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Import in crescita: “Sempre meno grano italiano nei nostri piatti”

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Il dato più preoccupante arriva dalle statistiche: nei primi sette mesi del 2025, secondo Anacer (Associazione Nazionale Cerealisti), le importazioni di grano duro sono aumentate del 7,32% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo 1.665.000 tonnellate.

Oggi, soltanto il 54,8% del grano duro utilizzato in Italia è di produzione nazionale, mentre il 45,2% arriva dall’estero.

“Noi non contestiamo l’importazione di una parte del grano necessario all’industria della pasta”, chiarisce Angelo Miano, presidente di CIA Capitanata, “ma se la produzione italiana continua a essere in perdita e la parte industriale sabota ogni tentativo di riequilibrio, presto il grano estero sarà maggioritario. Così l’Italia perderà redditività, occupazione e autonomia alimentare. In queste condizioni, potremo ancora definire la nostra pasta come realmente italiana?”.

“Un tempo Foggia era il granaio d’Italia – aggiunge Miano – oggi, con costi insostenibili e margini azzerati, coltivare grano è diventato quasi proibitivo. Le superfici si riducono anno dopo anno”.


De Noia: “A rischio un patrimonio millenario”

Allarme anche dal territorio del Levante barese e della BAT, dove la coltura del grano duro è parte integrante dell’identità economica e culturale. “La cerealicoltura da noi è tradizione e innovazione, lavoro e qualità”, sottolinea Giuseppe De Noia, presidente di CIA Levante Bari-Bat. “Sta però diventando insostenibile continuare a produrre in perdita. Così si mette a rischio un patrimonio che è parte della storia stessa della nostra civiltà”.


La battaglia della CIA: “Solo pasta 100% grano italiano”

Lo scorso 1° ottobre, CIA Puglia ha denunciato all’ICQRF (Istituto per il Controllo della Qualità e la Repressione delle Frodi) le pratiche sleali che contribuiscono all’abbassamento artificiale dei prezzi del grano italiano, sotto la soglia dei costi di produzione.

Dal 2022 il prezzo del grano duro per i produttori è crollato del 44%, mentre la pasta è aumentata del 23% e il pane del 30%.
Una sproporzione che mostra come il peso della crisi gravi tutto sul settore agricolo.

CIA ha già promosso una petizione nazionale che ha raccolto 100mila firme per chiedere maggiore tutela dei cerealicoltori e più trasparenza nei processi produttivi. In Puglia, 50 comuni del grano, per un totale di 1.440.000 cittadini, hanno aderito alla mobilitazione.

“Chiediamo ai consumatori di scegliere solo pasta prodotta al 100% con grano italiano”, conclude Sicolo. “Serve tracciabilità e trasparenza totali. Importare una parte del grano è normale, ma sostituire progressivamente quello italiano è una follia: significa danneggiare la nostra economia, la nostra sovranità alimentare e la storia millenaria della cultura del grano nel nostro Paese”.

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