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Trasparenza nel comune di Ugento: costretta ancora ad intervenire la prefettura

È successo ancora una volta. Non un semplice cittadino, ma un consigliere comunale eletto costretto a dover scrivere al prefetto per poter esercitare il proprio ruolo, vilipeso dall’azione degli uffici comunali.

La voce del consigliere di minoranza Tiziano Esposito si è alzata, portando alla luce questioni cruciali riguardo alla trasparenza e alla corretta amministrazione, che passa anche dalla trasparenza e dalla possibilità di avere accesso ai documenti. Attraverso un post sui social media, Esposito ha sollevato dubbi su come l’Amministrazione gestisca le richieste e il controllo da parte dei consiglieri di minoranza.

Nel suo post, Esposito lamenta la presunta mancanza di risposte alle richieste avanzate dai consiglieri di minoranza, sottolineando la difficoltà nel ricevere informazioni riguardo al “malfunzionamento dell’impianto di pubblica illuminazione”. La situazione è talmente sfuggita di mano che la Prefettura è dovuta intervenire per sollecitare la trasmissione dei documenti richiesti.

Esposito sottolinea il suo impegno nel “mettere il naso” in tutte le procedure svolte dal Comune, con l’obiettivo dichiarato di garantire trasparenza ai cittadini. Il consigliere fa notare la mancanza di risparmio e la mancata trasparenza come risultato delle presunte difficoltà nell’ottenere accesso a documenti chiave.

Il post, permeato da una nota di sarcasmo, interroga se la mancanza di risposte alle richieste dei consiglieri di minoranza sia dovuta a una dimenticanza o a una volontà palese di negare il controllo.

È innegabile che il ruolo di controllo dei consiglieri di minoranza sia fondamentale per una sana amministrazione comunale. La trasparenza nelle procedure e la risposta tempestiva alle richieste rappresentano pilastri essenziali di una governance aperta e responsabile. Il caso sollevato da Esposito evidenzia la necessità di una riflessione approfondita sull’efficacia e la trasparenza dell’Amministrazione Comunale di Ugento, affinché il pubblico possa trarre le proprie conclusioni sulla situazione.

Al Comune di #Ugento, forse perché saranno troppo presi ed indaffarati nel fare le cose, spesso (ma tanto spesso!!!) si dimenticano cosa siano le regole della corretta amministrazione e pertanto dimenticano anche di rispondere alle richieste fatte dai Consiglieri Comunali di Minoranza che svolgono la loro legittima attività di controllo.

E così è dovuta intervenire la #Prefettura (non è la prima volta) per tirare le orecchie al Comune e per sollecitare, “gentilmente”, la trasmissione degli atti riguardanti “il malfunzionamento dell’impianto di pubblica illuminazione”, visto che gli Uffici, nonostante le tre diverse richieste(la prima il 19 giugno), non consentivano al sottoscritto di visionare questi “illuminati” documenti.

Quindi oltre al mancato risparmio, abbiamo anche la mancata trasparenza.

Dimenticanza? O palese volontà di negare il controllo?? 😉

Continueremo a “mettere il naso” in tutte le procedure svolte dal Comune con l’obiettivo di garantire ai cittadini quella #trasparenza che spesso l’Amministrazione, con poca gentilezza, dimentica di offrire.

Il post di Tiziano Esposito

Inaugurato il nuovo parco San Carlo a Presicce Acquarica

Nei giorni scorsi, la comunità di Presicce-Acquarica ha festeggiato con gioia la riapertura del Parco San Carlo di via Giannuzzi, coincidendo con i festeggiamenti in onore di San Carlo Borromeo. Questo rituale annuale ha assunto un significato ancora più profondo quest’anno, poiché la comunità ha finalmente potuto riacquistare la fruizione di questo spazio verde, che è stato oggetto di intensi lavori di riqualificazione da parte della ditta ugentina Damiani Costruzioni.

