Politica
Cultura & Catrame per decidere il prossimo sindaco di Ugento

La campagna elettorale prende forma tra vecchi schemi, nuove asfaltature e la ricerca di un cambiamento che tarda ad arrivare
Se dovessimo sintetizzare con due sole parole il clima che si respira a Ugento alla vigilia della lunga e logorante campagna elettorale (inaugurata dalla stessa maggioranza con la pubblicazione dell’opuscolo elettorale Ausentum) queste sarebbero senza dubbio Cultura e Catrame. Due simboli, due strategie, due facce della stessa moneta politica con cui si tenterà di conquistare le chiavi del palazzo di città (che a proposito continua a rimanere chiuso con le 4 frecce).
Al momento, l’unico ad aver ufficializzato la sua discesa in campo è il sindaco uscente, Salvatore Chiga. Una candidatura che più che un annuncio sembra la naturale prosecuzione di un progetto di continuità targato PD e consolidato dal sostegno ormai esplicito di figure come Vincenzo Scorrano e Chiara Congedi. Sarà loro il compito di sventolare la bandiera della Cultura – quella cultura finanziata a colpi di contributi pubblici elargiti in modalità diretta e senza gare, sempre agli stessi noti. Una politica clientelare che, se a parole arricchisce il tessuto sociale, nei fatti sembra aver alimentato solo piccole e rumorose enclave di potere, come quelle che a Gemini stanno già facendo intravedere crepe sociali sempre più profonde.
Ma nel teatro politico ugentino c’è un altro protagonista, non ancora ufficializzato, che si prepara a giocare la carta del Catrame. Con tempismo chirurgico, proprio nei prossimi mesi – guarda caso in concomitanza con l’avvicinarsi delle urne – prenderanno il via i lavori di rifacimento del sistema idrico appaltati dall’Acquedotto Pugliese. Migliaia di metri cubi di asfalto fresco pronti a ricoprire strade dimenticate da decenni. Un’operazione di restyling urbano che si preannuncia come la colonna portante della campagna elettorale di chi vorrà presentarsi come il candidato del “fare” e del “sistemare”, tentando di archiviare (abiurandoli) 20 anni di immobilismo targato Massimo Lecci con il profumo – pungente ma sempre efficace – del bitume appena steso.
E poi c’è il terzo incomodo. Quello che ancora non si è svelato, ma che tutti sussurrano nei bar e nei social, pronto a raccogliere le istanze di una cittadinanza stanca, frustrata, marginalizzata da due decenni di politiche di palazzo. Sarà il candidato del cambiamento radicale, il volto della rivalsa di chi è rimasto fuori dall’harem elettorale che, a suon di favori e posti di lavoro, ha governato Ugento più come un feudo che come una moderna democrazia da 30 anni a questa parte.
In tutto questo, però, quello che ancora latita sono le proposte vere, quelle che parlano al cuore e alla testa di una comunità ferita, impoverita, sempre più divisa. La città continua a lamentarsi, le imprese arrancano, il tessuto sociale si sfalda e le periferie restano sbiadite cartoline di abbandono. E mentre si preparano le liste e si scaldano i motori delle promesse, Ugento resta lì, intrappolata nel suo limbo: tra una cultura elitaria che non parla più alla gente e un catrame steso a tappare buche che, forse, sono ben più profonde delle strade che percorriamo ogni giorno.
Forse è tempo che qualcuno cominci a parlare di futuro vero, di visioni condivise, di comunità che si riappropria del suo destino. Ma per ora, il rumore assordante è ancora quello del solito carosello elettorale. Fatto di cultura di facciata, catrame elettorale e la solita lotta per mantenere il piccolo regno degli amici degli amici.