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Ugento e il calcio che sa unire il suo popolo

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Ugento e il calcio che sa unire il suo popolo
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Ci sono dei momenti storici del tutto particolari che in piccole realtà sportive fanno emergere il senso identitario e l’appartenenza. Avviene soprattutto con lo sport e con il calcio in particolare. Questo, grazie alle sue simbologie ed agli effetti sulla comunità, come hanno dimostrato eminenti teorici sociali. Da Norbert Elias a Pierre Bourdieu, da Eric Dunning, Christopher Lasch fino ad Allen Guttmann, giusto per citarne alcuni. Le loro ricerche rappresentano pietre miliari nella letteratura specializzata. Lo sport in generale ed il calcio per quanto possiamo constatare, è essenzialmente un’attività sociale, capace di intrecciare la vita quotidiana. Riveste un ruolo importante nel determinare la natura delle relazioni sociali, di cui siamo inevitabilmente i principali protagonisti. Il calcio, frutto di mutamento sociale, è stile di vita, identità sociale e culturale, espressione di vita quotidiana. La sua attribuzione al tempo del divertimento e dello svago, l’ha reso sempre più appetibile ai mezzi di comunicazione che, al fine di una maggiore fruizione mediatica, ne hanno sfruttato la funzione sociale ed aggregante. La realtà calcistica che nella nostra Ugento stiamo vivendo in questo tempo di indiscutibili soddisfazioni che non sono o non dovrebbero essere solo sportive, se osservata sul piano sociologico, ci consente di evidenziare alcuni aspetti sulla capacità, non del tutto assopita, della nostra messapicità di riscoprire il senso del divertimento, dello stare insieme, dell’importanza di stare uniti e soprattutto del piacere di manifestare sentimenti di identità e di passione civile. Al di là della prestazione tecnica (di alto livello!), ogni appassionato, ogni tifoso, piccolo o grande che sia, con l’ennesima vittoria dei ragazzi di mister Oliva sul difficile campo del Racale di domenica scorsa, ritengo sia stato in grado di uscire da un certo torpore sociale. Si è verificata una sorta di “invasione epocale” da parte degli ugentini che si sono portati nello stadio dedicato al Generale Luigi Basurto. Un risultato sportivo che nasce certamente da impegni, sforzi e responsabilità diverse. Tutte accomunate da un unico fattore aggregante: la forza dell’impegno! 

Un gruppo straordinario che riesce a convergersi in un’unica forza identitaria di un piccolo comune che ha bisogno, come spesso sottolineo, di riscoprire in tutti i sensi il “sentirsi finalmente popolo”. Il calcio è configurabile come uno dei più imponenti fenomeni culturali perché riesce ad associare l’idea dello sforzo, della competizione e del record, del sacrificio dell’allenamento, del risultato, alla svolta sociale che ha determinato sotto forma di piacere per i tanti amanti della pratica sportiva. Direi per tutti gli ugentini!

La fedeltà d’intenti, la passione, l’impegno, l’essersi inseriti nella nostra comunità, dimostrati dalla squadra, magistralmente accompagnata dallo staff tecnico, manageriale e dirigenziale, hanno confermato che si possono raggiungere obiettivi importanti attraverso il coinvolgimento di un’intera città, chiamata a continuare a dare di più. In tutti i sensi! Per la crescita del territorio!

Nella gara di domenica è sembrato che in campo ci fossero non undici, ma dodici gladiatori. Il gioco sviluppato in campo è stato la traduzione dell’unione di tutti per un unico obiettivo: vincere per sé stessi, per il proprio compagno, per la propria famiglia (c’erano alcuni familiari dei giocatori sulle gradinate!), per chi li segue ogni giorno. Vincere per una città che ha bisogno di sognare! 

Avendo la fortuna ed il privilegio di osservarli spesso durante gli allenamenti, talvolta anche in giro per la città, colgo un elemento importante, che aiuta a spiegare meglio l’effetto che un fenomeno calcistico può avere su una collettività. Un’ambiente in cui si cristallizzano valori come amicizia, disponibilità a mettersi lealmente in gioco, aiutarsi l’un l’atro. Mettersi responsabilmente a disposizione degli altri ti consente di raggiungere grandi traguardi. Vince la squadra, mai il singolo! Indipendentemente da tutto quello che da ugentino, quello che gli ugentini stanno vivendo ritengo sia e rimanga un grande traguardo non solo calcistico, ma di riscoperta identitaria attraverso il calcio. E di questo non si può che ringraziare tutta la società sportiva “Ugento calcio”: dal magazziniere al presidente, dal direttore all’allenatore fino al parroco Don Benji, la cui vicinanza umana e spirituale costituisce una componente essenziale di ogni progetto sociale e sportivo. Dovremmo ritornare a curare lo spirito per essere sportivi, tifosi e cittadini migliori. Direi anche buoni cristiani!

Un ringraziamento insomma ad ogni singola persona che supporta questo gruppo fantastico che riesce a far provare piacere e soprattutto a far sognare. Come insegnava George Simmel, il giuoco del calcio esprime il bisogno di appartenenza ad un gruppo sociale e l’identificazione con esso. Identifichiamoci con questi ragazzi. Loro si identificheranno con noi. Già questo ci aiuta a consapevolizzarci su chi siamo, da dove veniamo e perché no, per riuscire ad avere una nuova direzione, non solo sportiva, verso cui andare. Grazie per le emozioni e le passioni che ci consentono di sentirci, anche se per novanta minuti, ugentini!

Grazie ragazzi e forza Ugento!

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