Il sindaco Paolo Rizzo, insieme al presidente della Provincia di Lecce, ha presieduto la cerimonia di inaugurazione del Parco San Carlo, la cui trasformazione è stata resa possibile grazie all’impegno e alla maestria della ditta Damiani Costruzioni. La benedizione della statua del Santo e del nuovo parco da parte del parroco don Luca ha sottolineato il significato religioso e comunitario dell’evento.

L’amministrazione comunale, guidata dalla visione dell’architetto Antonio Borrello, ha intrapreso un ambizioso progetto di riqualificazione del Parco San Carlo, situato in prossimità della nuova sede municipale distaccata. L’obiettivo principale era creare un nuovo spazio aperto, facilmente accessibile e visibile dalla strada e dalla piazza del Comune. Tutti i dettagli sono stati attentamente rivisti, dai percorsi alle aree a verde, dall’illuminazione all’area giochi.

Una fase cruciale dei lavori eseguiti dalla ditta Damiani Costruzioni è stata la rimozione del muro di cinta che separava l’area verde che ospita la statua di San Carlo dalla piazza dell’Amicizia. Questo intervento ha reso possibile la fusione di questi due spazi, creando un ambiente coeso e aperto. L’area è stata progettata per offrire uno spazio di relax e svago, con l’installazione di giochi che presto sarà completata da un accogliente chiosco interno.

L’investimento complessivo per la realizzazione di questo progetto è stato di oltre 230 mila euro, una cifra che riflette l’impegno dell’amministrazione comunale nel garantire un ambiente di qualità per i propri cittadini.

La cerimonia di inaugurazione ha anche visto la presentazione di un presepe artistico di pregevole fattura, donato alla comunità da Antonio Occhilupo, un artista locale. Quest’opera, raffigurante il borgo antico di Acquarica, sarà custodita all’interno dei locali comunali, arricchendo il patrimonio artistico e culturale della città.

La riqualificazione del Parco San Carlo non solo ha restituito un nuovo spazio verde alla comunità, ma ha anche segnato un passo avanti nella valorizzazione del patrimonio urbano di Presicce Acquarica. Il Parco San Carlo è ora pronto a diventare il cuore pulsante della vita sociale e comunitaria della città, rappresentando una testimonianza tangibile di crescita e miglioramento per il futuro di Presicce Acquarica.

Eroi Senza Paura: i volontari della protezione civile di Ugento in azione in Toscana

Sommersi dalla solidarietà e dal coraggio, i volontari della Protezione Civile provenienti dalla regione Puglia si sono distinti come veri eroi nella recente emergenza alluvionale a Campi Bisenzio, in Toscana. La colonna mobile, composta da 60 uomini e supportata da circa 25 mezzi specializzati, ha mosso i primi passi lunedì 6, diretta verso la zona colpita.

L’obiettivo primario della missione era chiaro: riportare alla normalità le aree ancora immerse nelle acque, usando pompe idrovore e aspira-fango capaci di rimuovere da 3000 a 6000 litri al minuto. In questo contesto, l’Associazione di Ugento si è particolarmente distinta, concentrandosi sullo svuotamento di cantine di notevoli dimensioni. Le altre associazioni, con dedizione e impegno senza pari, hanno effettuato la pulizia delle strade e la rimozione di fango e detriti, utilizzando mezzi pesanti come escavatori e bulldozer.

I volontari stanno facendo ritorno a casa proprio in queste ore. Ogni volontario ha lasciato il proprio segno, contribuendo a ripristinare la normalità in un territorio duramente colpito dall’alluvione.

L’atmosfera di solidarietà era palpabile sul campo, con volontari provenienti da diverse regioni d’Italia che hanno lavorato fianco a fianco per affrontare questa calamità. La colonna mobile della Puglia ha condiviso le fatiche e le sfide con i loro colleghi provenienti da Lazio, Calabria, Emilia Romagna, Lombardia e dai Vigili del Fuoco di tutta Italia, dimostrando che quando si tratta di proteggere la vita e la sicurezza delle persone, le frontiere regionali si dissolvono e il senso di appartenenza alla grande famiglia italiana emerge con forza.

