Presicce-Acquarica, i volontari di cleanuppers chiedono chiarezza

Una richiesta formale, garbata ma diretta, arriva sul tavolo del sindaco di Presicce-Acquarica e del comandante della Polizia Municipale.
A firmarla è il gruppo di volontari Cleanuppers, da anni impegnato nella pulizia e nella tutela ambientale del territorio.
Con una lettera datata 18 ottobre 2025, i volontari chiedono un incontro urgente per chiarire la cessazione dell’utilizzo delle fototrappole e la sospensione delle sanzioni contro chi abbandona rifiuti nelle campagne e nelle periferie del paese.

Nella missiva, i Cleanuppers parlano di “riduzione sensibile dell’attività di controllo” e di una “interruzione inspiegabile” di strumenti che avevano dimostrato la loro efficacia.
“Le fototrappole – scrivono – avevano prodotto risultati tangibili e concreti nella fase iniziale di utilizzo. Non comprendiamo perché siano state disattivate proprio ora che il fenomeno dell’abbandono illecito dei rifiuti continua a crescere.”

Il gruppo ricorda come, nel settembre scorso, a causa della frustrazione per l’assenza di risposte da parte dell’amministrazione, sia stato costretto a sospendere le proprie attività di volontariato.
“Abbiamo maturato questa decisione – spiegano – di fronte alla constatazione che, nonostante i nostri sforzi, l’abbandono di rifiuti prosegue indisturbato e i trasgressori non vengono più sanzionati.”

Nella lettera, indirizzata al sindaco e al comandante della Polizia Municipale, i volontari pongono tre domande precise.
Chiedono innanzitutto di conoscere le motivazioni dell’interruzione dell’uso delle fototrappole, poi di sapere perché non siano più state elevate multe o sanzioni a carico dei responsabili, e infine quali strategie future l’amministrazione intenda adottare per contrastare in modo efficace il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti.

Il tono del documento è fermo ma costruttivo. Non c’è polemica, ma una richiesta di dialogo e di trasparenza. “Confidiamo – scrivono i volontari – in un incontro che possa essere un momento di confronto utile, nell’interesse prioritario della tutela ambientale e dell’intera comunità di Presicce-Acquarica.”

Negli ultimi mesi, l’abbandono dei rifiuti è tornato a essere una delle criticità più visibili nel territorio. Le aree rurali, in particolare, sono diventate bersaglio di scarichi abusivi e depositi di materiale ingombrante. Le fototrappole, introdotte qualche anno fa, avevano permesso di individuare diversi responsabili e avevano funzionato da deterrente.

Per questo motivo la loro disattivazione suscita oggi più di una perplessità. I Cleanuppers chiedono che vengano riattivate e che i controlli tornino ad essere sistematici. “Non bastano le buone volontà dei cittadini – ricordano – serve una presenza costante delle istituzioni e una politica di prevenzione seria, basata su sanzioni, controlli e sensibilizzazione.”

Mentre si attende una risposta ufficiale da parte dell’amministrazione, il gruppo di volontari continua a rappresentare una delle poche realtà attive nella cura del territorio.
Ma la loro lettera mette in luce un problema più ampio: senza collaborazione tra cittadini e istituzioni, la battaglia contro l’abbandono dei rifiuti rischia di restare una promessa non mantenuta.

Finisce la peggior estate della storia di Ugento

Con la prima domenica di ottobre possiamo ormai dire ufficialmente che la peggior estate del periodo contemporaneo di Ugento è finalmente finita.
Un’estate che, oltre all’invasione delle cavallette, non ci ha fatto mancare nulla: incendi, spazzatura, blatte, traffico impazzito con incidenti a ripetizione e spesso con la stessa dinamica. Una stagione in cui le criticità che questo giornale denuncia da anni sono esplose in tutta la loro problematicità.

