedicare impegno e passione sociale. Sul ripetersi di “scempiaggini politiche”, costantemente riproposte ad ogni tornata elettorale degli ultimi 25 anni, conferma la sua indisponibilità a “fare politica”. Dissento in questo perché ritengo che “fare politica”, intesa come “la più alta forma di carità” possa manifestarsi anche e soprattutto attraverso scritti, riflessioni, critica libera (nel senso nobile!), libri e, perché no, attraverso la manifestazione del proprio pensiero. Non occorre quindi essere necessariamente “eletti”, avere cioè un mandato elettorale per “amministrare”. Occorre proprio quel “granché” minenniano su cui “discutere, confrontarsi, combattere, proporre o elaborare”, mettendo da parte spocchia, pressappochismo ed il classico “ci sinti tie e ci suntu iou”, divenuto oramai una sorta di nenia, insopportabile, conclamata negli atteggiamenti tutti tipicamente ugentini.
Nel suo post emerge inequivocabilmente ciò che da anni sostengo debba essere l’obiettivo di mandato di qualsiasi “maggioranza politica” (proposta politica): la risoluzione del problema culturale di questo nostro paese. Il più difficile in assoluto. Che giustamente non ha prevalente attinenza alla conoscenza di Dante, Petrarca o Boccaccio, ma sostanzialmente alla capacità di comprendere, mettendolo in atto ogni giorno, quanto sia fondamentale avere cura delle cose e di non farne o rifarne altre per tornaconti o cambiali elettorali. O, peggio ancora, lasciare che il proverbio dialettale degli “anziani” (si dice non fossero “acculturati”!) “ci fabbrica e sfabbrica nu perde mai tiempu!”. Ci sono molte esperienze locali che insegnano quanto si palesi utile per la collettività, ad esempio, organizzarsi per la cura dei beni comuni. Quelli che utilizziamo tutti e di cui forse non ci rendiamo neanche conto quanto siano importanti. Non si può sempre pretendere che siano gli altri a dover fare tutto. Perché non è e non può essere sempre tutto scontato. Non ci si può mettere le mani in tasca, girandosi dall’altra parte fischiettando e aspettando che arrivi il momento per dire: “hai vistu? Quisti nu su capaci cu fannu nenzi?Sannu posti cusì se conzine e cose loru!”. È inutile girarci intorno! Il problema è proprio questo: fatte i fatti toi, nu te mintire mmenzu! Però poi è afrodisiaco poter sproloquiare, criticare (in questo caso nel senso negativo del termine!), sputare sentenze soprattutto nascondendosi dietro alle famigerate tastiere del PC e dello smartphone. Le cose si sanno, ma per strada si tende a guardarsi con i soliti occhi ipocriti, un po’ per codardia, un po’ per timore, un po’ per folle distacco umano. Ci basti guardare le scene dello straordinario film “Malena” di Giuseppe Tornatore, interpretato da Monica Bellucci, con le fantastiche musiche di Morricone, per avere la conferma di quelli che sono usuali modi di essere, di pensare e di porsi. Perché purtroppo occorre riconoscere che negli ultimi anni noi ugentini ci siamo umanamente imbruttiti, tendiamo ad un menefreghismo e ad una superficialità che sono sociologicamente patologici. Si ha paura, timore di dire ciò che si pensa. C’è il rischio, costante e concreto di essere “etichettati”, direbbe un grande criminologo come Becker. O, peggio ancora, di perdere il lavoro estivo, un incarico, una consulenza, etc. Anch’io come l’amico Minenna non voglio nulla. Ho solo e sempre dato la mia disponibilità a prestare gratuitamente le mie competenze. Ed infine, alle ultime elezioni non ha vinto nessuno.
E chi ha vinto allora? Ha vinto l’inconsistenza culturale, l’incapacità di essere popolo. Ha vinto l’assenteismo. Fatto di coloro che hanno preferito andare al mare piuttosto che esprimere una preferenza perché sfiduciati da un sistema che li vede limitati “protagonisti”, giammai “uniti”, insensatamente “pronti al decollo” o inservibili “costruttori”. Ugento è stata grande e continuerà ad esserlo, basta convincersene, il che non è poco.