Le storie di eroismo e solidarietà emerse da questa missione rimarranno indelebili nella memoria di coloro che hanno vissuto e combattuto fianco a fianco. I volontari della Protezione Civile non sono solo guardiani della sicurezza pubblica, ma anche simboli tangibili dell’unità e della forza che possono scaturire quando le comunità si uniscono per affrontare le sfide più difficili. La Toscana, con il suo cuore grato, saluta i suoi eroi senza paura, consapevole che il loro sacrificio ha reso possibile il ritorno alla normalità e ha ridato speranza a chi ha visto le proprie vite travolte dall’alluvione.

Cyril Benzaquen vs. Alpha Moadou Kaba: un epico confronto al SARCELLES BOXING SHOW 3

Alpha Moadou Kaba

Il palcoscenico dell’ultimo incontro di Cyril Benzaquen contro Alpha Moadou Kaba è stato il prestigioso SARCELLES BOXING SHOW 3, un evento di rilievo nel mondo delle arti marziali che ha illuminato Parigi con una notte di spettacolo e combattimenti appassionanti.

Il contesto del SARCELLES BOXING SHOW 3 ha aggiunto un tocco di magia all’incontro, elevando ulteriormente l’importanza di questa sfida tra il campione francese e il giovane fighter Alpha Moadou Kaba, del team Conte. Il pubblico presente al Grand Palais Éphémère ha assistito a uno spettacolo mozzafiato di abilità, forza e strategia, con entrambi i lottatori che hanno dato il massimo per ottenere la vittoria.

Alpha Moadou Kaba, nonostante le ultime sfortunate sconfitte, ha dimostrato la sua tenacia e il suo talento sul palco del SARCELLES BOXING SHOW 3, prendendo costantemente l’iniziativa contro Cyril Benzaquen. Il giovane fighter, ha offerto una prestazione di alto livello, confermando il suo status di contendente promettente nel panorama internazionale delle arti marziali.

Dall’altra parte del ring, Cyril Benzaquen ha mostrato la sua esperienza e astuzia, gestendo con maestria le fasi cruciali dell’incontro. Il SARCELLES BOXING SHOW 3 ha rappresentato un palcoscenico ideale per mettere in mostra il talento e la determinazione di entrambi i lottatori.

Nonostante la sconfitta di Alpha Moadou Kaba ai punti, il suo ritorno a casa con un bagaglio di esperienza prezioso è una promessa di future vittorie. Mino Conte, il maestro che ha accompagnato Kaba in questa avvincente sfida, si è dichiarato soddisfatto dell’esperienza, attribuendo un giusto orgoglio alla performance del suo pupillo.

Il SARCELLES BOXING SHOW 3, con il suo prestigioso scenario a Parigi, ha testimoniato una notte indimenticabile di sport e intrattenimento. Mentre Cyril Benzaquen si avvia verso nuove sfide e Alpha Moadou Kaba accumula esperienza per i prossimi incontri, il SARCELLES BOXING SHOW 3 rimarrà inciso nella memoria degli appassionati di arti marziali come uno degli eventi più emozionanti dell’anno.

Siamo sicuri che a Ugento non esista la corruzione?

L’ombra della corruzione getta una lunga e preoccupante scia anche sulle pratiche amministrative in Puglia e nel Salento, in seguito alle recenti rivelazioni di scandali che hanno scosso le fondamenta di altre istituzioni regionali. Un recente articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano ha evidenziato un caso di presunta corruzione che ha coinvolto il direttore di Asset Puglia, Elio Sannicandro, e un imprenditore di Lucera, Antonio Di Carlo. L’imprenditore avrebbe ammesso di aver versato una tangente di 60.000 euro per garantirsi l’aggiudicazione di un appalto integrato relativo alla realizzazione di lavori in bacini idrografici, sollevando dubbi sull’integrità delle pratiche di assegnazione degli appalti.