Non era difficile prevedere che le nostre marine sarebbero andate in sofferenza di fronte a questo modo di gestire la spazzatura, soprattutto con gli addetti ridotti alla metà del necessario. Eppure nessuno ci ha pensato, e così a turisti e operatori è stato “offerto” uno spettacolo indegno: cumuli di rifiuti davanti ai lidi, dune insozzate, bidoni trasformati in discariche a cielo aperto, in una rincorsa all’inciviltà senza alcun freno. Lo stesso freno che è mancato a chi ha passato l’estate a divertirsi con i fiammiferi: mai Ugento aveva visto oltre metà del suo territorio devastato dal fuoco da giugno a oggi. Un fatto gravissimo, che impone all’amministrazione l’aggiornamento del catasto delle aree incendiate, unico vero strumento che lo Stato mette a disposizione per combattere il fenomeno degli incendi dolosi. Ma, come spesso accade, anche su questo fronte siamo in ritardo.

Non è solo questo: abbiamo assistito per la prima volta alla contrazione del flusso turistico, soprattutto nella fascia del ceto medio italiano. Una fetta di mercato completamente assente, rimpiazzata solo in parte dagli stranieri e dall’orda napoletana che ha riempito le spiagge nei dieci giorni centrali di agosto. I lidi parlano di almeno il 30% di guadagni in meno. Stesso discorso per molte strutture turistiche, alcune addirittura al collasso, mentre numerose case vacanza sono rimaste vuote già a settembre. È solo l’inizio del declino turistico ed economico del nostro territorio: un declino annunciato, prevedibile e che presto si tradurrà in una crisi profonda se non si troveranno le giuste controindicazioni.

E non è solo questione di numeri: l’economia turistica mostra oggi il suo volto più spietato. Posti di lavoro sottopagati e a bassa specializzazione spingono via intere generazioni di salentini, sostituite dai nuovi schiavi del nostro tempo: gli indiani. Se ne vedono sempre di più, tanto che ormai sono rarissime le cucine salentine in cui non siano presenti. Una corsa al lavoro sottopagato che non potrà durare a lungo: anche loro, presto, riscatteranno la propria condizione, come accadde agli albanesi negli anni ’90, ai rumeni nei primi 2000 e a tutti gli altri sfruttati passati da questa giostra.

A sorridere, intanto, sono le multinazionali e i grandi gruppi immobiliari che gestiscono i villaggi turistici di Ugento: ultime isole felici che continuano a fatturare, ma i cui guadagni finiscono altrove, spesso fuori nazione, contribuendo all’impoverimento del territorio. Ai turisti e agli ugentini non resta altro che la spazzatura e i danni da riparare durante un inverno di lavoro in nero.

Ma non è finita qui. A rendere ancora più odiosa questa estate è stato il dilagare del fenomeno degli “ombrelloni segnaposto”, pratica incivile che ha visto turisti e purtroppo anche locals occupare porzioni di spiaggia libera sin dalle prime ore del mattino, lasciando ombrelloni e sedie a fare da barriera per ore, senza che nessuno fosse realmente presente. Una vergogna che la nostra testata denuncia da anni e che quest’estate è degenerata in assenza totale di controlli, tanto da trasformare intere aree del litorale ugentino in campi minati di ombrelloni vuoti, dove accedere era impossibile. Segno che l’inciviltà avanza e che lo Stato e il Comune arretrano, incapaci di garantire regole minime di convivenza.

La totale immobilità dell’amministrazione comunale è dimostrata dal fatto che, ad oggi, nessuna riunione è stata prevista per affrontare insieme agli operatori turistici le criticità della stagione appena conclusa e per programmare al meglio la prossima. Tutto tace. Anzi, a dirla tutta, non sappiamo neanche chi sia di fatto l’assessore che dovrebbe occuparsi di queste questioni, con cittadini e imprenditori che arrivano perfino a rivolgersi a semplici consiglieri comunali, chiedendo interventi in settori di cui non dovrebbero avere alcuna competenza.

