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Editoriali

Com’è essere un pipistrello?

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disabilità e filosofia
copertina articolo “What Is It Like to Be a Bat?”

“Com’è essere un pipistrello?” (What Is It Like to Be a Bat?) articolo del filosofo americano Thomas Nagel, pubblicato in “The Philosophical Review” nel 1974, presenta il problema del riduzionismo della coscienza a livello oggettivo.

In soldoni, è possibile ridurre a parole il processo esperienziale degli esseri viventi tralasciando il vivido fattore soggettivo delle esperienze?

l’insolubilità del problema mente-corpo a causa di “fatti al di là della portata dei concetti umani”, i limiti dell’oggettività e del riduzionismo , le “caratteristiche fenomenologiche” dell’esperienza soggettiva, i limiti della immaginazione umana e cosa significa essere una cosa particolare e cosciente.

Nagel, Thomas (10 marzo 2005).  Honderich, Ted (a cura di).  L’Oxford Companion to Philosophy . Oxford University Press. 
p. 637.

Quando discuto di disabilità amo fare sempre questo esempio. Trasmette bene il concetto, condivisibile per ogni aspetto delle esperienze, del fatto che ogni vissuto è unico, irripetibile e, soprattutto, incomunicabile.

Ogni essere vivente, e perciò, anche umano ha un proprio vissuto che non può essere compreso a fondo da nessun altro se non sé stesso.

Il problema posto da Nagel è ben più complesso ma si può estendere alla percezione collettiva del “problema delle minoranze”.

Che cosa si prova ad essere un disabile? Avere una disabilità.

Essere un disabile è un’avventura che può essere compresa solo dal disabile stesso. Lo so che può sembrare un’affermazione forte ma è così. Nemmeno tra disabili è possibile la reale e piena comprensione del disagio dell’altro, è possibile solo una comunanza dettata dal fatto di condividere una “sfortuna”.

Ora che a Ugento si parla di una nuova figura del garante dei disabili e dopo essermi candidato per ricoprire tale ruolo, vorrei spendere due parole sul fatto che la civiltà di una comunità si valuta anche da come può facilitare la vita di coloro che non hanno il vantaggio della salute fisica o mentale.

Nessun individuo è “normale”, ognuno ha i propri pregi ed i propri difetti, ma è indiscutibile che una persona con disabilità debba affrontare il doppio dei problemi: i propri limiti e quelli indotti dalle infrastrutture, dall’economia, dal lavoro e dai pregiudizi sociali.

Per questi motivi l’ONU ha siglato delle LINEE GUIDA da seguire, delle istituzioni, per garantire il pieno e attivo sviluppo sociale dei disabili.

Più che sugli aspetti burocratici, che solo noi disabili dobbiamo affrontare, spesso negati e costretti a lottare per vedere realizzati i nostri diritti, vorrei porre l’accento sui comportamenti migliorabili nei confronti della diversità.

La ricchezza maggiore dell’essere umano è la diversità nel suo complesso.

La soggettività di ognuno è incalpestabile e dovrebbe essere stimolata alla crescita. Quella del disabile dovrebbe essere vista come un’ulteriore punto di vista, originalissimo e da proteggere, tanto quanto quello dei normodotati.

Discutere di disabilità è sempre un tabù e i filtri che imponiamo nei nostri discorsi allargano il problema.

Un misto tra pena, paura di offendere e ignoranza disarmante, superabile attraverso un confronto senza pregiudizi o paure.

Quando i bambini chiedono “perché quella persona è cosi?” non dovremmo zittirli ma spiegare loro che queste persone sono esseri umani e fanno, anche loro, parte del mondo. Dovremmo cercare, se possibile e con garbo, il confronto. La maggior parte di noi credo sarebbe felice di raccontarsi e scambiare una gentilezza. I bambini sono cattivi solo quando la loro curiosità viene ignorata.

Quando si va in qualunque posto in auto e non c’è parcheggio, abbiate cura di lasciare liberi quelli riservati. A voi non costa nulla, per un disabile invece è il bastone rosso di Mosè, un diritto morale più che legale, che sancisce la possibilità o meno di svolgere in autonomia un’azione, senza essere di peso o chiedere una mano. Lo stesso vale se si è in fila al supermercato o alle poste. Ovunque siate pensate agli altri.

Quando si parla di lavoro, provate a capire se quell’essere umano che vi sta davanti ha o no delle capacità utili per la vostra azienda. Potreste essere sorpresi da chi vi sta di fronte e non dare per scontato l’inutilità di qualcuno che non si è nemmeno cercato di conoscere.

Il consiglio più grande e che mi preme di più instillare nei vostri animi è quello dello sguardo. Un sorriso, non pietoso, uno sguardo amorevole non sbeffeggiante, un momento di pazienza, la voglia di tendere una mano, aiutare a far fare più che fare per loro, parlate con i bambini di diversità ed educateli al rispetto di tutte, senza censure, senza ammonimenti, senza paura che non capiscano, è quello il momento decisivo che permette ad un bambino di diventare un cittadino consapevole.

Mi auguro di aver posto un seme che possa germogliare, presto, in una riflessione sulla necessità democratica non dell’uguaglianza, ma dell’equità, concetto ben diverso e che presuppone uno sforzo sensibile maggiore.

I disabili non chiedono e non pretendono nulla, vogliono solo essere apprezzati come tutti, senza avvertirsi come un peso.

L’avanzamento di una società è anche questo, la burocrazia la lasciamo a chi è del mestiere, ma se si può fare del bene lo si faccia.

E tu, sai com’è essere un pipistrello?

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Azzurra torre san giovanni

Propenso alla scrittura sin da bambino, coltivata nel tempo grazie al percorso formativo fortemente orientato verso materie letterarie, oggi è diventata una passione, ampliata da competenze e strategie comunicative, che vorrei trasformare in lavoro, con l'auspicio che essa possa permettermi di non lavorare nemmeno un giorno della mia vita

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