In seguito a queste rivelazioni sconcertanti, sorge la domanda se anche nel contesto locale di Ugento possano esistere fenomeni simili di corruzione che potrebbero influenzare l’assegnazione di appalti pubblici e la qualità delle opere eseguite. In questo senso, è cruciale che la comunità e le istituzioni locali adottino misure preventive e di controllo per garantire la trasparenza e l’equità delle pratiche amministrative.

Di fronte a questa crescente preoccupazione per la trasparenza e l’integrità, sorgono diverse domande che richiedono risposte immediate e azioni concrete da parte delle autorità locali. In particolare, si pone l’interrogativo su quali siano le garanzie offerte dalla comunità di Ugento riguardo all’assenza di pratiche corruttive simili in ambito locale e su quali siano le politiche messe in atto per garantire la trasparenza e l’equità nelle procedure di assegnazione degli appalti, anche considerando la mole di lavori attivi in questo momento a Ugento e la qualità con cui essi vengono molte volte eseguiti.

Al fine di ripristinare la fiducia dei cittadini, il consiglio comunale deve adottare misure chiare e incisive per prevenire e contrastare qualsiasi forma di corruzione e per promuovere una cultura di integrità e responsabilità all’interno delle istituzioni pubbliche locali. È essenziale implementare politiche di trasparenza e rendicontazione per assicurare che la comunità sia adeguatamente informata sulle decisioni relative ai progetti pubblici e agli appalti.

L’importanza di bilanciamenti e controlli adeguati non può essere sottovalutata, al fine di garantire che la gestione dei progetti pubblici non sia compromessa da interessi privati o interferenze esterne. Inoltre, la partecipazione attiva dei cittadini nel monitorare e segnalare casi di corruzione diventa un aspetto cruciale per mantenere l’integrità e l’equità nelle pratiche amministrative locali.

È ora che Ugento si impegni a promuovere la trasparenza, l’integrità e l’etica nel settore pubblico, per garantire che i progetti futuri siano eseguiti in modo equo e conforme agli standard più elevati, evitando qualsiasi possibilità di manipolazione o influenze indebite. La strada verso la trasparenza e la giustizia richiederà uno sforzo collettivo, ma è fondamentale per il benessere e lo sviluppo sostenibile della comunità di Ugento.

Sorgono spontanee allora almeno 10 domande:

  1. -Qual è la garanzia che i lavori pubblici effettuati a Ugento non siano stati influenzati da pratiche corruttive simili a quelle descritte nell’articolo?
  2. -Come può la comunità di Ugento essere certa della qualità e dell’integrità dei progetti e delle opere pubbliche eseguite nel territorio alla luce di questi scandali di corruzione in altre paesi della nostra regione?
  3. -Quali misure specifiche sono state implementate dal comune di Ugento per garantire la trasparenza e l’equità nelle procedure di assegnazione dei contratti e degli appalti pubblici?
  4. -In che modo il consiglio comunale di Ugento intende prevenire e contrastare pratiche corruttive simili all’interno delle proprie istituzioni?
  5. -Come possono i cittadini di Ugento partecipare attivamente nel monitorare e segnalare casi di corruzione o pratiche non etiche nel contesto locale?
  6. -Quali sono i controlli e i bilanciamenti che il comune di Ugento ha messo in atto per garantire che la gestione dei progetti pubblici non sia compromessa da interferenze esterne o interessi privati?
  7. -In che modo il consiglio comunale di Ugento intende ripristinare la fiducia dei cittadini dopo la divulgazione di casi di corruzione a livello regionale?
  8. -Quali politiche di trasparenza e rendicontazione sono adottate dal comune di Ugento per garantire che la comunità sia adeguatamente informata sulle decisioni relative ai progetti pubblici e agli appalti?
  9. -Come il comune di Ugento intende promuovere una cultura di integrità e responsabilità all’interno delle istituzioni pubbliche locali, al fine di prevenire e contrastare casi di corruzione simili a quelli riscontrati a Bari e Foggia?
  10. -Quali misure saranno adottate dal consiglio comunale di Ugento per garantire che i progetti pubblici futuri siano eseguiti in modo trasparente, equo e conforme agli standard etici più elevati, evitando qualsiasi possibilità di manipolazione o influenze indebite?