Eppure qualcosa quest’anno è cambiato. Forse la mancanza di lavoro ha dato a qualcuno il tempo di fermarsi e guardarsi intorno, riflettendo sulla strada cieca che stiamo continuando a percorrere: quella del turismo di massa, dello sfruttamento delle risorse, di un guadagno modesto fatto di spiccioli. Siamo tra le mete turistiche più apprezzate della regione, ma non abbiamo un’agenzia turistica pubblica, non abbiamo un assessorato attivo 365 giorni l’anno, non creiamo lavoro qualificato nel settore. Continuiamo a scendere, tra affitti in nero e bidoni svuotati davanti casa.

Eppure incassiamo 850 mila euro l’anno di tassa di soggiorno: una somma che potrebbe finanziare iniziative per incentivare un turismo di qualità, per invertire una rotta intrapresa vent’anni fa, quando la politica locale ha scientemente scelto di ridurre Torre San Giovanni e le marine di Ugento a meta low-cost per famiglie senza soldi e anziani in cerca di una tranquillità fatta di niente. Peccato che oggi anche quegli anziani pretendano servizi: la fogna che non parte, le strade colabrodo trasformate in piscine alla prima pioggia, i marciapiedi diventati toilette per cani, l’illuminazione pubblica a singhiozzo.

Siamo dunque sopravvissuti alla peggiore estate della storia di Ugento, un’estate in cui molti hanno dovuto fare i conti con i danni di un’amministrazione incompetente e inefficace. Soprattutto chi ha subito ripercussioni economiche dirette, con attività dimezzate o costrette a chiudere. La stagione è finita, ma le macerie restano. E la sensazione, purtroppo, è che nessuno stia lavorando davvero per impedirci di riviverle anche il prossimo anno.

La soluzione agli incendi c’è, ma nessuno vuole vederla

L’estate 2025 ha reso ancora più drammatica la fragilità del nostro territorio: tra l’1 giugno e il 12 luglio sono bruciati 2.829 ettari di macchia mediterranea e aree boschive solo in Puglia, con Lecce che ha registrato 467 ettari, seguito da Foggia con 1.609 ettari.

Solo dal 15 giugno al 15 luglio, i roghi sono aumentati del 20% rispetto al 2024, con 979 incendi censiti contro i 780 dell’anno scorso. In provincia di Lecce se ne sono contati 317, a Foggia 152, a Taranto 127, altri nella Bat, Bari e Brindisi.

A livello nazionale, i primi sette mesi del 2025 hanno visto 30.988 ettari andare in fumo: la Puglia da sola ha contribuito con 1.957 ettari in più di superficie distrutta in grandi incendi (superiori a 100 ettari).

L’emergenza incendi non si limita al caldo estremo o alla siccità: spesso è aggravata dalla mano dolosa, dall’abbandono dei rifiuti nei campi e dalla ridotta presenza di cittadini custodi del territorio.

Contemporaneamente, non si arresta l’incubo della Xylella fastidiosa, che ha compromesso circa il 40% della superficie pugliese, mettendo a rischio oltre 10 milioni di ulivi, tra i simboli più preziosi del Salento.

Il combinato disposto tra incendi, devastazione agricola, spopolamento e abbandono crea un circolo vizioso: aree un tempo custodite sono ora pronte a incendiarsi come micce, minacciando villaggi turistici, biodiversità e il futuro stesso del territorio.

Il drone antincendio FH-0: una speranza tecnologica

La tecnologia esiste. Si chiama FH-0, realizzato dall’azienda italiana Vector Robotics, ed è un drone con termocamera antincendio che:

  • È progettato esclusivamente per prevenire incendi, con analisi autonome in tempo reale.
  • Rileva piccoli focolai, elabora l’allerta automaticamente e invia le coordinate alla centrale operativa.
  • Vola ininterrottamente ANCHE CON VENTO FORTE per oltre 15 ore, grazie a celle solari integrate, funzionando silenziosamente e senza carburante.

Un dispositivo capace di trasformare le prime avvisaglie di incendio in un allarme tempestivo anziché in tragedia annunciata.

La prova in Calabria e il riconoscimento di Focus

L’efficacia dell’FH-0 non è rimasta confinata alle schede tecniche. La prestigiosa rivista Focus ha raccontato la sua esperienza, citando in particolare il caso della Calabria, dove – secondo le parole del presidente della Regione – questa tecnologia ha contribuito a ridurre del 40% gli incendi dolosi.

