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Editoriali

Inciviltà e hate speech verso i diversamente abili

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Inciviltà e hate speech verso i diversamente abili
http://www.themassiveagym.it/
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A proposito di una legittima segnalazione pervenuta in redazione per segnalare l’inciviltà di taluni automobilisti non curanti di occupare illegittimamente il parcheggio riservato ai diversamente abili, in un suo recente intervento, Riccardo Primiceri poneva la seguente domanda: si tratta di mancanza di segnaletica adeguata o semplicemente mancanza di attenzione da parte degli automobilisti?

Questo intervento, peraltro, offre l’occasione per riprendere un interessante lavoro pubblicato da Simone Bellan sulla rivista on-line “sociologicamente”, nel quale evidenzia che tra le varie categorie di minoranza che subiscono intolleranza o odio, vi è quella purtroppo dei diversamente abili. Si tratta del fenomeno del hate speech (a livello comunitario, la raccomandazione del Consiglio d’Europa del 1997 lo definisce sul piano politico – normativo!), rivolto prevalentemente (e direi vigliaccamente!) verso le persone afflitte da disabilità. Tuttavia, sono destinatarie anche altre categorie. Ognuno può rendersene facilmente conto scorrendo le pagine dei vari social network: Facebook, X e Instagram.

L’Osservatorio italiano sui diritti (Vox – http://www.voxdiritti.it), evidenzia che nel 2022, le persone con disabilità su X (prima Twitter) risultano la seconda categoria più odiata in Italia, seguita da quelle delle “donne”. Lo studio dell’osservatorio ha preso in esame il numero dei tweet. Ebbene, su 629.151 totali, 200.339 riguardano le persone con disabilità. Di questi ultimi, i tweet negativi sono 197.957 e solo 2.382 sono positivi. Geograficamente si concentrano maggiormente in Nord Italia, Lazio e Campania. Vediamo anche quali sono i termini usati con l’hate speech nei confronti delle persone con disabilità. Frequente è l’uso di: “demente, mongoloide, cerebroleso, handicappato, co….ne, idiota”. Tali appellativi vengono usati come metro di misura per offendere le persone “normodotate”, così facendo offendono anche e soprattutto le persone con disabilità. 

L’abilismo è una forma di discriminazione che discende proprio dall’utilizzo di questi termini. In letteratura si parla molto opportunamente di “piramide di abilismo”, perché include una serie di comportamenti che si adottano quando ci si relaziona a persone che presentano una disabilità. Alla base della piramide ci sono atteggiamenti che possono sembrare innocui, ma in realtà non lo sono. Un esempio è l’indifferenza, cioè la scelta di non contrastare qualunque forma di abilismo a cui si assiste: “come sei bravo, hai deciso di studiare, ti ammiro, hai deciso di fare un figlio nonostante la tua condizione”. Lo step successivo passa per la minimizzazione, allorché le espressioni più comuni diventano: “ah io non ti vedo come un disabile”. Dobbiamo comprendere ed “assimilare” che occorre considerare la disabilità come identità sociale. Più semplicemente dovremmo non considerare l’appartenenza di una persona ad un gruppo al quale di fatto appartiene, perché esiste in quanto “persona”, con la sua dignità, i suoi diritti ed anche, per quanto a molti potrebbe sembrare strano, i suoi doveri. “Sei un down”, “sei un handicappato” sono invece forme di abilismo esplicito, poiché la disabilità in questo caso viene interpretata come una condizione così degradante da servire come strumento di linguaggio con cui offendere. Sempre secondo Vox, l’utilizzo dei termini e delle espressioni appena citate, non riguarda solo X, ma anche altri importanti piattaforme social.

Secondo Giuseppe Arconzo dell’Università di Milano, già delegato del Rettore per la Disabilità e i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), sono tre i motivi in base ai quali la disabilità viene utilizzata per offendere una persona. Il primo riguarda la difficoltà ad accettare la diversità, perché il diverso fa paura. Il secondo motivo è legato ai diritti delle persone con disabilità che richiedono in modo deciso l’adempimento di un dovere da parte della collettività. Il terzo è riconducibile alla definizione che si dà alla persona con disabilità: “se definisco la persona con disabilità soltanto con l’aggettivo legato alla sua menomazione, ne riduco la sua qualità essenziale alla menomazione stessa”.

L’inciviltà dell’automobilista nell’occupare “abusivamente” uno stallo di sosta riservato oltre a non avere giustificazioni, disvela un’assoluta ed inaccettabile ignoranza perché anche un tale comportamento costituisce un insulto alla dignità dei diversamente abili, che sono e rimangono persone prim’ancora che soggetti aventi una propria identità sociale.

Occorre contrastare tale piaga con l’impegno collettivo, promuovendo una cultura dell’inclusione e del rispetto. Riconoscendo le persone con disabilità come parte della varietà umana e valorizzando le potenzialità di ogni individuo.

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