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Editoriali

Una squadra, una città, un cuore

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“Sociologo è colui che va alla partita di calcio per guardare gli spettatori”. Così Gesualdo Bufalino, famoso aforista, sintetizza ciò di cui si occupa un sociologo, che osserva ciò che gli succede attorno.

In questi giorni l’ASD Ugento Calcio si è fatta promotrice di diversi appelli con il lancio della campagna abbonamenti. Un “atto d’amore” utile e necessario! Non è riduttivo evidenziare quanto sia importante avvicinarsi ai ragazzi di mister Oliva, premiato come miglior allenatore nella scorsa stagione agonistica. Per rispetto e correttezza, non avendone le competenze, non mi permetto di esprimere alcun giudizio tecnico sul suo operato. Mi sento più a mio agio cogliere ciò che sul piano sociologico è certamente più rilevante e meritorio di attenzione: mister Oliva identifica una forza attrattiva, ed è quindi risorsa sociale preziosa, unita ad una capacità di coinvolgimento di una comunità intera molto significativa.

Avendo la possibilità di osservarlo per più tempo ed in più situazioni, la teoria sociologica consente di disvelare sue funzioni che vanno al di là di ogni visione o strategia di giuoco, su cui, ripeto, non ho sufficiente background per esprimermi. La pacatezza, il senso dello sport e del lavoro giornaliero con Ruiz e compagni, e, del resto, con tutto lo staff tecnico e dirigenziale, ne disegnano un ruolo apparentemente primeggiante, ma sostanzialmente paritario e realistico che funge da collante per la comunità ugentina.

Ne è prova la forza di interiorizzare un’identità calcistica, di appartenenza e di passione sportiva che è eccezionale motrice per i tanti ragazzi che ogni domenica cantano i colori giallorossi e gli appassionati che seguono l’Ugento dagli spalti. Anche questo significa fare lavoro di squadra. Pensare come squadra. Agire come squadra. Comportarsi come squadra. Con uno stile che è allo stesso tempo nuovo e rivoluzionario, caratterizzando una città che vive il sogno di una sfida storica e affascinante.

C’è un altro elemento del mister che mi colpisce, che attiene al suo modo di stare in panchina, con la sua comunicazione verbale (espressioni sempre composte ed autorevoli!) e non verbale (segue la gara con una mano al mento e gli occhi che coprono l’intero spazio, seguendo in piedi ogni fase, muovendosi con passo felpato all’interno dell’area tecnica!). Vi è poi la sostanza delle dichiarazioni post – gara: quasi sempre si accomunano per lo stesso modo di invitare tutti a “tenere i piedi per terra”, infondendo serenità, coraggio, motivazione nel lavoro e nel sacrificio giornaliero, senza tralasciare l’indiretto sprone a supportare la squadra che con fermezza sostiene regalerà “belle soddisfazioni” (accadeva anche nella scorsa stagione sportiva).  

Arrigo Sacchi sostiene che il calcio è prima di tutto uno spettacolo e che la gente va allo stadio per vivere emozioni. Se ci pensiamo bene, ci sono emozioni diverse tra una vittoria con merito od una sconfitta immeritata ed una vittoria senza merito. Anche in piccoli contesti che non sono le massime serie si possono vivere grandi emozioni. Nonostante le legittime difficoltà dei contesti, nelle tre uscite ufficiali i nostri ragazzi non hanno sfigurato e nessuno può sostenere che non abbiano regalato emozioni. Nel susseguirsi dei fatti sociali, con i “significati” che ognuno di noi attribuisce al contesto in cui è immerso, il ruolo di un allenatore di calcio riesce a fungere da fattore aggregante, quasi di riscatto sociale, non solo della squadra che allena, con la quale molto condivide, soprattutto sul piano interazionale e psico – cognitivo, ma anche di una comunità di tifosi, di un’intera città che s’identifica con la squadra. I calciatori vivono la stessa quotidianità: vanno in palestra, portano i figli all’asilo, frequentano bar, fanno la spesa, passeggiano, etc. 

Se il premio di miglior allenatore dell’anno felicita un successo calcistico straordinario, certamente personale, rafforza quell’onda lunga sociale che spinge quel surf in cui gli ugentini vogliono trovarsi ogni “maledetta domenica”. Ha ringraziato giocatori, tifosi e società. Mister Oliva l’ha attribuito alla nostra terra

“piena di talenti, ma senza le giuste infrastrutture e opportunità, diventa difficile esprimere tutto il potenziale. Il nostro successo dimostra che anche i piccoli club possono fare grandi cose, ma è fondamentale un sostegno concreto da parte delle istituzioni”.

Abbiamo la prova del consolidamento della consapevolezza che il fenomeno sportivo è un fatto sociale totale e straordinario sensore del mutamento sociale. Non scindibile da quella del proprio ruolo di tecnico che sa innestarsi, con umiltà e passione, alla realtà sociale che lo circonda, fungendo da collante all’interno di un contesto in cui ci deve essere una città, una squadra, un cuore. Il cammino è molto lungo. Il primo passo è abbonarsi. Un atto d’amore prima di tutto verso sé stessi e poi verso la squadra e la nostra Ugento.

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