Un risultato concreto, ottenuto grazie a un monitoraggio capillare e a interventi rapidissimi sul territorio, che dimostra come il potenziale dell’FH-0 possa tradursi in salvaguardia ambientale e risparmio economico.

Eppure, questo strumento rivoluzionario è già nel Salento: è custodito, chiuso in una valigetta in un garage umido a Ugento. Il proprietario ha più volte proposto di metterlo in campo all’Ente Parco e al Comune, senza ottenere alcuna apertura.

Domande pressanti: se il drone funziona, costa poco, può salvare comunità e milioni di euro di danni… perché viene tenuto fermo?

  • Milioni di euro spesi ogni anno tra Canadair, squadre di terra e soccorso.
  • Solo migliaia di euro al mese basterebbero a impiegare il drone FH-0 su vaste aree, mitigando il rischio di incendi e i costi per ripristino ambientale.
  • Secondo Coldiretti, per ogni ettaro distrutto servono oltre 10.000 € per recupero e bonifica.

A privati cittadini, imprenditori, associazioni e enti pubblici che amano questa terra e vogliono proteggerla:

Scriveteci. Vi metteremo in contatto diretto con il proprietario di questo drone rivoluzionario per valutare un progetto pilota con il drone FH-0.

Non serve un bilancio milionario, solo un investimento concreto – di poche migliaia di euro – che può fare la differenza tra ettari di territorio salvati o carbonizzati.

Emergenza rifiuti: Sangalli corre ai ripari tra ombre inquietanti

Dopo settimane di polemiche e immagini allarmanti che hanno documentato una vera e propria emergenza ambientale, a Ugento la situazione legata alla raccolta dei rifiuti sembra lentamente migliorare. Montagne di sacchi abbandonati ai bordi delle strade, discariche spontanee a ridosso dei villaggi turistici, cassonetti stracolmi e marciapiedi invasi dalla spazzatura hanno sollevato l’indignazione di cittadini, turisti, associazioni e opposizione politica.

Per chiarire le dinamiche, Ozanews ha contattato direttamente la Sangalli, azienda titolare del servizio, e il quadro che ne emerge è tanto sorprendente quanto inquietante.

Secondo quanto dichiarato da Sangalli, il Comune di Ugento non avrebbe mai comunicato formalmente la gravità della situazione, limitandosi a piccole contestazioni – la prima solo qualche settimana fa. L’azienda avrebbe appreso della reale emergenza solo attraverso le foto e i video pubblicati in rete.

Molti degli operatori stagionali, attinti dalle liste fornite dal Comune, sono finiti in malattia o infortunio dopo poche ore, paralizzando di fatto il servizio. Attualmente, risultano 15 operatori in malattia su 38 in pianta organica. Per sopperire, Sangalli ha fatto arrivare da altre regioni dieci nuovi operatori, quasi tutti autisti con patente C.

In questi giorni si sono registrati interventi da parte della polizia municipale, con un’agente che avrebbe impedito agli operatori di prolungare l’orario di lavoro oltre le 11 del mattino, come previsto contrattualmente. Di fatto, lo straordinario – che avrebbe potuto contribuire a smaltire le emergenze – è stato bloccato, alimentando ulteriormente il disagio.

Solo oggi – per iniziativa autonoma dell’azienda – è stato attivato il servizio serale di raccolta e pulizia dei cestini dalle 17 alle 23, previsto nel capitolato ma mai partito fino ad ora. È inoltre ripreso il servizio di sfalcio dell’erba, essenziale per garantire il decoro urbano nelle marine e nelle zone più frequentate.

Nel frattempo, l’azienda ha annunciato l’arrivo di nuovi mezzi all’avanguardia, per sopperire all’attuale flotta, giudicata ormai vecchia e fatiscente.

Nel complesso, emerge un quadro preoccupante, in cui le ombre sulla gestione del servizio coprono interrogativi mai chiariti, nonostante le numerose segnalazioni della stampa e delle associazioni civiche.

