Il calcio ugentino in lutto: se ne va Titta Viva

Ugento è in lutto per la scomparsa di Giovambattista “Titta” Viva, una leggenda locale che ebbe l’onore di scendere in campo con il Lecce nella storica partita contro il Santos di Pelé il 24 giugno 1968. Viva, allora giovane promessa, ebbe l’onore di giocare nella partita inaugurale del rinnovato stadio Via del Mare di Lecce. Entrò in campo al 71° minuto, sostituendo Taiano, uno dei giocatori di punta della squadra salentina. Questo momento segnò l’apice della sua carriera calcistica, lasciando un ricordo indelebile in chi ebbe la fortuna di assistervi.

Quella partita, un evento significativo per la regione, vide il Lecce affrontare il rinomato Santos, guidato da Pelé, che segnò tre gol nella vittoria per 5-1. La partecipazione di Viva a quell’incontro rimane un ricordo prezioso per la comunità calcistica di Ugento.

Dopo la carriera calcistica, Viva dedicò la sua vita alla sua città natale, dove era conosciuto non solo per il suo passato sportivo, ma anche per il suo impegno nella politica locale e nelle cause sociali. Gestiva un piccolo negozio di riparazione di elettrodomestici, diventando una figura conosciuta e amata dalla comunità.

Il mio personale ricordo di Titta risale ormai ad oltre trent’anni fa, quando da bambino mio padre mi portò per la prima volta nel negozio di Titta per aggiustare il telecomando della televisione. Fu allora che mi raccontò parte di questa splendida storia: “Questo signore ha giocato con Pelè”. Ed io da ragazzino che iniziava a dare i primi calci ad un pallone neanche riuscivo a crederci.

La storia di Giovambattista Viva va oltre il campo da calcio; è il racconto di un uomo profondamente legato alle sue radici, alla sua famiglia e al suo paese. Mentre Ugento piange la sua scomparsa, ricorda non solo il calciatore che affrontò Pelé, ma l’uomo che dedicò la sua vita a fare la differenza nella vita degli altri.

Tutta la comunità di Ugento è affranta per questa perdita e porterà avanti il ricordo e l’eredità di Giovambattista Viva, un uomo che ha toccato la vita di molti, sia dentro che fuori dal campo.

In suo onore riproponiamo il tabellino originale di quella gara:

Presenti 20.000 spettatori. Il Lecce è così schierato dal nuovo allenatore Seghedoni: Bottoni (dal 81′ Candido), Vezzani (dall’84’ Cartisano), Pavoni (dall’80’ Carrozzo); Melideo, Lucci (dall’84’ De Carlo), Comola (poi Trevisan); Taiano (dal 71′ Viva), Sacchella (dal 66′ Donadei), Mammì (dal 55′ Busilacchi), Bersellini (dall’84’ Lentini), Mellina. “[…] alle sei di sera del 24 giugno 1967. La mitica squadra del Santos di Pelé sta svolgendo un tour in Italia, e il gagliardissimo presidente del Lecce, Marcello Indraccolo, fa due telefonate agli amici che contano per far scendere nel Salento il già due volte campione del mondo di calcio. Ottima idea per reinaugurare il nuovo stadio del Lecce, dopo la partita, un anno prima ma passata un po’ in sordina, contro lo Spartak Mosca […]
Il Santos andò in vantaggio al 24esimo del primo tempo, con Pelé, naturalmente, pronto a “schiacciare la palla di testa nell’angolo basso di Bottoni”, scrive Elio Donno, figura mitica del giornalismo leccese, sul Corriere dello Sport dell’epoca. Quel gol è l’essenza stessa di Pelé, il quale si solleva un metro e mezzo da terra e, in posa plastica, quasi restando immobile nell’aria, colpisce di testa. “Si era sull’1 a 1, dopo un gol di Mammì che aveva sfruttato un perfetto traversone di Mellina”, e la cronaca di Donno lascia spazio solo al Santos, alla tripletta di Pelé, e alla formazione brasiliana che si impone per 5 a 1.
[…] Ezio Candido, il portiere di riserva del Lecce, entrato, a soli diciott’anni, nell’ultima mezz’ora della ripresa. “Giusto il tempo di parare una punizione velenosissima di Pepe, l’ala sinistra del Santos e della nazionale brasiliana, con il pallone che mi rimase appiccicato sulla maglia di lana, lasciandomi l’impronta”, ricorda Candido, per anni team manager del Lecce, rievocando un calcio che non esiste più. “La preparazione all’incontro col Santos? Loro fecero una sgambata nel campetto del presidente, mentre noi andammo a piedi dallo stadio alla spiaggia, alla pineta di san Cataldo, praticamente una corsetta a passo lento di sette chilometri […] No, non credo che qualcuno conservi la maglia di Pelé: mezzo secolo fa non c’era neppure il nome dietro la maglia, e non bisognava sprecare neppure una divisa”, conclude l’ex portiere, presente con il suo Lecce e il Santos al completo alla cena post partita a base di fave e cicoria, e ciceri e tria. Mentre Pelé, sorridendo a tutti per le foto di rito, si sentiva finalmente libero dalla marcatura a uomo di Salvatore Donadeo.” (Peppe Aquaro – http://www.corriere.it)

