Ambiente e Territorio
L’arrivo del gambero killer a Ugento e gli appelli inascoltati

Oggi il Quotidiano di Puglia dedica spazio a un nuovo pericolo che incombe sui bacini del parco naturale regionale “Litorale di Ugento”: il gambero rosso della Louisiana, ribattezzato “gambero killer”, una specie aliena che si sta diffondendo silenziosamente e che rischia di stravolgere l’ecosistema delle zone umide ioniche. L’articolo, firmato da Pierangelo Tempesta, dà voce a un pescatore e a un tecnico ambientale che hanno lanciato l’allarme dopo i primi ritrovamenti.
Ma la verità è che non si tratta di una scoperta improvvisa. Già sei anni fa qualcuno aveva visto arrivare il problema e ne aveva denunciato i rischi. Si tratta della guardia ambientale Francesco Chetta, amico e collaboratore della nostra testata, che segnalò con chiarezza la presenza del gambero killer nei canali di bonifica di Melissano. A raccogliere e pubblicare quella denuncia fu il giornalista Marco Montagna, in un articolo che, riletto oggi, suona come una profezia ignorata.
Chetta spiegava, senza giri di parole, che questa specie è onnivora e vorace: si nutre di piante acquatiche, alghe, insetti, uova, girini e anfibi, riducendo al silenzio la biodiversità locale. Dove arriva lui, non c’è spazio per altro. E aggiungeva che la sua capacità di adattamento e riproduzione lo rende un invasore difficile da fermare. Parole che, col senno di poi, suonano drammaticamente attuali.
La storia del gambero rosso della Louisiana non è solo quella di un crostaceo “alieno” che ha trovato terreno fertile nel Salento, ma anche quella di un territorio lasciato senza strumenti di difesa. Il Consorzio di bonifica e il Comune di Ugento non hanno fatto nulla per affrontare per tempo il problema. La politica ha preferito guardare altrove, la stampa più compiacente lo ha relegato a notizia marginale, e così un fenomeno che poteva essere contenuto si trasformerà in una nuova emergenza.
Gli effetti sono noti e documentati anche altrove. In Italia e in Europa, il Procambarus clarkii ha già causato danni enormi. Scava tane che erodono argini e canali, compromettendo la stabilità di intere aree di bonifica. Aumenta la torbidità delle acque e riduce l’ossigeno, favorendo alghe nocive e rendendo invivibili gli habitat. Preda uova e piccoli animali, mettendo a rischio il futuro di specie autoctone, tra cui il nostro gambero di fiume europeo. Non solo: è anche portatore della cosiddetta “peste del gambero”, un fungo letale che ha sterminato popolazioni di crostacei autoctoni in mezza Europa.
Basta guardare ad altri contesti per capire che non si tratta di un allarme esagerato. Al Lago Trasimeno, in Umbria, l’arrivo del gambero killer ha sconvolto la catena alimentare e compromesso intere comunità acquatiche. In Spagna e Portogallo, la sua proliferazione ha messo in ginocchio sia le zone umide sia le risaie, generando danni economici per milioni di Euro oltre che ambientali.
Chetta lo aveva detto, e Montagna lo aveva scritto. Ma nessuno ha ascoltato. Oggi, invece, siamo costretti a fare i conti con una realtà che non si può più ignorare. Nei bacini di Ugento il gambero killer è già presente, e ogni giorno che passa rafforza la sua posizione, rendendo sempre più difficile – se non impossibile – un contenimento efficace.
Questo caso è l’ennesima prova di come l’inerzia delle istituzioni e la superficialità con cui vengono trattati i temi ambientali possano avere conseguenze devastanti. Non è solo una questione di natura e biodiversità: in gioco ci sono anche la tenuta delle infrastrutture idriche, l’economia legata al parco, la salute delle comunità che vivono in simbiosi con questo territorio.
La domanda, a questo punto, è inevitabile: quanto avremmo potuto risparmiare in danni e risorse se sei anni fa si fosse dato ascolto a chi aveva visto arrivare il pericolo?
Oggi il Comune di Ugento e la Regione Puglia dovranno affrontare un altro fronte caldo nella gestione del parco naturale che continua a vedere la riduzione delle specie faunistiche al suo interno. Ma questa volta non potranno dire di non sapere: perché l’allarme c’era già stato, forte e chiaro. E non ascoltarlo è stata una responsabilità precisa.