HIKIKOMORI: un fenomeno diffuso dal nome curioso.

HIKIKOMORI un fenomeno diffuso dal nome curioso

Potrebbe sembrare strano, ma molto spesso noi adulti non ci accorgiamo degli Hikikomori. Si tratta di quei giovani tra i 14 e i 30 anni che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da pochi mesi fino a diversi anni), chiudendosi in casa, senza avere alcun contatto diretto con il mondo esterno, a volte nemmeno con i propri genitori. Hikikomori è un termine giapponese che significa “stare in disparte”, coniato in Giappone nel 1998 dallo psichiatra giapponese Tamaki Saitō. Un termine che è sostanzialmente una fusione tra i verbi “ritirarsi” e “stare in disparte”. L’Italia è uno dei paesi, al di fuori del Giappone, in cui il fenomeno Hikikomori è più diffuso. 

In una recente ed interessante indagine dell’Eurispes condotta in 97 Istituti della Sardegna, è emerso che un giovane su cinque è stato vittima di cyberbullismo. I ragazzi in età scolare, ovvero tra i 15 e i 19 anni, nel parlare dell’argomento hanno dichiarato di distinguere nettamente tra identità reale e identità virtuale: gli atti persecutori non sono rivolti al compagno di scuola, ma alla sua “identità digitale”, come se non fossero la stessa persona.

Anche per genitori e docenti avveniva lo stesso processo di dissociazione tra identità reale e virtuale, come se fossero due mondi che camminano in parallelo e non coinvolgono gli stessi soggetti. Ebbene, se è vero che la scuola può far molto nell’intervenire prima che i ragazzi si ritirino dalla vita sociale, e che molti “ritiri” avvengono in relazione a bullismo in ambito scolastico, le responsabilità e le opportunità da cogliere da parte dell’istituzione scolastica sono evidenti. Con ciò non si vuole necessariamente collegare i due fenomeni – cyberbullismo e ritiro sociale – bensì evidenziare la necessità di avviare nelle scuole una comunicazione seria e strutturata con i ragazzi, e tra ragazzi, docenti e genitori. Sarebbe un modo per agire su fenomeni che possono spingere i ragazzi all’isolamento e alla condizione di Hikikomori, agire sui “disagi spia” prima che si manifestino in un ritiro sociale dal quale diviene poi difficile uscire.

Chiamati anche ragazzi “ritirati”, “eremiti dei tempi moderni”, gli hikikomori vivono un vero e proprio abbandono della socialità. Si tratta di un ritiro dal mondo, sia per quanto riguarda le attività scolastiche che extra scolastiche, per un periodo di tempo prolungato. I ragazzi hikikomori passano la maggior parte del loro tempo in casa o nella loro stanza, spesso isolandosi anche dalla famiglia. I ritmi di sonno/veglia sono stravolti, così come l’alimentazione e il movimento fisico, limitato agli spazi abitativi.

Sebbene l’Oms non classifichi il ritiro sociale grave come un disturbo a sé, vari ricercatori e psicoterapeuti sostengono che possano esserci correlazioni con altre psicopatologie, tra cui agorafobia, dipendenza da Internet e disturbo da ansia sociale. Altri lo ritengono un disturbo vero e proprio, classificabile come una forma nuova di depressione. Circa 54.000 studenti italiani di scuola superiore si identificano con una situazione di ritiro sociale. 

