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Riflettiamo e lasciamo le difese d’ufficio

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Riflettiamo e lasciamo le difese d'ufficio
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Ci sono alcuni punti dell’editoriale dell’amico Riccardo Primiceri, pubblicato giorni fa, che non mi trovano d’accordo. Spiego brevemente il perché. 

Intanto quello compiuto ritengo sia comunque un gesto vile e offensivo. L’imbrattamento dei nostri beni culturali non può passare come la classica “ragazzata”. Bene inteso che ognuno è libero di schierarsi a difesa di chiunque, non condivido questa difesa d’ufficio perché occorre crescere nel rispetto di sé stessi, se, come questi ragazzi imbrattano, intenderebbero difendere un’identità che probabilmente dovrebbero imparare a conoscere e poi nel rispetto della legge che richiede l’osservanza di regole del vivere sociale. Mi viene difficile pensare che in casa loro possano compiere tali “ragazzate”. Non credo ci sia nessuno che possa aver pensato minimamente che per questo gesto, intriso anche di stupidità, debbano essere destinati al confino. Proprio Beccaria, di cui “sentiamo la voce lontana”, per dirla alla Calamandrei (sarebbe utile per costoro ascoltare il suo discorso ai giovani milanesi del 1955!), teorizzò il concetto di rieducazione del deviante, in quella che i criminologici annoverano come “scuola classica”. Penso che sia troppo facile biasimare gli adolescenti per la semplice ragione che è un dovere farlo, laddove, proprio la devianza si manifesti sul piano della “collisione della struttura etica o dominante di una collettività”, da cui deve inevitabilmente discendere una disapprovazione o condanna dell’ambiente socioculturale. Ci stanno anche gli errori giovanili. Ci mancherebbe! Non mi è mai passato per la mente di rovinare un qualcosa che appartiene a tutti e che è pagato con le tasse dei contribuenti. Pensavo già “allu scornu” che gli estranei mi avrebbero causato con il loro pubblico rimprovero. Senza contare la reazione dei miei genitori, che sicuramente non mi avrebbero accontentato in qualche mio desiderio. Siamo stati tutti adolescenti, dacché l’approccio seguito mi pare si confini un po’ troppo in quel permissivismo che, vista la realtà di oggi, non è più tollerabile. Concordo appieno sulla prima domanda da porsi, ovvero su quale sia l’offerta a questi ragazzi. Ne pongo però un’altra: può essere giustificato l’imbrattamento di un bene culturale perché il comune non crea degli spazi per gli adolescenti? 

Sono stati Matza e Sykes ad individuare le “tecniche di neutralizzazione”. Da un lato si prova a legittimare il proprio operato affermando come non si sia arrecato, in fondo, un danno serio; e dall’altro si cancella l’esistenza della vittima, che in questo caso non c’è fisicamente ma è identificabile con un bene collettivo a carattere diffuso, e, quindi, di un’azione che possa aver prodotto disagio a qualcuno.   

A fronte poi dei problemi sugli impianti sportivi, c’è sicuramente molta strada da fare. Altrettanto per l’offerta culturale, ma non può giustificarsi la devianza con ragioni di assenza di opportunità ed offerte di impegno del proprio tempo. La droga è criminologicamente e sociologicamente un atto deviante come insegna Becker. La stessa logica che è insita nella subcultura che anima le baby gang. Su tutti l’arcinoto fenomeno “maranza”.

Il nostro “sistema culturale” ha presentato per anni indiscutibili criticità. Inaccettabili considerati i fondi pubblici impegnati. Oggi, tuttavia, la situazione è decisamente migliorata. Tutto è ovviamente migliorabile, ma ritengo pretestuoso, seppure legittimamente, ridurre il tutto ad una trasformazione in ludoteca, considerato che l’attuale gestione ha generato fermento culturale, non sempre colto dagli ugentini, organizzando eventi e attività, di assoluto valore culturale e sociale, che possono o meno piacere. Occorre lavorare insieme affinché Museo e Biblioteca diventino un polo di attrattività popolare, ove si sentano parte votanti e non votanti e ci si sforzi di includere gli adolescenti in ogni occasione di crescita sociale e culturale, riparando eventualmente quelle finestre rotte che evidentemente non dovrebbero essere rotte. Anche perché occorre reprimere gli atti adolescenziali compiuti a danno di tutti. Lasciamo stare le difese d’ufficio (legittime), riflettiamo e concentriamoci su di loro, consapevoli, qualora necessario, di doverli rimproverare e redarguire pubblicamente. Il che non significa scaricare frustrazioni da falliti perché ogni adulto si sente realizzato a suo modo, rispondendo solo a sé tesso e alla propria coscienza.

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