Editoriali
I nonni dono prezioso della vita
La giornata di oggi è dedicata ai nonni. Ideata nel giugno ’97 da Arturo Croci e Franco Locatelli. Costui in avviò in Italia un progetto educativo sui fiori e le piante che coinvolgeva le scuole dell’obbligo, legato a un concorso di disegni e poesie sui e per i nonni, che ricevette grande risposta. L’obiettivo principale? Dedicare una giornata specifica ai nonni che da sempre sono un punto di riferimento fondamentale per i nipoti e per le generazioni più giovani. Nacque un Comitato, presieduto dallo stesso Locatelli, di cui fecero peraltro ance Wim Van Meeuwen, Charles Lansdorp e Roberto Alborghetti. Nel 2004 ci fu la prima proposta ufficiale per l’approvazione di una legge che istituisse a livello nazionale la Festa dei Nonni. Nello stesso anno, il Presidente della Regione Lombardia lanciò la Festa dei Nonni per il 2 ottobre. Il Comitato si mise in contatto con il Presidente regionale accordandosi sulla data del 2 ottobre, giorno degli Angeli custodi, per celebrare la Festa dei Nonni e per esercitare pressione insieme per ottenere il riconoscimento formale da parte dello Stato. Riconoscimento che arrivò dal Parlamento con l’approvazione della Legge n. 159 del 31 Luglio 2005, istitutiva della Festa dei Nonni. Perché ho deciso di scrivere dei nonni?
Beh, la risposta è molto semplice. Direi quasi banale. Innanzitutto, perché mi mancano molto i miei nonni che ormai non ci sono più da alcuni anni. Poi per ricordarli e soprattutto per rivivere, con la mente e con il cuore i tanti bei momenti trascorsi insieme a loro. I giorni di infanzia e di adolescenza in cui è stato bello averli accanto, viverli con spensieratezza e gioia allorquando ricevevo da parte loro rimproveri, sgridate, carezze, abbracci e sorrisi. Anche se la vita non mi ha donato il piacere, direi anche l’onore, di conoscere di persona il nonno paterno, posso affermare di conoscerlo abbastanza da poter dire di essere fieramente suo nipote e di portare a testa alta il suo cognome. Ancora oggi mi capita, parlando con persone molto avanti con l’età, di sentirmi chiedere di chi sono figlio e quale sia la mia famiglia. È sufficiente pronunciare il cognome e subito si ricordano di quel signore che la mattina presto, con la sua bicicletta, con in groppa manifesti, scaletta e pennello andava in giro per il paese ad attaccare le locandine dei film del cinema. Già, lui si occupava di quello che una volta era il cinema Odeon. Allora grande centro di aggregazione sociale, dove quasi sempre generazioni ormai scomparse, durante i giorni festivi in particolare, trascorrevano pomeriggi e serate intere attraversando inesorabili le proiezioni della “prima e seconda cotta”. C’è poi ancora chi mi parla della propria casa in cui proprio nonno Vincenzo aveva realizzato l’impianto elettrico. Ancora perfettamente funzionante anche se probabilmente non a norma secondo i canoni moderni. È commovente ricordarlo cercando di immaginarlo come fosse fisicamente e come parlasse. Capire quale fosse il tono della sua voce e quella che oggi si studia come comunicazione non verbale. Non l’ho mai conosciuto se non dai racconti familiari e di tante persone che l’hanno conosciuto. Persino dal suo “diario di guerra”, essendo stato prigioniero in Africa. Mi rammarico per non averlo conosciuto. Sarebbe stato ancora più bello, addirittura molto più semplice volergli bene. Mi consola quando mi dicono che gli assomiglio sul piano caratteriale. La verità è che mi manca molto. Mi sento come se il destino mi avesse tolto qualcosa che mi appartiene per natura. Allo stesso modo mi mancano gli altri nonni, che hanno condiviso con me parte della loro vita. Nonno Agostino in particolare ha rappresentato per me un punto fermo. Un esempio da seguire. Un faro che ha illuminato e continua ad indirizzarmi nella vita quotidiana. Penso che non sia mai troppo presto, né troppo tardi per andare via. Loro sono andati via ognuno con il proprio tempo e con il loro modo di dirti “addio”. Mi sentivo già “solo” allora, quando ci siamo salutati per l’ultima volta. E mi sento ancora più “povero” ora che avrei bisogno del loro sorriso, di quegli sguardi silenziosi che pure dicevano tanto. Financo dei loro proverbi, dei loro consigli e delle famose “spieche”. Ricordo sempre l’invito a salutare tutti. La raccomandazione a stare attento e a non dare troppa confidenza: “apri l’occhi!”, mi ripetevano continuamente. A rispondere ai più grandi con rispetto, con il classico “ci ccumanni signuria!”. Mi sembrano ora voci lontane. Ogni tanto affiorano tra i ricordi di quel bambino che è oggi ciò che è diventato grazie soprattutto a loro. Grazie quindi nonni miei per il dono della vostra vita. Per aver vissuto al nostro fianco, anche se spesso non ce ne accorgiamo o non li riconosciamo, proprio come accadde ai discepoli di Emmaus al cui fianco il Signore camminava senza che se ne accorgessero. Non ci sono più quei pranzi domenicali con la pasta fatta in casa: “sagne” o “ricchie e minchiareddhi”; sugo fatto in casa con la carne a pezzetti. L’insalata e la bistecca di maiale arrostita su quel fuoco che bruciava i rami d quegli ulivi ormai scomparsi. Diamine, che nostalgia!
Viviamo questa festa dei nonni all’insegna della gioia dello stare insieme. Con i nonni appunto, per chi ha la fortuna di averli. Con chi sa di poter dare tanto, senza mai pretendere nulla in cambio. Con chi non tradisce mai le nostre aspettative. Con chi si sacrifica per il bene degli altri. Con chi è patrimonio dell’’umanità. Un dono prezioso destinato a non morire mai. Da abbracciare per sempre. Auguri a tutti i nonni.