Uno studio condotto dagli Istituti fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa documenta la presenza di circa 54.000 studenti italiani di scuola superiore che si identificano con una situazione di ritiro sociale. Le proiezioni parlano di circa l’1,7% degli studenti totali (44.000 ragazzi a livello nazionale) che si possono definire hikikomori, mentre il 2,6% (67.000 giovani) sarebbero a rischio grave di diventarlo. L’età che si rivela maggiormente a rischio per la scelta di ritiro è quella che va dai 15 ai 17 anni, con un’incubazione delle cause del comportamento di auto-reclusione già nel periodo della scuola media. 

Di questo fenomeno in Italia se ne parla sempre di più, benché sia ancora poco studiato. Spesso si tratta il ritiro come una conseguenza di depressione o dipendenza da Internet, psicopatologie alle quali esso è collegato ma che ne rappresentano più spesso l’effetto anziché la causa. Solo in anni recenti la convergenza di dati ed esperienze ha dato inizio a strategie di intervento e aiuto verso i ragazzi hikikomori e le loro famiglie, poiché molti psicologi ancora stentano a inquadrare il fenomeno e a trattarlo nella maniera opportuna.

Certo è che esso riguarda le società industriali ad alto tasso di competitività, dove alti sono i livelli di stress e di ansia sociale, e questo ne è sicuramente uno degli effetti più tangibili sui giovani. Gli hikikomori si allontanano da situazioni di sofferenza di vario tipo, trovando sollievo nella solitudine e nell’isolamento. Le motivazioni ambientali possono essere generate dallo specifico contesto sociale di appartenenza. I riscontri degli studi disponibili in letteratura evidenziano che il periodo più critico per i “ritirati”, sia quello in cui devono trovare il proprio posto nella società, scontrarsi o assoggettarsi alle sue logiche, al mondo del lavoro e degli adulti. Ecco che come comunità dobbiamo noi adulti sentire maggiormente questa responsabilità. Stare attenti a cogliere ogni segnale attraverso la presenza, l’ascolto, lo stare insieme, non lasciandoli soli sui social media e nell’uso delle tecnologie digitali.

La distruzione di ciò che siamo: il disastro Xylella Fastidiosa

Percorrendo per lavoro le strade del Salento, mi viene facile cogliere le differenze tra il presente ed il passato. Facile se non addirittura banale. Come direbbe Edgar Morin, occorre però guardare nel profondo, perché attraverso lo sguardo profondo è possibile cogliere la profondità. Ecco perché tutto diventa più complesso. Domina nei nostri occhi un paesaggio che non è più tale dopo gli effetti devastanti e disastrati della xylella fastidiosa. Quindi molto nel profondo. 

Di questi tempi, ricordo da bambino che il nonno paterno mi portava alla raccolta delle olive:

Agustinu, ci faci crai? Na, vistu ca u tiempu è bonu vau me coiu dhre quattru ulie me fazzu l’oiu pe casa”.

Chiudo gli occhi e rivedo tutte le operazioni che il nonno compiva per “caricare” il suo ape: scope artigianali, cernitrice manuale, reti, tine e cassette, attrezzi vari (mi ripeteva sempre che “i fierri nu n’hannu mai mancare sull’apu, ponnu sempre servire”!), una tanica di benzina per bruciare le sterpaglie a condizione che il vento fosse favorevole perché non si doveva dare fastidio ai vicini confinanti con i fumi della combustione. Altri tempi. Altra società. Direi altre persone. Tempi in cui la “parola” contava molto di più di un contratto ed il saluto alle persone più grandi costituiva un atto d’onore.