La storia dei Falchi perde un altro simbolo: ciao Biagio

La notizia della scomparsa di Biagio Congedi è arrivata nella serata di ieri, dolorosa, inaspettata.

Impossibile per un ugentino non conoscere Biagio: da sempre impegnato per il territorio, per molti anni in prima fila nella Protezione Civile e poi attento sostenitore e promotore dello sport, tutto lo sport, nel senso più inclusivo del termine.

Il suo nome resta indissolubilmente legato ai Falchi Ugento che con Tonino Cavalera in panchina conquistarono la serie B1. Biagio faceva parte del direttivo della squadra e si occupava (tra le altre cose) delle dirette streaming. I Falchi furono i primi ad intuire le potenzialità dei social network che in quegli anni stavano iniziando a diventare popolari e proprio su quei social Biagio si era organizzato per trasmettere le partite, soprattutto in trasferta.

Arrivava prima di tutti, in palestre buie e spesso gelide in pieno inverno, oppure già brulicanti di tifosi avversari (a Alessano, Leverano e Pulsano ancora riecheggiano i cori di quelle sfide epiche) e sistemava la sua postazione con pc, telecamera e chiavetta. Affiancato dall’amico di mille colorite telecronache Martino Carluccio, lo spettacolo poteva cominciare.

Biagio non si è mai fatto fermare dalla sua malattia. Anzi, probabilmente era diventata un motivo per vivere la vita con uno sprint in più, una ragione per non smettere di sorridere e di progettare nuove sfide. Anche nei momenti più bui e debilitanti, non faceva che ripetere “quando starò meglio faremo….andremo…..”. Perché lui sapeva che prima o poi sarebbe stato meglio e l’ennesima sfida, l’ennesimo problema, l’ennesima complicazione sarebbero stati un’esperienza lasciata alle spalle.

Fino a ieri sera, quando il suo sorriso bonario si è spento. Ci mancheranno le sue battute improvvise e caustiche, ci mancherà la sua voglia di organizzare, il suo non tirarsi mai indietro, la sua urgenza di costruire, realizzare, sempre con lo sguardo al futuro. L’amore per l’Inter, la pallavolo, gli animali, c’era sempre qualcosa di cui parlare, su cui scherzare, qualcosa da condividere. E di strada, con Biagio, ne abbiamo condivisa tanta. Abbracciamo forte la moglie Giovanna, il suo angelo che gli è sempre stata accanto in tutto questo faticoso percorso.

Dopo Lallo, il PalaOzan perde un altro pezzo fondamentale della sua gloriosa storia. Ugento perde un’anima buona che ha fatto tanto per questo paese. Ciao Biagio, ci mancherai immensamente.

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