Lavoro ed Economia
Turismo canino: un’altra occasione persa per Ugento

Una lettrice ci ha scritto su Instagram raccontando la sua esperienza alla Bau Beach di Torre Mozza: un tratto di appena 150 metri, stretto, non pianeggiante e difficile da raggiungere, dove i proprietari di cani devono arrangiarsi per trovare spazio senza disturbare altri animali o bagnanti.
«Ho un cane considerato razza pericolosa, ma è dolcissimo. Lo gestisco con attenzione, porto sempre i sacchetti e non lo lascio avvicinare a nessuno senza consenso. Eppure — racconta — devo fare i conti con l’idea che, in un territorio ricco di spiagge, chi viaggia con il proprio amico a quattro zampe abbia solo questo piccolo angolo poco accogliente».
Questa testimonianza non è isolata. E apre un tema che riguarda non solo la vivibilità delle nostre spiagge, ma anche l’economia turistica di Ugento.
Il turismo cinofilo: un mercato che non è più una nicchia
Secondo i dati più recenti, il turismo “pet-friendly” in Italia vale circa 360 milioni di euro l’anno solo per la parte legata alle vacanze. Se allarghiamo lo sguardo alla pet economy nel complesso — prodotti, alimentazione, cure, servizi — si superano i 6,8 miliardi di euro di spesa annuale.
Il comparto è in forte crescita: tra il 2023 e il 2030, il fatturato dei servizi per animali in Italia passerà da 628 milioni a oltre 1,1 miliardi di euro, con tassi annui vicini al 9%. Anche il segmento dei viaggi con animali è in espansione: +9,4% previsto nei prossimi cinque anni.
Un numero che parla da solo: quasi una famiglia italiana su due possiede un cane e una quota significativa sceglie le vacanze in base alla possibilità di portarlo con sé. Non si tratta più di una “nicchia”, ma di un target turistico a pieno titolo.
Gli altri paesi investono e promuovono, Ugento resta indietro
In Puglia esistono lidi e stabilimenti che hanno fatto del turismo cinofilo un punto di forza. Eden Salento Agri Beach, SoleLuna Lido Bau Beach, Lido Coiba e Santos Bau Beach sono solo alcuni esempi di strutture che, oltre ad offrire spazi ampi e ben curati, hanno costruito attorno a sé un’immagine riconoscibile, facendo promozione sui social, partecipando a fiere del settore e inserendosi nei circuiti nazionali delle destinazioni pet-friendly.
Ugento, al contrario, pur avendo coste tra le più belle del Salento, sembra non voler sfruttare questa opportunità.
La Bau Beach di Torre Mozza non solo è ridotta e poco accessibile, ma non è adeguatamente segnalata né pubblicizzata. Non esiste un piano di marketing turistico che punti su questa risorsa, così come manca una strategia complessiva di promozione del territorio — un problema che si ripete in altre aree: dalle attività culturali alle manifestazioni sportive, passando per le eccellenze gastronomiche.
Quest’estate a Ugento non sta andando bene. I numeri sono impietosi: per la prima volta in vent’anni, i dati turistici segnano un calo netto, in contrasto con le parole di soddisfazione espresse dalla politica e dalla propaganda dell’amministrazione comunale.
Già lo scorso anno si preferì presentare dati evidentemente fallati piuttosto che affrontare con serietà la dura realtà dei fatti.
Il problema è strutturale: Ugento ha sempre più difficoltà ad attirare turisti, e il calo di quest’anno lo conferma.
In questo contesto, la pet economy sarebbe potuta essere un’ottima leva per mitigare l’impatto della crisi: un settore in crescita, capace di intercettare un target specifico e fidelizzato. Un’occasione, però, lasciata cadere nel vuoto dalla politica ugentina, che continua a mostrarsi forte solo nella propaganda e nella poesia, debole nella programmazione e nei risultati concreti.
Un’occasione per il turismo, il decoro e l’immagine della città
Estendere e attrezzare adeguatamente le spiagge per cani significherebbe:
- intercettare un flusso turistico disposto a spendere di più per servizi dedicati;
- migliorare il decoro urbano e la gestione degli spazi pubblici;
- dare un’immagine moderna, accogliente e al passo con le tendenze del mercato;
- fidelizzare visitatori che, trovandosi bene, tornerebbero ogni anno.
Le spese di realizzazione sarebbero contenute rispetto al ritorno economico e di immagine. Basterebbero aree ombreggiate, punti d’acqua, docce per cani, cestini e cartellonistica multilingue, oltre a una campagna di promozione mirata.
Il problema non è solo “quanto” spazio dare ai cani e ai loro padroni, ma come si pianifica lo sviluppo turistico. Ugento paga una cronica mancanza di programmazione e di comunicazione: mentre i comuni vicini puntano su brand forti e iniziative mirate, qui le risorse restano frammentate e sottoutilizzate, se non per i soliti affidamenti diretti destinati sempre e solo alle solite associazioni.
In un contesto in cui il turismo è sempre più segmentato e specializzato, ignorare il pubblico pet-friendly significa rinunciare a una fetta importante di presenze e di fatturato.
E la domanda finale è inevitabile: quanto tempo dovrà ancora passare prima che Ugento inizi a valorizzare davvero ciò che ha, invece di lasciare che siano altri a farlo?