Politica
Ugento e Gemini hanno bisogno di democrazia

Un titolo volutamente dai mille significati e dalle mille interpretazioni. La democrazia esiste nel nostro territorio. Ovvio, perché altrimenti le elezioni amministrative non avrebbero nessun valore legale. Una democrazia continuerà ad esistere anche negli anni avvenire. Ogni tornata vede perdenti e vincitori, sebbene, nella piena legittimità, capiti talvolta che la minoranza numerica degli elettori ottenga la “maggioranza politica” per amministrare. L’attuale consigliatura si contraddistingue proprio per questo aspetto e soprattutto per l’elevata percentuale di astensionismo. Un dato preoccupante che invita tutti ad una seria riflessione!
Shirin Ebadi, avvocato e pacifista iraniana premiata nel 2023 con il premio Nobel per la pace per i suoi significativi e pionieristici sforzi per la democrazia e i diritti umani, su tutti i diritti delle donne, dei bambini e dei rifugiati, prima persona del suo Paese e prima donna musulmana a ottenere tale riconoscimento, nel corso di un’intervista si è così espressa: “La democrazia è un fiore che va innaffiato costantemente. Non basta votare, bisogna prendersene cura monitorando il lavoro degli eletti, partecipando alla vita pubblica”.
Sul piano politico ognuno è libero di fare le proprie considerazioni. Guai se così non fosse! Avere le proprie aree di appartenenza e di dare interpretazioni evidentemente personali, ma non personalistiche perché un elemento che ha fortemente condizionato l’esercizio democratico nella nostra comunità si è cristallizzato nella sola forza numerica della maggioranza (politica!), di volta in volta espressa nei Consigli comunali degli ultimi 25 anni. È un dato di fatto da cui non si può sfuggire, né, men che meno, è nascondibile nelle sabbie mobili dell’indifferenza, del routinario “lavarsi le mani”, ormai prassi incancrenitasi nelle coscienze di una gran numero di cittadini.
Credo sia arrivato il momento in cui, come comunità e come singoli facenti parte, non esclusi i componenti dell’attuale Consiglio comunale, occorra porsi delle domande: coltiviamo costantemente il fiore della democrazia? Vogliamo accontentarci solo di votare? Da cittadini e da contribuenti, monitoriamo il lavoro dei nostri eletti con la partecipazione alla vita pubblica?
Non sempre le responsabilità sono addebitabili agli amministratori, benché gravi su costoro la fetta più grossa. Allo stesso modo non sempre sono addebitabili agli elettori, che spesso per pigrizia, per mancanza di coraggio, per piacere di stare sull’uscio della porta a guardare senza sporcarsi le mani, come diceva il venerabile Don Tonino Bello; per timore di essere tacciati di partigianeria non gradita dall’eletto, correndo il rischio di non lavorare o di non far occupare un parente, di non avere un incarico professionale, si è ormai irrimediabilmente estromesso dalla partecipazione pubblica e dalla gestione del proprio territorio. È consuetudine divenuta sistema accomiatarsi a questo o quel contentino, abbassando la testa, auto ferendosi nella propria dignità e sconfessandosi sul piano del libero pensiero.
Alexis De Tocqueville, dopo la sua esperienza di studio in America, rimarcava la necessità di doversi educare alla democrazia. Non nascondiamoci dietro un dito e non siamo ipocriti. Alziamo le orecchie e guardiamoci negli occhi da persone serie e responsabili. Indipendentemente dai risultati elettorali degli ultimi anni che hanno visto vincere e confermare “l’uomo della provvidenza”, perché di questo si tratta, oltre all’azione educativa, è stata mortificata e compromessa la capacità e la forza di acquisire consapevolezza nel praticare la democrazia attraverso il metodo democratico. Parole forse complicate, concetti da scienziati della politica, ma evidentemente semplici perché significano l’essere e il rendere partecipi tutti i cittadini alla vita amministrativa del Comune. Libertà e autonomia sono un diritto inalienabile della persona. Espressioni della dignità umana e cristiana. Essere autonomi nel pensiero e nell’azione giornaliera implementa la democrazia, che altrimenti sarebbe meramente formale, come quella che ormai viviamo da diversi anni, laddove si registra il primato degli interessi di pochi, quindi personalistici, a danno di quelli generali, che toccano ognuno di noi. Il Comune è l’istituzione più prossima alla persona. Ecco perché deve essere il luogo dove matura la pratica del metodo democratico. Gli ugentini e i geminiani devono contrapporsi all’idea pietrificatasi che il Comune sia mero ente decentrato. La casa municipale deve tornare ad essere cellula politica ove siano presenti e rappresentati i diritti e i doveri di tutti. Nel suo essere al servizio della comunità, il Comune è creato dalla comunità stessa, la quale, a sua volta, è riducibile alle persone che devono animarla. L’esercizio democratico si disvela fondamentale per tagliare le radici secche dell’albero dell’autarchia strutturatasi in questi anni, per cui il Comune deve essere l’istituzione che, più vicina alla persona, può meglio comprendere quali siano le sue difficoltà e i suoi problemi, raccogliendone le istanze di guisa che garantire un più efficace intervento per risolvere le problematiche di un determinato territorio. L’ascolto e la partecipazione devono essere per tutti. Le paratie stagne non servono! Serve quella democrazia di cui Ugento e Gemini hanno un disperato bisogno.