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Politica

Il canto del cigno di Massimo Lecci

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Si è tenuto ieri mattina alle ore 9:30, presso l’auditorium della scuola media del Comune di Ugento, il Consiglio comunale straordinario monotematico richiesto dalle opposizioni, con all’ordine del giorno l’emergenza rifiuti che da mesi affligge la città. Un Consiglio atteso e necessario, che ha avuto il merito di portare alla luce le reali cause dell’inefficienza del servizio e di delineare responsabilità ben più complesse di quanto fino ad oggi raccontato.

Non si tratta, come qualcuno aveva provato a insinuare, di problemi legati al lavoro degli operatori ecologici o della nuova ditta subentrata a gennaio, né tantomeno dell’inciviltà crescente di cittadini e turisti. A chiarirlo è stato l’intervento tecnico del geometra Caprino, che ha sottolineato con precisione come i veri ostacoli siano di natura progettuale e contrattuale. I contratti in essere – redatti male, con falle evidenti – non riescono a garantire un ciclo virtuoso e sostenibile di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Contratti che, a suo tempo, sono stati approvati dal consiglio comunale con Massimo Lecci sindaco e titolare della delega all’ambiente.

Una denuncia che l’opposizione aveva già più volte sollevato, così come Tiziano Esposito, da tempo tra le voci più critiche rispetto alla gestione dei rifiuti. Ma proprio Esposito, nel momento in cui sembrava che il Consiglio stesse volgendo verso un confronto finalmente costruttivo, è stato bersaglio di un intervento dai toni accesissimi da parte del vice sindaco Massimo Lecci, che ha fatto letteralmente saltare il clima di collaborazione respirato fino a quel momento.

Con un discorso che ha assunto più i tratti di un comizio elettorale che non quelli di una replica istituzionale, Lecci ha attaccato duramente la minoranza, rompendo ogni forma di dialogo e scegliendo la strada dello scontro. Il vice sindaco ha rivendicato i suoi 25 anni di potere come un mandato conferito “dalla maggioranza dei cittadini”, dimenticando – o omettendo consapevolmente – che alle ultime elezioni il suo consenso elettorale è arrivato solo da una esigua minoranza dei votanti. La sua elezione è infatti il risultato della legge elettorale che non prevede il doppio turno e che ha consentito a Lecci di vincere in un quadro frammentato, con quattro liste in corsa.

Ma ciò che ha maggiormente colpito è stato il tono e il contenuto delle sue parole. Massimo Lecci si è lasciato andare a pesanti insinuazioni di carattere personale nei confronti di Tiziano Esposito e della Protezione Civile di Ugento, trasformando un momento di confronto istituzionale in un attacco personale scomposto e inaccettabile. Accuse che, per toni e modalità, mi ricordano più una chiacchierata da bar che il dibattito politico in un’aula consiliare, svilendo il ruolo e la dignità dell’intero Consiglio comunale.

Non è, d’altronde, la prima volta che Massimo Lecci si rende protagonista di queste uscite e sparate. È uno stile politico che lo ha caratterizzato fin dall’inizio della sua lunga carriera, iniziata 30 anni fa, fatto di toni accesi e attacchi diretti, ma che oggi appare sempre più fuori dal tempo. Un modo di fare politica che non risponde più alle esigenze di una comunità provata, che fa i conti con un tessuto sociale ed economico lacerato.

Le attività commerciali continuano a chiudere con numeri certificati dalla camera di commercio, i giovani continuano ad emigrare come testimoniato dai dati AIRE, la spazzatura è diventata parte integrante del paesaggio urbano e questo lo stiamo vedendo tutti con i nostri occhi. La Xylella ha distrutto l’unico comparto che poteva garantire lavoro anche d’inverno, e che avrebbe potuto rappresentare un’alternativa reale alla dipendenza dal turismo di massa, senza che nessuno prevedesse per tempo le giuste controindicazioni. La situazione sociale è al limite, e in particolare la frazione di Gemini, perennemente ostaggio di beghe e contese politiche eterodirette e che sta diventando una vera e propria polveriera. Tutto questo nonostante centinaia di milioni di Euro spesi in progetti e bandi che nella maggior parte dei casi hanno prodotto opere pubbliche abbandonate.

Il nervosismo di Lecci è stato palpabile, così come la sua difficoltà a gestire una situazione che pare sfuggirgli di mano. Il suo discorso finale, per contenuti e toni, ha segnato una vera e propria caduta di stile, ma ha anche reso chiara una cosa: la barca sta affondando. E mentre alcuni pezzi della maggioranza cominciano a guardarsi intorno, il vice sindaco appare sempre più isolato, prigioniero di una narrazione personale che non regge più il confronto con la realtà.

Quello andato in scena ieri in consiglio, più che un attacco, è sembrato il canto del cigno di Massimo Lecci, che – qualora decidesse di ricandidarsi nella prossima consigliatura – sembra inevitabilmente destinato a sedere tra i banchi dell’opposizione. Il nervosismo, le parole fuori luogo, l’aggressività politica non sono che il segnale di chi fiuta l’imminente tramonto del proprio potere.

E mentre i cittadini attendono soluzioni concrete, la politica locale si scopre ancora una volta prigioniera di personalismi e rancori. Ma la città, come sempre, guarda avanti. E lo farà, presto o tardi, anche senza Massimo Lecci.

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Videomaker, Fotografo, Giornalista ed esperto di marketing digitale. Tutto questo dopo aver vissuto dieci anni a Bologna ed esser tornato in Salento. Oggi dirigo la redazione di Ozanews, la comunicazione di Ugento Calcio e le iniziative di Officine Multimediali ETS mentre continuo a lavorare per i miei clienti storici.