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Attualità

Solo un rumoroso silenzio

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Ci sono poche persone che a seguito della tragica uccisione di Giulia Cecchettin non siano turbate. I turbamenti interiori possono differenziarsi a seconda del ruolo che ognuno occupa nella propria comunità. Sul piano emozionale, si è differentemente investiti perché oltre ad essere cittadino/a, si è anche genitore, fratello, sorella, nonno, amico, zia e soprattutto mamma e padre. In questi giorni di grande discussione, di sgomento, di dolore che toglie il respiro per lasciare spazio a qualcosa che è evidentemente di più delle lacrime, ho cercato con difficoltà di osservare questo fatto sociale da una prospettiva sociologica e criminologica. Ho letto e ascoltato le reazioni di senso comune; dai colleghi, agli amici, fino ai parenti. A mio avviso sono due le domande da porsi; perché è successo? Perché non parliamo mai della vittima?

Mi sono reso conto che non esiste una sola risposta, ma tante proposte di risposta ad un problema molto complesso come il femminicidio, che come tale va inquadrato nella giusta dimensione. Senza strumentalizzazioni o tentativi di avviare inutili e futili battaglie ideologiche che nulla hanno a che fare con la realtà, che invece mi porta a ritenere che per poterla capire occorre prenderla da più prospettive. Significa osservarla e guardarla (osservare e guardare sono due verbi simili che esprimono azioni diverse!) dall’alto, come direbbero i funzionalisti, dal basso come fanno gli interazionisti, ma inevitabilmente nel mezzo come ha insegnato il grande sociologo Norbert Elias nella sua più importante opera Il processo di civilizzazione. Ritengo quindi che il problema “femminicidio” debba essere preso e affrontato sistemicamente perché le notevoli variabili con cui si struttura, richiedono interventi che devono arrivare da tutti i ranghi, non potendosi ritenere valida l’idea che sia strettamente dipendente dall’esistenza in Italia di una cultura patriarcale ormai scemata e rivoluzionata dalle indubbie conquiste di libertà della donna (fortunatamente!). 

Se per Elias la civilizzazione altro non è che una pressione crescente e sempre più invasiva da parte della società sul singolo, che impara a reprimere sempre più sé stesso, per non disgustare gli altri, per non essere da meno, e, in sostanza, per non essere emarginato, non vi è dubbio che quella stessa società, quella in cui viviamo oggi, è il contenitore principale in cui si radicano le cause principali del problema. Il che non significa addebitarle il monopolio della responsabilità. Vengono a mancare funzionalmente le agenzie di socializzazione, quindi di interiorizzazione delle norme, che un tempo consentivano di condividere su una piattaforma comune valori, tradizioni, identità, prospettive, sogni, aspettative, etc. Condivido la riflessione del dott. Gratteri per il quale i reati di “femminicidio” sono il risultato dell’abbandono dei giovani da decenni, di cattiva educazione, di egoismo dei genitori che non seguono i figli (per varie ragioni), di un’esagerazione nella performance, nella prestazione dei figli. Chi commette efferatezze di genere ha evidentemente interiorizzato ciò che va a indebolire quello stato mentale che Sigmund Freud individua come “Super-Io”. Il rappresentante dei più alti ideali etici e morali che gli esseri umani coltivano. Un’entità sovrannaturale alla quale ci si appella per placare le proprie ansie, le proprie paure, gli stati d’animo di inquietudine, inducendo uno stato illusorio permanente auto ipnotico nella propria mente. Rappresenta l’origine della coscienza morale, ma non la coscienza morale che si forma attraverso un processo, piuttosto lungo di sviluppo e revisione, di critica e superamento dei codici di comportamento interiorizzati nel Super-io che inizia nell’adolescenza. Occorrono asili con personale formato e specializzato che colloquino sistematicamente con le famiglie; una scuola a tempo pieno ove cooperino insegnanti e operatori sociali a vario livello investendo seriamente nel sociale. Creare un sistema di nuove agenzie di socializzazione che applichino l’equazione Famiglia – Scuola  – Società. Apparirà azzardato ma ritengo utile ripensare il ripristino del servizio di leva per i post – adolescenti. Dice Eve Ensler, scrittrice e drammaturga che “Quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le donne, si distrugge l’energia essenziale della vita su questo pianeta. Si forza quanto è nato per essere aperto, fiducioso, caloroso, creativo e vivo a essere piegato, sterile e domato”. Lasciamo i social e abbracciamo i nostri figli, perché tornino a desiderare, a conquistare, a sognare, a costruire. Ne vale la pena!

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