Ambiente e Territorio
Enea, il troiano che sbarcò a Ugento, per poi fondare Roma.
Enea, il troiano che sbarcò a Ugento, per poi fondare Roma. L’affascinante teoria di Antonio Nicolazzo.
Sappiamo di Enea che era figlio di Anchise e della dea Venere. Fugge dalla omerica Troia in fiamme, destinatario di un importante destino: far “rivivere” il popolo troiano e, di converso, fondare una nuova civiltà destinata a governare il mondo.
Nel mezzo, Virgilio, nel suo “Eneide”, ci mette mille avventure, peripezie ed amori tracciando e ripercorrendo personaggi, sì immaginari, ma inseriti in luoghi e contesti storico – geografici ben definiti, ed è il caso dello sbarco di Enea e del seguito di superstiti troiani a “Castrum Minervae”, sulle coste salentine; località da molti identificata con Leuca, sede di un tempio dedicato alla dea romana Minerva.
Di recente importanti scoperte archeologiche hanno individuato come Castro il punto in cui il poeta latino Virgilio fa sbarcare l’Eroe.
Ma se, invece, il nostro eroe e i troiani – progenitori della futura Roma imperiale – fossero sbarcati nel “Portus Uxentinus vel Salentinus, cioè ad Ugento?
È un ipotesi suggestiva, riportata in un volumetto dello storico locale Antonio Nicolazzo, edito nel 1985, ed oggi introvabile.
Stavo riordinando la mia biblioteca, quando mi è sobbalzato sotto mano questo libro:
il Nicolazzo parla ci racconta di come Enea possa essere giunto ad Ugento, invece che a Castro, fa riferimento letterale ai versi di Virgilio ne “l’Eneide”, in particolare quelli numero 835-840 del III libro, dalla traduzione di Annibale Caro.
È di vèr l’Orïente un curvo seno
Eneide, Libro terzo; 835-840.
In guisa d’arco, a cui di corda in vece
Sta d’un lungo macigno un dorso avanti,
Ove spumoso il mar percuote e frange.
Ne’ suoi corni ha due scogli, anzi due torri,
Che con due braccia il mar dentro accogliendo
A parte il “venire da Oriente” e l’intravedere un “curvo seno a mo’ di arco”, Nicolazzo fa riferimento ad un grosso macigno posto all’ingresso del porto: e, a detta dello stesso studioso, ancora sino agli anni Ottanta del Novecento i resti di quell’imponente masso erano ancora visibili nel porto di Torre San Giovanni, frazione di Ugento, nonostante “sfumoso il mar percuote a frange”.
Sempre Nicolazzo fa riferimento all’Eneide: Enea, prima di giungere in Salento, parte dal promontorio d’Azio, diretto a Butrinto, nell’Epiro settentrionale (una zona corrispondente più o meno all’attuale Albania meridionale/Grecia settentrionale). Qui, viene accolto dal re Eleno, il quale è anche un indovino. Enea prima di ripartire si rivolge a questi, per sapere cosa lo attenderà durante questo ennesimo viaggio.
Eleno lo rassicura: in Italia, avrebbe fondato un nuovo regno, ma gli dice anche di non sbarcare sulle coste di fronte all’Epiro stesso, cioè l’attuale costa adriatica salentina, in quanto avrebbe potuto incontrare dei Greci, distruttori di Troia.
Nicolazzo si chiede: “quindi noi pensiamo che il luogo dello sbarco non può essere Porto Badisco – e dunque qualsiasi altra località della costa adriatica del Salento – in quanto Enea seguì i consigli di Eleno” ed aggiunge “Virgilio nei suoi versi parla “d’Oriente un curvo seno”. Solo Ugento poteva comparire ad Oriente, seguendo la rotta da Butrinto per venire in Italia”.
Nicolazzo fa ancora riferimento ad un altro importante indizio: Virgilio narra che i Troiani sbarcarono e venerarono Minerva…” e nelle monete ugentine, è spesso raffigurata Minerva”.
Su questo, mi soffermerei. Ha ragione il nostro Antonio Nicolazzo, perché proprio a Torre San Giovanni, nel 1975, una serie monetale con raffigurato al dritto una testa con la dea Atena/Minerva, risalente al II secolo a. C.
Sommessamente, rilancio: Enea si colloca, seppur nell’immaginario di Omero prima e di Virgilio poi, in una non meglio precisata epoca dell’età del Bronzo. Proprio a Pazze, località rinomata della costa ugentina, risale la scoperta di un importante villaggio dell’età del Bronzo, collocato in una posizione strategica e meta di frequentazioni e scambi commerciali tra le diverse popolazioni del Mediterraneo.
Certo quella di Tonio Nicolazzo, che io mi sento per un attimo di fare mia, è una ipotesi molto allettante e se è vero tutto questo, alla luce anche di recenti scavi e pubblicazioni proprio su Torre San Giovanni, e vista la notevole importanza che Ugento, sin dalle epoche protostoriche, aveva per il mondo antico, non mi sentirei affatto di trascurare.
Mi si obietteranno le recenti scoperte di Castro, oppure che l’unico santuario pagano dedicato alla Dea si trovava a Leuca, proprio nel punto in cui sorge l’attuale Basilica ma il “pericolo greco” per Enea doveva essere troppo forte per indurlo ad approdare in punti della costa salentina perennemente frequentati da pirati e mercanti di stirpe achea, che causarono la fine della sua madrepatria e la morte di numerosi suoi compatrioti.
Aggiungerei, sempre riprendendo dei recenti saggi su Enea stesso e sempre facendo riferimento all’Eneide, che il “curvo seno” del luogo d’attracco di Enea è esso stesso un riferimento fortemente simbolico: la forma curva dell’ansa riportata nel poema epico virgiliano è un chiaro riferimento alla falce della Luna stessa; o anche un possibile nome in antichità del nome stesso del “Castrum Minervae”, una falce di luna che si curva verso l’onda dell’Oriente, in forte connotazione e connessione con tema dell’ascesa dell’eroe del mito di Virgilio.
Scrivo questo sopra perché la Luna, con le sue varie fasi, è fortemente interconnessa alla vita degli animali selvatici, che popolavano i boschi del Salento, ed in particolare quelli quasi a ridosso del Portus Uxentinus, e nei quali erano oggetto di caccia da parte dei nostri progenitori ed antenati: proprio a Torre San Giovanni il culto di Artemide/Diana, dea dei boschi, della caccia e collegata quindi alla Luna stessa è stato ormai acclarato, alla luce di recenti scavi nei pressi dell’attuale torre cinquecentesca.
Enea era un eroe immaginario, descritto da Virgilio in funzione di celebrazione del destino imperiale di Roma e dei suoi figli, conclamato e veicolato da Augusto e da ogni altro imperatore romano, ma dai tratti anche omerici.
Noi ugentini abbiamo una stretta assonanza e connessione cultuale ed emotiva con gli Eroi, si pensi a quanto Eracle/Ercole fosse venerato dai Messapi di Ugento e di come lo stesso sia ripreso nel secondo nostro stemma cittadino.