Quando il risparmio diventa una trappola: un caso di Ugento

Ugento, 2008. Una giovane donna appena maggiorenne, come tanti altri cittadini fiduciosi nel sistema postale italiano, decide di mettere da parte una piccola somma. Un gesto semplice, carico di significato: 1.500 euro investiti in due buoni postali fruttiferi acquistati direttamente presso l’ufficio postale del suo paese. Nessuno l’avvisa che quei titoli, apparentemente destinati a crescere nel tempo, sarebbero evaporati nel nulla 18 mesi dopo. Nessuno le spiega che quei buoni appartengono alla serie 1H8, una tipologia particolare, con una scadenza lampo e un destino beffardo.

Non riceve alcuna informazione scritta. Nessun foglio illustrativo, nessuna scadenza indicata sul titolo, nessuna spiegazione del termine “prescrizione”. Passano tredici anni. È il 2021 quando, con la fiducia di chi sa di aver fatto la cosa giusta, la risparmiatrice si presenta all’ufficio postale per riscuotere quanto le spetta. Ma qui arriva la doccia fredda: i suoi buoni sono scaduti da più di dieci anni. I suoi soldi? Svaniti.

Decide così di rivolgersi all’avvocato Stefano Potenza di Casarano e al dott. Sergio Casciaro di Ugento, professionisti che hanno già affrontato casi simili. Parte la battaglia legale. Poste Italiane, come in centinaia di altri casi, nega ogni responsabilità. Ma il Giudice di Pace di Ugento, la dott.ssa Antonella Santoro, con una sentenza destinata a fare scuola, ribalta il tavolo: pur riconoscendo la prescrizione del titolo, condanna Poste al risarcimento dell’intera somma investita.

La motivazione è chiarissima: Poste non ha rispettato i propri doveri informativi. Non ha detto alla cliente che i suoi risparmi sarebbero durati appena un anno e mezzo. E per questo deve rimborsare. Una verità lapidaria, che trova eco in tanti altri provvedimenti: a Monza, a Torino, a Roma. Giudici che, uno dopo l’altro, stanno dando voce a migliaia di piccoli risparmiatori traditi. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nel 2022, ha già sanzionato Poste con una multa di 1,4 milioni di euro proprio per queste pratiche scorrette.

Il caso ugentino, però, ha una valenza particolare. Perché mostra come anche in un piccolo comune del basso Salento, dove spesso la fiducia verso le istituzioni è più radicata che altrove, possa maturare una consapevolezza nuova. Il diritto all’informazione, alla trasparenza, alla giustizia. E soprattutto il diritto a non essere trattati come numeri su un estratto conto.

Chi oggi si riconosce in questa storia – e possono essere tanti, anche ad Ugento – sa di non essere solo. Sa che una via legale esiste. E che, come dimostra questa sentenza, chi è stato vittima di una cattiva informazione da parte di un colosso come Poste Italiane può, con pazienza e competenza, ottenere giustizia.

Ciò che resta, in fondo, è un messaggio semplice: i risparmi non sono solo soldi. Sono speranze. E nessuna speranza merita di finire stracciata in silenzio.

La proposta per il tribunale del Sud Salento

L’avvocato Alberto Ghezzi di Ugento si fa portavoce di una proposta ambiziosa e di grande impatto per il territorio del Sud Salento: l’istituzione di un tribunale dedicato. L’idea, frutto di una riflessione condivisa con un nutrito gruppo di operatori della giustizia della zona, punta a rispondere alla crescente domanda di servizi giudiziari e alla necessità di garantire una giustizia più vicina ai cittadini.

La proposta è stata al centro di un’intervista durante la trasmissione Open di Tele Rama, dove l’avvocato Ghezzi ha avuto modo di approfondire i dettagli della sua iniziativa, spiegandone le ragioni e i benefici.

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Nell’intervista, Ghezzi ha sottolineato come il panorama nazionale stia mostrando un’inversione di tendenza rispetto alla chiusura dei tribunali avvenuta negli anni passati. Esempi di sedi giudiziarie riaperte dimostrano che, quando le esigenze del territorio lo richiedono, è possibile riconsiderare decisioni precedenti e ristabilire presìdi di giustizia.

La chiusura di diversi tribunali in provincia di Lecce negli ultimi anni ha infatti lasciato un vuoto significativo. La mancanza di un tribunale dedicato al Sud Salento costringe cittadini, avvocati e operatori del settore a spostamenti lunghi e complessi, con un inevitabile aumento dei costi e dei disagi. Inoltre, ciò contribuisce a congestionare ulteriormente i tribunali principali, come quello di Lecce, aggravando i ritardi e complicando il già delicato funzionamento della macchina giudiziaria.

Per rendere concreta la sua proposta, sulla scorta di quanto già successo in altre realtà, l’avvocato Ghezzi ha lanciato un appello pubblico per la costituzione di un comitato che lavori attivamente verso questo obiettivo. Il comitato avrebbe il compito di raccogliere istanze, dati e adesioni da parte della comunità, degli operatori della giustizia e degli amministratori locali, puntando a dimostrare la reale necessità di un tribunale per il Sud Salento.

L’istituzione di questo tribunale rappresenterebbe una conquista significativa per il territorio, non solo in termini di accesso alla giustizia, ma anche come motore di sviluppo locale. Un presidio di questo tipo creerebbe nuove opportunità di lavoro, rafforzerebbe la rete istituzionale e garantirebbe un controllo più diretto e immediato sulle questioni giudiziarie.

In un’area che già affronta difficoltà legate alla marginalizzazione e alla carenza di servizi essenziali, un’iniziativa come questa avrebbe un impatto positivo a tutto tondo, offrendo anche un segnale di attenzione da parte delle istituzioni centrali.

Un’iniziativa lodevole quindi, che dovrà però scontrarsi con la realtà non proprio rosea in cui si trova attualmente la logistica giudiziaria italiana, che sembra non trovare aiuto nelle prossime finanziarie.

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