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Politica

Il PUG di Ugento tra sogni negati e disparità evidenti

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C’è una frase, pronunciata tra la commozione e il pudore, che risuona forte nelle aule comunali e nei cuori di chi ancora spera: “Perché si spezza la speranza di chi ha sempre creduto in questa terra?”. È la voce di un giovane ugentino, costretto a emigrare per cercare un futuro altrove, che torna – almeno con la parola – a difendere il sogno del padre. Un sogno fatto di radici, sacrifici e progetti di vita. Un sogno che oggi, con l’approvazione del nuovo PUG, rischia di essere cancellato da un tratto di penna.

Il piano urbanistico, nella forma in cui è stato proposto, non è solo una mappa di lotti e destinazioni d’uso: è una scelta politica, sociale, culturale. Ed è una scelta che – stando a diverse testimonianze raccolte durante le audizioni pubbliche – non guarda al domani, ma chiude la porta a intere generazioni.

Sono già in molti a dirlo sottovoce, ma con crescente consapevolezza: Questa Amministrazione rischia di passare alla storia come quella che ha definitivamente condannato Ugento all’emigrazione. In vent’anni di governo, spesso mascherato da “civismo”, l’unico vero progetto perseguito sembra essere stato quello dell’autoconservazione.

Un Comune che da tempo non cresce, non progetta per le famiglie, non attrae i giovani. Il PUG, invece di rappresentare una rinascita, sta assumendo i contorni di una pietra tombale. E se i figli se ne vanno, se i padri si vedono strappare i sacrifici, se le voci fuori dal coro vengono ignorate, allora la responsabilità politica è enorme.

Tiziano Esposito ha provato a portare in Consiglio la voce di chi non può più parlare. Ha raccolto il grido di chi, dalla distanza, ancora spera che la propria terra non si trasformi in una prigione burocratica. Non è solo un’interrogazione politica: è un richiamo alla dignità.

Ugento ha bisogno di un piano urbanistico che costruisca, non che distrugga. Che accolga, non che selezioni. Che permetta di restare, non che obblighi ad andarsene.

E allora, se davvero si vuole parlare di sviluppo e futuro, che si cominci col rispondere a quel giovane e a tutti coloro che, oggi più che mai, si sentono cittadini dimenticati.

IL POST INTEGRALE:

III COMMISSIONE: NUOVO P.U.G.

Oggi non posso non portare alla vostra attenzione una testimonianza che, tra le tante ascoltate durante questa lunga fase di audizioni sul nuovo PUG, ha toccato profondamente il cuore di tutti noi (almeno spero).

Un giovane ha preso la parola, non per sé, ma per suo padre. Era collegato da remoto, mentre il padre era seduto qui in aula, in silenzio, ad ascoltarlo. Quel giovane non è un volto sconosciuto. È uno dei nostri ragazzi. Uno di quelli partiti, andati via da Ugento perché qui, purtroppo, il futuro sembrava una parola troppo grande.

Ha parlato con una dignità che non può lasciarci indifferenti. Ha raccontato dei sacrifici di suo padre, che tanti anni fa acquistò un terreno, pagandolo a caro prezzo, immaginando un domani. Un domani fatto di casa, famiglia, radici. Un terreno non solo per costruire dei muri, ma per costruire la vita del proprio figlio, qui, nella sua terra.

Quel terreno oggi viene declassato. Quel sogno oggi viene negato.

E lui, da lontano, quasi con pudore, ha chiesto: Perché? Perché un piano così restrittivo? Perché si spezza la speranza di chi ha sempre creduto in questa terra?

È una domanda che pesa. Pesa come un macigno, perché dietro c’è molto più di una particella catastale o una destinazione d’uso. C’è una storia. C’è un padre. C’è un figlio. C’è il sogno di restare. Come lui, tanti altri.

Restare. È questa la parola chiave. Non solo tornare: restare. Restare a vivere, lavorare, crescere, costruire. Restare nella propria terra, quella che ci ha visti nascere. Perché nessuno sceglie a cuor leggero di andare via. Spesso si va via per necessità, non per volontà.

E allora io mi chiedo – e vi chiedo – che senso ha un piano che, invece di costruire, cancella? Che senso ha progettare il futuro se quel futuro lo tagliamo fuori proprio ai nostri giovani?

Questo PUG, così com’è, rischia di chiudere porte, non di aprirle. Rischia di lasciare indietro chi aveva ancora il coraggio di crederci.

Forse a qualcuno non importa tutto ciò, ma alla nostra generazione e a quella futura Si

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Videomaker, Fotografo, Giornalista ed esperto di marketing digitale. Tutto questo dopo aver vissuto dieci anni a Bologna ed esser tornato in Salento. Oggi dirigo la redazione di Ozanews, la comunicazione di Ugento Calcio e le iniziative di Officine Multimediali ETS mentre continuo a lavorare per i miei clienti storici.

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