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La sicurezza dell’insicurezza: perché a Ugento abbiamo paura?

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I gravi eventi accaduti in questi giorni nella nostra comunità pongono all’attenzione di tutti i cittadini, seri interrogativi sul problema della sicurezza.

La definizione di un concetto così impattante ed influente sul piano mediatico ed emotivo comporta un’inevitabile ventata di riflessioni. Anzitutto non può limitarsi al singolo evento, che seppur grave nei suoi effetti vittimologici, necessità di analisi che coinvolgono ad ampio raggio ed a vari livelli ogni singolo cittadino.

I caratteri che servono a definire il concetto di “sicurezza” lo rendono difficilmente collocabile all’interno di una cornice statica, ancorata alle opinioni del momento e soprattutto all’influenza che i media esercitano con i loro canali informativi. È tale perché interessa tanto gli atti criminali, come l’incendio o il furto delle ruote di un auto, od ancora la rapina ad un pubblico esercizio, quanto la risposta istituzionale (Ente locale, forze di polizia, Autorità giudiziaria, etc,) e soprattutto la reazione  e le paure dei cittadini. Ecco la constatazione di una “sicurezza dell’insicurezza”.    

il risultato del nostro sondaggio su Instagram

In Fuga dalla libertà, Fromm fornisce una serie di ragioni psicologico – sociali. Nell’Occidente industrializzato, nel quale come un granello di sabbia si posiziona anche Ugento e il suo territorio, sono diversi i fattori che stimolano l’insicurezza delle persone: potere crescente del capitale monopolistico; scomposizione della vita professionale dei lavoratori delle grandi organizzazioni burocratiche; la trasformazione degli individui in consumatori e il sistematico bombardamento pubblicitario cui tutti siamo inevitabilmente sottoposti; la lontananza dei partiti politici dalle reali esigenze dei cittadini e la loro sostanziale impermeabilità alle istanze, ai bisogni di chi non si colloca al loro interno; il rischio continuo della disoccupazione (o il suo costante perdurare!); il condurre la propria esistenza isolati in città (e ancor più nei piccoli paesi) che diventano sempre più anonime (fenomeno accentuatosi a causa della pandemia). E’ opportuno riprendere le forme di “insicurezza” (vista sul piano di ciò che sentiamo, proviamo, pensiamo, etc.) dietro alle quali giacerebbero i nostri diversi vissuti psicologici: insicurezza cognitiva ovvero la carenza di fiducia nella capacità di ognuno di noi di riconoscere quei sintomi che ci permettono di capire che cosa vogliamo o cosa vorremmo, scegliendo tra le condotte più adeguate alle situazioni che viviamo; insicurezza esistenziale ovvero l’incertezza sulla stabilità e sull’affidabilità del mondo in cui siamo e viviamo nonché dei criteri con cui valutiamo la correttezza delle nostre azioni e di quelle degli altri e le abilità che sentiamo di poter utilizzare per affrontare le sfide che ci lancia la nostra vita; ed infine l’ insicurezza personale, ossia la difficoltà di credere che, se ci comporteremo nel modo giusto, non saremo esposti a pericoli impossibili da fronteggiare e/o potenzialmente fatali, così come non lo saranno i nostri beni e i nostri familiari.

Recenti ricerche hanno dimostrato che le persone che si trovano a vivere in comunità insicure tendono più facilmente a diventare persone insicure e a promuovere l’insicurezza degli altri. Contestualmente l’insicurezza diffusa delle persone e dei gruppi porta allo sviluppo di comunità insicure, anche se solo apparentemente solide perché chiuse e regressive, capaci di trovare il principale fondamento della propria sopravvivenza nell’esclusione e nella delegittimazione del diverso. Modalità quest’ultima che gran parte degli ugentini tendenzialmente attua attraverso atteggiamenti di sospetto, di omertà, di regressione e di delegittimazione gratuita. 

In ragione della fisiologica difficoltà ad esprimere la propria insicurezza ognuno di noi è portato a dare una definizione più marcata e facilmente percepibile nella “paura del crimine”. Ciò che è nella realtà la sorgente da cui sgorga tutto ciò che utilizziamo per esprimere un’insicurezza tanto diffusa quanto sfuggente.

La paura che proviamo dinanzi ad un evento criminoso altro non è che la nostra risposta quasi inevitabile allo stimolo della criminalità, al quale come cittadini deve rispondersi con autocritica, senso di responsabilità e dovere civico.  

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