Editoriali
Festeggiare con responsabilità
Tra poche ore saluteremo il 2024 e festeggeremo il nuovo 2025. Nel famoso dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggero delle Operette morali di Giacomo Leopardi c’è un passo che mi piace riprendere:
«Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?».
Il passeggero è Leopardi, il filosofo che si pone degli interrogativi e medita sulla natura dell’uomo. Il venditore è invece l’uomo comune, colui che ignora la sostanza delle cose. L’oggetto del dialogo è la ricerca del piacere che per il poeta di Recanati non può essere raggiunto perché ognuno di noi ricerca non “un piacere” ma “il piacere”. Ecco perché l’infinito non può essere conquistato! Ognuno si propone di avere un “infinito terrestre” dal nuovo anno, dimenticandosi che il piacere della felicità molto spesso è molto più vicino di quanto si possa immaginare.
Leopardi ci insegna che la felicità non si trova nella vita passata, ma in quella futura, poiché consiste nell’attesa di qualcosa che non si conosce. Nella speranza cioè di un futuro diverso e migliore del passato. Da qui, l’acquisto da parte del passeggero (il Leopardi) dell’almanacco dal venditore ambulante. Quando scrive: «Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura», Leopardi vuol significare che la felicità consiste nell’attesa di una gioia ignota nella quale l’uomo è per sua natura portato a sperare per mezzo delle illusioni. Ogni fine anno ci auguriamo che il nuovo anno sia migliore di quello trascorso; che realizzi i nostri sogni, i nostri desideri e le nostre aspettative. Si tratta di “ameni inganni”, cioè di errori ingannevoli ma piacevoli.
Nel dialogo, gli almanacchi venivano venduti per strada con gli auspici di buona fortuna per l’anno che verrà! Quell’immaginazione simbolica e dialogica è la realtà che viviamo in questi giorni perché ha ad oggetto quella speranza che ossigena ognuno di noi. Una costante illusione ottimistica che induce le persone a credere che il futuro riserverà momenti migliori di quelli passati. Ecco che la speranza è per Leopardi il ricordo più bello, l’autentica bellezza delle speranzose incognite che il divenire cela e che tutti, piaccia o meno, ci troveremo ad affrontare.
Voglio collegare questa speranza alla responsabilità!
Si avvicina quella straordinaria esplosione di luci e colori che da sempre accompagna il passaggio verso l’anno nuovo. È una tradizione che unisce, accende speranze e riempie i cuori di gioia. Come cittadino, prim’ancora che come criminologo, riprendo i contenuti dell’appello alla responsabilità dell’AICIS – Associazione Italiana dei criminologi per l’investigazione e la sicurezza. Insieme ai colleghi sentiamo il dovere di essere ambasciatori di un messaggio forte: la legalità e il rispetto delle regole sono l’unica strada per garantire che la festa rimanga tale, senza trasformarsi in tragedia. Lo scorso Capodanno, secondo il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, 274 persone sono rimaste ferite, e 64 di queste erano minori. Una vita, quella di una donna ad Afragola, è stata spezzata da un proiettile vagante. Questi non sono semplici dati statistici, ma storie di dolore che avremmo potuto evitare. E dietro ogni ferito, ogni perdita, c’è un filo comune: l’incoscienza di chi usa materiali illegali, prodotti senza alcun rispetto per le norme di sicurezza, spesso in condizioni che mettono a rischio non solo chi li utilizza, ma anche chi si trova nelle vicinanze. Il nostro ruolo, come comunità di esperti, è quello di fare la differenza, di educare e sensibilizzare chi ci circonda. L’articolo 703 del Codice Penale punisce severamente chi utilizza materiali esplosivi senza autorizzazione. Non dimentichiamo le disposizioni di Pubblica Sicurezza (TULPS), che regolano con precisione l’utilizzo di fuochi d’artificio, autorizzando solo quelli con marchio CE, garantiti per un uso sicuro. Troppi bambini ogni anno subiscono ferite, talvolta irreparabili, a causa della scarsa consapevolezza o dell’incoscienza di chi permette loro di maneggiare materiali pericolosi. Gli animali, invece, vivono questa notte come un incubo: il rumore delle esplosioni li spaventa al punto da causare fughe incontrollate e, in alcuni casi, lesioni o morte. Scegliamo fuochi silenziosi e certificati, proteggiamo chi non può difendersi da solo.
Appunto, festeggiamo con responsabilità! Buon 2025 a tutti!