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Cronaca

Cassazione: confermate le condanne per il deposito incontrollato di posidonia a Ugento

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La Terza Sezione penale della Corte di Cassazione ha depositato la sentenza n. 29543 con la quale ha confermato, salvo limitati aspetti, le condanne nei confronti di quattro ex dirigenti del Consorzio di Bonifica “Ugento – Li Foggi” per il deposito incontrollato di posidonia e sabbia lungo il litorale di Ugento.

I giudici hanno riconosciuto la responsabilità di Vito Caputo (direttore generale), Alfredo Borzillo (commissario del Consorzio), Giuseppe Corti (direttore dell’area tecnica) ed Edoardo Lannocca (capo settore tecnico e Rup), accusati di aver gestito per anni, senza autorizzazioni, gli accumuli di posidonia derivanti dalla disostruzione del cosiddetto “canale a marea” che collega Torre Mozza e Torre San Giovanni al mare.

Secondo l’accusa, confermata in buona parte anche dai giudici di legittimità, il materiale – circa 80 metri cubi di sabbia e posidonia – era stato depositato con mezzi meccanici in area demaniale sottoposta a vincolo SIC (Sito di Interesse Comunitario), deturpando le bellezze naturali del “Litorale di Ugento”( da notare come il materiale si trova ancora oggi nel medesimo posto).

Il Tribunale di Brindisi, nel luglio 2024, aveva inflitto pene pecuniarie tra i 4.500 e i 6.500 euro di ammenda per i diversi imputati, escludendo responsabilità penali solo per Silvia Palumbo, all’epoca direttrice tecnica, assolta perché “non aver commesso il fatto”.

La Cassazione ha respinto gran parte dei ricorsi difensivi, chiarendo che:

  • la posidonia spiaggiata, se non gestita correttamente, rientra a pieno titolo nella disciplina dei rifiuti;
  • le linee guida regionali non possono derogare alla normativa statale in materia ambientale;
  • i dirigenti e i vertici del Consorzio avevano l’obbligo di vigilare e di assicurare la regolare gestione del materiale rimosso, non potendo giustificarsi con la semplice emergenza o con la mancanza di poteri diretti.

Accolti, invece, i rilievi difensivi solo in parte: la Suprema Corte ha escluso la sussistenza del reato di danneggiamento del paesaggio (art. 734 c.p.) e ha disposto un nuovo esame in merito alla concessione dei cosiddetti “doppi benefici” (sospensione condizionale della pena e non menzione).

La vicenda riporta al centro il tema della gestione della posidonia oceanica, considerata al tempo stesso una risorsa naturale fondamentale per la difesa delle coste e una sostanza che, se accumulata in maniera incontrollata, diventa rifiuto da smaltire secondo le regole.

Con questa decisione la Cassazione ribadisce che la tutela dell’ambiente, specialmente in aree sottoposte a vincolo, deve prevalere sulle prassi emergenziali e che anche enti pubblici come i Consorzi di bonifica non possono sottrarsi alle responsabilità penali derivanti da una gestione impropria.

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