A chi giova una situazione del genere? Chi trae vantaggio da un’emergenza diventata ordinaria? Domande che restano ancora senza risposta. Forse, come spesso accade, lo scopriremo solo dopo l’estate.

Strada dissestata sulla litoranea: la segnalazione di Fulvio Viva

Una denuncia inviata via PEC e condivisa pubblicamente dal coordinatore locale della Lega, Fulvio Viva, sta infiammando il dibattito cittadino. Al centro della questione, le condizioni pericolose e ormai inaccettabili di un tratto di corso Annibale/SP88, che collega Torre San Giovanni (frazione di Ugento) a Posto Rosso (frazione di Alliste), precisamente dall’altezza dell’Hotel Isola di Pazze fino all’intersezione con via Machiavelli.

Viva, raccogliendo “molteplici segnalazioni da parte di cittadini e turisti”, ha indirizzato la richiesta di messa in sicurezza urgente della carreggiata agli uffici dei Lavori Pubblici e Viabilità del Comune di Ugento, in copia al sindaco Salvatore Chiga, ai consiglieri comunali, al Comune di Alliste e alla Provincia di Lecce. Il tratto segnalato, si legge, presenta “asfalto sconnesso e irregolare con buche profonde, pericoloso per la pubblica incolumità”.

“La speranza, ultima a morire, è di poter migliorare il nostro territorio in ogni settore per viverci meglio”, ha commentato Viva nel suo comunicato, sottolineando lo spirito collaborativo e apartitico dell’iniziativa.

L’intervento, che in sé rappresenta un’azione doverosa, ha però scatenato un’ondata di reazioni amare e sdegnate sui social, sintomo di una crescente esasperazione dei cittadini nei confronti della condizione delle infrastrutture locali, specialmente durante la stagione turistica.

È uno schifo oltre che un biglietto da visita negativo per le nostre marine”, scrive un utente. Un altro commenta: “Ci sono venuto per una passeggiata, ma ho deciso di non tornare più. Grazie per la segnalazione, soprattutto da parte di chi quella strada la percorre ogni giorno per lavorare e a fine stagione deve spendere soldi per riparare la macchina.

Le critiche, in larga parte, sono dirette al prolungato immobilismo delle amministrazioni coinvolte, accusate di aver lasciato abbandonato un tratto fondamentale per la viabilità turistica e commerciale del litorale.

Non è la prima volta che la strada in questione viene indicata come pericolosa e indecorosa, ma la nuova denuncia pubblica e la sua risonanza potrebbero finalmente costringere gli enti competenti a intervenire. I cittadini, nel frattempo, pretendono risposte e soluzioni immediate, stanchi di rattoppi temporanei e promesse mancate.

Associazioni di Ugento scrivono al Prefetto di Lecce. La situazione è esplosiva

È una situazione al limite del collasso quella che si registra in questi giorni nelle marine di Ugento. Cumuli di spazzatura non raccolta, contenitori stracolmi e un degrado urbano visibile e crescente stanno esasperando cittadini, turisti e operatori economici. Una situazione ormai fuori controllo, tanto da spingere alcune delle principali realtà associative del territorio a fare un passo ufficiale: una PEC indirizzata al Prefetto di Lecce per segnalare il grave stato del servizio di raccolta e conferimento dei rifiuti urbani.

A firmare il documento è l’associazione “Amanti della Natura APS”, affiancata da tre importanti presìdi civici: Pro Loco Lido Marini, Pro Loco Ugento e Pro Loco Gemini-Torre San Giovanni-Torre Mozza Beach APS. Una scelta che segna un momento importante nella battaglia per la tutela ambientale e il decoro delle località costiere ugentine, e che fotografa con chiarezza la gravità del contesto: una stagione turistica in pieno corso, ma con servizi essenziali che arrancano e lasciano dietro sé sporcizia, indignazione e preoccupazione per la salute pubblica.

