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Ambiente e Territorio

Non diventiamo la nuova terra dei fuochi

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Non diventiamo la nuova terra dei fuochi
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In una delle ultime audizioni presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari, sono emersi interessanti spunti di riflessione che non possono essere trascurati alla luce di quanto siano attuali soprattutto nel nostro scorcio di territorio salentino. Con professionalità e serietà il procuratore capo della Procura della Repubblica di Bari, lo stimatissimo dott. Roberto Rossi, da anni impegnato nella lotta ai crimini ambientali, nel contrasto delle violazioni perpetrate in materia di rifiuti dalla criminalità organizzata, ha evidenziato quanto, purtroppo, anche nella nostra regione, sia attuale parlare di “terra dei fuochi”.

Al pari di quanto accaduto negli anni passati (e tuttora continua a verificarsi sotto il silenzioso omertoso di tutti!), arrivano rifiuti classificati e catalogati in maniera non corretta. In difformità ai principi stabiliti dalla normativa europea e dalla legislazione nazionale. Rimangono cioè “indifferenziati” per poi essere facilmente trasportati e stoccati in grandi capannoni da soggetti senza scrupoli, che opera in nero, il cui obiettivo è disfarsi di materiali che se lavorati e trattati correttamente seguendo le logiche dell’economia circolare, potrebbero essere recuperati e reimmessi nel mercato producendo nuova ricchezza, favorendo la nascita di posti di lavoro e soprattutto tutelando l’ambiente, con meno spreco di materie prime. La delinquenza ambientale prosegue la sua opera incendiando enormi quantitativi di rifiuti indifferenziati, sfuggiti ai sistemi di tracciabilità e di controllo. La combustione non fa altro che produrre sistematicamente diossina che viene immessa nell’aria, creando seri problemi di natura igienico – sanitaria, di salubrità dell’aria e delle matrici ambientali. L’azione delle piogge sul “particolato” non fa altro che depositarlo e quindi sedimentarlo nel terreno. Da qui si traferisce nell’organismo attraverso la frutta, la verdura e le carni degli animali. Anche la nostra terra è ribattezzabile “terra dei fuochi”. Non c’è del resto da meravigliarsi considerato che solo chi è in cattiva fede non scorge la gravità di una situazione gestionale, prim’ancora che ambientale e sanitaria, tutta ed esclusivamente “di connivenza politico-affaristico-amministrativa”, che è inutile nascondere. Oltre alle inchieste giudiziarie che fanno emergere un quadro raccapricciante, ad ulteriore riprova del tracollo politico della gestione del ciclo dei rifiuti concorrono i costi che si riversano sulla TARI, ovvero su ciò che annualmente paghiamo per la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti urbani, che tocca le tasche di ogni pugliese. Le notizie apparse sui giornali, alla luce di una recente sentenza del Consiglio di Stato, delineano un futuro tutt’altro che roseo. Nei prossimi mesi, si registrerà verosimilmente un aumento calcolato fino al 50% (se non maggiore!) rispetto ai costi iniziali, che si aggiungerà all’obbligo di pagare tutti gli arretrati dovuti all’adeguamento delle tariffe a partire dal 2021.

Tutto ciò che succede all’ambiente che ci circonda si riverbera sulla nostra salute e soprattutto sui bilanci familiari. Ci sono alcuni elementi interessanti che è necessario cogliere, come cittadini, al fine di poter comprendere di che cosa stiamo parlando e porre in essere comportamenti adeguati e corretti con stili di vita che tengano conto della vulnerabilità di ciò che ci circonda. 

Nel corso della sua udizione il procuratore Rossi evidenzia che ai centri di recupero arriva materiale pessimo, in teoria non dovrebbe essere così. Chi raccoglie rifiuti deve dividerli secondo i principi di tracciabilità. Ma questo non accade, sebbene i cittadini si impegnino a differenziarli. Calza poi l’esempio fornito alla Commissione: “Chi raccoglie dovrebbe fermare chi porta ai centri di smistamento, ad esempio, il 90% di plastica e per il 10% il sacchetto delle banane che non sono state separate”, cioè rifiuti indifferenziati, di qualsiasi tipo. La parte di materiale non recuperabile, teoricamente proveniente dalla raccolta differenziata, viene triturata e classificata con un codice detto “CER”, che ne identifica l’origine e la tipologia. Elemento essenziale su cui bisogna stare molto attenti perché si tratta di materiale che non può andare negli impianti di recupero, che sono pochi e costosi, creando un problema: o va in discarica, ed anche qui ci sono dei costi, oppure come effettivamente accade, viene dato a soggetti che lo trasportano in nero in luoghi ove verrà illegalmente smaltito all’interno di grandi capannoni che vengono puntualmente incendiati con immissioni dannosissime in aria di sostanze inquinanti”. Vi è poi il meccanismo della “doppia squadra”. Una modalità di guadagno per le cosche mafiose, per la quale, accanto a figure legali, vi sono doppie squadre della criminalità organizzata che non lavorano ma prendono soldi. Si tratta dei “colletti bianchi”, i cui crimini sono stati studiati e approfonditi dall’eminente criminologo statunitense Edwin Sutherland. I costi non possono che aumentare. All’imprenditore privato non resta che andare verso il fallimento non riuscendo a pagare le tasse. C’è anche il problema dei ritardi nei pagamenti da parte dei comuni e lo dimostrano i numerosi provvedimenti e sequestri per milioni di euro. E ci sono anche gli sperperi di soldi per favoritismi elettoralistici, che non vede solo chi non vuole vedere. Ma la “terra dei fuochi” ce l’abbiamo anche in casa nostra. Non teniamo la testa sotto la sabbia, guardiamo avanti e non lasciamo che la nostra diventi la “nuova terra dei fuochi”.

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