Cronaca
Ma quale rave party: chiarimenti sull’evento di Torre San Giovanni

Nelle giornate di ieri si è diffusa la notizia dello svolgimento di un presunto rave party sulle coste di Torre San Giovanni. Ma prima di addentrarci nei fatti, è opportuno partire da una definizione chiara.
Secondo il Vocabolario Treccani, infatti:
Rave party – Grande raduno di giovani, notturno, per lo più clandestino e di carattere trasgressivo, la cui ubicazione viene generalmente resa nota solo poche ore prima dell’inizio, per evitare possibili interventi delle forze dell’ordine. Si svolge all’aperto o in locali adatti ad accogliere migliaia di persone, che ballano e ascoltano musica elettronica, house o techno ad altissimo volume, e che spesso fanno uso di sostanze stupefacenti.
Come possiamo notare, dalla definizione non è assolutamente possibile affermare che a Torre San Giovanni si sia verificato alcun rave party.
I fatti: cinque ragazzi, musica bassa e nessun fuoco acceso
Al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, effettuato alle 11.30 del mattino e al quale io ho assistito di persona, sulla spiaggia erano presenti appena cinque ragazzi, la musica era a volume basso e non vi era alcun fuoco acceso. Non è stata rinvenuta alcuna sostanza stupefacente.
Si può dunque parlare, nella migliore delle ipotesi, di un evento musicale e sportivo non autorizzato, ben distante dalla descrizione di un rave.
La questione delle autorizzazioni
L’evento era stato inizialmente autorizzato dall’ufficio demanio del Comune di Ugento, salvo poi essere revocato con una determina in autotutela. Da notare che nell’autorizzazione originaria era chiaramente scritto che gli organizzatori potevano:
- effettuare la vendita di cibo;
- tenere musica;
- organizzare eventi sportivi come il kitesurf.
Un dettaglio non secondario, considerando che la zona non disponeva nemmeno di un corridoio di lancio per praticare tale sport in sicurezza.
La determina di revoca, arrivata solo sette giorni prima dell’inizio dell’evento, ha rappresentato un grave precedente: l’organizzazione aveva già sostenuto spese rilevanti per biglietti aerei, hotel e cachet degli artisti e della crew impegnata. Non è escluso, infatti, che il tutto sfoci in una causa risarcitoria contro il Comune di Ugento, accusato di aver prima autorizzato con leggerezza e poi revocato in modo intempestivo.
Altro punto critico: la determina di autorizzazione non sarebbe stata inviata via PEC alle autorità competenti, circostanza che ha contribuito a generare incertezze e contraddizioni, così come dichiarato dal denunciato nel verbale di sequestro.
Un intervento corretto e collaborativo
Va sottolineato come l’intervento delle forze dell’ordine sia stato legittimo – perché l’evento effettivamente non era autorizzato – ma anche ben effettuato. Gli agenti sono intervenuti con modi garbati e cortesi, senza che si registrasse alcun momento di tensione.
Questo dimostra che vi è stata la massima collaborazione tra tutte le parti, a conferma che non vi erano presupposti per un conflitto né per situazioni di pericolo immediato. Tuttavia, da qui a definire l’accaduto come un “grave reato” ce ne passa.
Le segnalazioni e il tema della musica
Le segnalazioni pervenute agli organi di sicurezza riguardavano la musica che, secondo alcuni, poteva risultare fastidiosa per i bagnanti e i fruitori del mare della zona. È vero che la musica ad alto volume può costituire un disagio, ma da qui a configurare un reato ce ne passa davvero tanto.
Il paragone può sembrare banale, ma rende bene l’idea: anche il sottoscritto prova fastidio quando al mare ci sono bambini che, giocando, urlano forte. Eppure, non mi è mai passato per la testa di denunciare i genitori per disturbo della quiete pubblica.
Il caso del sequestro del gruppo elettrogeno e il diritto alla spiaggia
Ulteriore nodo riguarda il sequestro del gruppo elettrogeno, che – secondo il verbale – insisteva sulla fascia dunale dietro la spiaggia. Tuttavia, accanto ad esso erano parcheggiate almeno 15 auto private nella medesima area. Se la presenza del generatore è stata ritenuta illegale, non si comprende come le automobili non abbiano subito la stessa sorte.
Qui entra in gioco una questione più ampia: il diritto di accedere alla spiaggia e quello di parcheggiare in sicurezza e legalità dovrebbero essere garantiti dalla cosa pubblica. Eppure, in quell’area questo diritto è venuto meno da tempo, a causa della grave erosione costiera che ha fatto scomparire la strada consorziale, rendendo più difficile una gestione ordinata degli accessi e dei parcheggi. Da questo si evince come il buonsenso richiederebbe un’aggiornamento del piano spiagge da parte del comune di Ugento, piuttosto che denunciare i parcheggianti.
Denuncia per deturpamento di bellezze naturali
La vicenda si è conclusa con una denuncia per deturpamento di bellezze naturali, in quanto l’evento ricadeva all’interno di un’area SIC (Sito di Interesse Comunitario).
I SIC sono aree tutelate a livello europeo dalla Rete Natura 2000 per il loro valore ambientale e paesaggistico: vi si applicano regole più stringenti a tutela della biodiversità, degli habitat e delle specie animali e vegetali presenti.
In questo caso, l’unico “disagio” sembra essere stato quello delle condizioni lasciate dagli astanti. Ma anche qui, va detto, si rischia di fare un altro processo alle intenzioni: gli organizzatori non hanno avuto modo di ripulire l’area a causa dell’intervento di sgombero.
Va inoltre sottolineato che quella zona, come documentato più volte anche dalla nostra testata, è già afflitta da cumuli di spazzatura che si “autogenerano” di continuo, ben prima e ben oltre questo evento.
Un intervento preventivo più che repressivo
Dalla ricostruzione dei fatti, l’operazione delle forze dell’ordine appare essere stata dettata più da finalità preventive che repressive.
Infatti, erano già circolati flyer e pubblicità dell’evento principale previsto per il sabato sera alle 22, legato allo Spunderati Festival. Forse anche per questo, in serata, agenti di polizia erano presenti proprio per prevenire assembramenti nella zona.
Tuttavia, resta un nodo giuridico: non si può fare il “processo alle intenzioni”. Nel nostro ordinamento non è ammissibile effettuare sequestri e interventi massivi soltanto sulla base del sospetto che, in futuro, possa consumarsi un reato.
Le parole contano: “rave party” non è una definizione neutra
C’è infine la questione terminologica. Parlare di “rave party” non è solo una scelta di stile: è una qualificazione giuridica precisa e pesante.
Il governo Meloni, infatti, nella sua fase iniziale ha varato il decreto-legge n. 162/2022, poi convertito in legge il 31 dicembre 2022, introducendo il reato di “invasione per raduni pericolosi”.
Oggi, organizzare o promuovere un rave party abusivo significa rischiare:
- reclusione da 3 a 6 anni,
- multe da 1.000 a 10.000 euro,
- confisca degli strumenti utilizzati.
Capite bene, dunque, che ciò che era una piccola festa musicale e sportiva non autorizzata farlo passare per “rave party” rappresenta non solo una forzatura, ma un pericoloso precedente.
Un vulnus per la democrazia e per la tenuta stessa dello Stato di diritto: perché se oggi capita a loro, domani potrebbe capitare a chiunque, perfino a una famiglia che organizza un semplice barbecue nel giardino di casa.