Dopo la cernita si andava con le olive raccolte (e “cernute”!) al frantoio per la macinatura. Una volta arrivati ci si registrava nel turno e dopo averle riversate in un grande cassone si attendeva per la spremitura. Ricordo che mentre parlava con altri compaesani, curioso com’ero, ascoltavo i loro discorsi: “quiste suntu ti rumani; quiste te mammalie; quanti tummini (tomolo: unità di misura di capacità per aridi anticamente usata nell’Italia meridionale) hai coti?”. Provo una nostalgia quasi dolorosa nel ricordare quei tempi. Di un bambino che amava sentire l’odore delle olive raccolte, del verde degli ulivi, toccare lo sporco della terra impregnata di sudore, duro lavoro e di tanta e tanta passione. Ecco ciò che per me costituisce il maggior danno della xylella: ha distrutto un’identità che è allo stesso tempo sogno e futuro; che quindi non può essere limitata a ciò che spesso si tende ad ignorare e che pure è tutelato dalla nostra Costituzione: il paesaggio. La sociologia dell’ambiente guarda con attenzione allo “spazio d’esperienza”, senza trascurare che storici come Donald Worster osservano l’ambiente sul piano della strutturazione nel tempo del patrimonio agricolo – forestale.

Ritengo che i tempi siano proficui per un focus serio che assuma quei “vocabolari significativi” che danno forma alle componenti sociali e simboliche delle “esperienze di contaminazione” di cui è causa la xylella fastidiosa. All’interno di un paesaggio che tende a sdoppiarsi: «da un lato quello idillico e a volte finto e costruito, delle cartoline e del relax, di villaggi vacanza e agriturismi; dall’altro lo spazio degradato in cui si vive, e si torna a vivere, rassegnati, dopo il riposo». Occorre intraprendere un’azione di ricostruzione di una realtà territoriale afflitta da questioni che colpiscono poliedricamente società, ambiente e territorio. Occorre abbandonare la rassegnazione ipocrita legata alle devastazioni che pure feriscono ogni giorno, rifiutando di vedere ciò che deve essere visto. Occorre interrompere quella logica autodistruttiva per la quale le anomalie stanno diventando regole e le eccezioni vanno trasformandosi in un modello di sviluppo ove l’urban sprawl sta mangiandosi città e campagna. Quel “paesaggio” armonioso che generazioni non hanno più nella loro geografia interiore. Costoro non avranno «nulla su cui fantasticare!». Si registra ancora una crescente gravità dello stress psicofisico innescato dalla violenza al paesaggio, dalla bellezza distrutta e dal brutale consumo del suolo. 

Un nuovo approccio per “ricostruire” un paesaggio martoriato non può privarsi di un allargamento dell’orizzonte d’indagine proprio perché è stata la limitatezza, talvolta voluta, «degli operatori di settore, dai politici ai tecnici, a portare a vedere lo stesso oggetto sotto aspetti diversi e (quasi) non comunicanti». Se è l’Italia a farsi in tre – paesaggio, ambiente, territorio – a maggior ragione la nostra Ugento, il Salento tutto deve diventare un’ esperienza per ripartire, che «non vuol dire “da zero. Vuol dire ripartire dalla legittima difesa della nostra salute e del nostro benessere, vuol dire ripartire da un senso alto e generoso della nostra comunità di cittadini, del pubblico interesse, dei diritti delle generazioni future: un tema, quest’ultimo, che è oggi sempre più esplorato, ma che non è affatto una novità». 

Per il futuro di questa parte di Madre Terra è necessario l’avvio collegiale di una ripartenza: i cittadini da cittadini, sforzandosi di capire il gergo degli specialisti, gli esperti usando al meglio le proprie competenze di settore (giuristi, urbanisti paesaggisti, storici, geografi, economisti, antropologi, sociologi, ecologi, biologi, etc.), ma ricordandosi di essere prima di tutto cittadini, e che è loro dovere rispettare, se e in quanto professionisti, alti principi etici e deontologici. La qualità del paesaggio e dell’ambiente non è un lusso, ma una necessità. Non possiamo permettere che la bellezza e l’unicità del nostro paesaggio siano irrimediabilmente vinte. Fiducia quindi, in un futuro possibile.

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