La richiesta: più controlli e interventi immediati

Nel comunicato diffuso dalle associazioni, si legge l’auspicio che “il servizio previsto dal contratto di appalto sia onorato in quantità e qualità dalle imprese Sangalli Giancarlo & C. S.r.l. e AVR per l’Ambiente S.p.A.”, vincitrici dell’appalto per la gestione del ciclo dei rifiuti. Si invoca inoltre un monitoraggio serrato da parte dell’amministrazione comunale (totalmente in silenzio fino ad ora), con eventuale ricorso a misure sanzionatorie nei confronti delle aziende che non rispettano gli obblighi contrattuali.

Non si tratta solo di decoro urbano – pure fondamentale in una località a vocazione turistica – ma anche di salute pubblica e inquinamento ambientale: condizioni igieniche precarie, presenza di rifiuti abbandonati e mancata igienizzazione dei punti di raccolta possono costituire un serio pericolo, specie nei mesi estivi.

Una mobilitazione da allargare

Il ricorso alla Prefettura rappresenta un passo importante ma non sufficiente. Servono interventi urgenti e concreti, ma anche una presa di coscienza collettiva: non è possibile rimanere inerti davanti a un degrado che offende la bellezza del nostro territorio e mina la sua capacità attrattiva. Serve una sollevazione popolare per costringere l’assessore all’ambiente del comune di Ugento a dare risposte concrete alla cittadinanza.

Il tempo delle denunce isolate è finito. Serve un fronte ampio, trasversale e determinato, che coinvolga cittadini, associazioni, operatori turistici e amministratori. Perché la pulizia di una città è la sua prima forma di accoglienza, e se a essere sporca è una località turistica in piena stagione estiva, allora il problema è strutturale, e non più episodico.

Il miracolo di Vico Aperto

A Ugento, c’è una stradina che si snoda silenziosa nel cuore del borgo antico. Si chiama Vico Aperto, e collega via Ripamonti al centro storico. Una di quelle vie che raccontano storie di pietra e memoria, ma che oggi ci racconta anche altro: una storia di abbandono, di senso civico e di quella resistenza quotidiana che i cittadini, spesso soli, mettono in atto contro l’indifferenza delle istituzioni.

È proprio in Vico Aperto che un nostro lettore ha vissuto la sua personale esperienza con la pubblica amministrazione. Tutto ha inizio con una semplice, legittima segnalazione: le condizioni igieniche della strada erano (e dalle immagini ricevute lo confermiamo), a dir poco pietose. Erbacce, rifiuti, escrementi. Scene indegne per un angolo del centro storico di una città che si vorrebbe turistica e accogliente.

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Il cittadino, armato di pazienza e buona fede, ha contattato l’Ufficio Igiene. Poi ha inoltrato le foto del degrado anche ad alcuni esponenti dell’amministrazione comunale. Risposte? Nessuna. Interventi? Zero. «Sono proprietario di un cane – ci racconta – non è solo una questione di decoro urbano, ma anche di sicurezza per i nostri amici a quattro zampe».

E così, messo all’angolo dall’inerzia istituzionale, ha deciso di fare da solo. Scope, sacchi, guanti, e tanta amarezza. Ha pulito l’intero vico a proprie spese e con le proprie forze. Un lavoro che, ricordiamolo, avrebbe dovuto fare il Comune. Un servizio che, tra l’altro, lui stesso ha già pagato con la TARI.

Ma a quanto pare, a Ugento, bisogna rinunciare ai diritti per ottenere un minimo di vivibilità. La beffa? Chi dovrebbe garantire questi servizi pubblici continua a scrollarsi di dosso ogni responsabilità, salvo magari intestarsi meriti quando le cose vanno bene, con un macchinario per il famoso pirodiserbo che giace inutilizzato in un magazzino comunale, strapagato con i soldi dei contribuenti.

Dunque, cari amministratori, non vi sorprendete. In Vico Aperto non è avvenuto alcun miracolo. Nessun intervento straordinario, nessuna illuminata azione pubblica. Quella strada oggi è pulita solo grazie alla disperazione di un cittadino stanco di essere ignorato. È il simbolo amaro di una città dove la civiltà resiste, nonostante tutto. Ma fino a quando?

il “dopo” in vico Aperto
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