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Ancora rifiuti lungo le strade di Ugento
Non ci sono più parole per definire lo scempio a cui siamo costretti ad assistere tutti i giorni lungo le strade periferiche del nostro paese. Oggi siamo nella zona di levante a Ugento, lungo una stradina che costeggia la strada provinciale Leuca-Gallipoli nei pressi del bosco Pioppi.
Il fatto che deve lasciare pensare e che forse lascia poco spazio alle speranze è la frequenza con cui i rifiuti vengono sversati in questa zona. Sono passati solo pochi anni da quando, sempre da questa testata, si denunciava il fenomeno sempre nella stessa zona.
Il risultato è che gli operatori ecologici inviati dal comune non fanno in tempo a pulire che immediatamente dopo si riformano cumuli di immondizia. Questo è testimoniato dalle foto, dove si vedono ancora i segni della benna della pala meccanica che ha eseguito l’ultima pulizia.
Si fa dunque sempre più urgente, dopo le innumerevoli denunce, l’esigenza di installare le 25 fototrappole che attualmente ha a disposizione il comune di Ugento, ma che purtroppo non risultano ancora installate.
Nuovo piano rifiuti in Puglia: confermata la chiusura di Burgesi
Con il voto del consiglio regionale è stato approvato in via definitiva il nuovo piano rifiuti regionale che prevede la definitiva chiusura dell’impianto attualmente attivo in contrada Burgesi, che vedrà dunque confermata la sua fine naturale una volta esaurito il sito.
Una votazione sentita che si è svolta tra le accese proteste dei rappresentanti della Lega e del Movimento Regione Salento.
Via libera dunque all’impianto di Corigliano, al centro di numerose proteste nelle passate settimane. Proprio per questo è stato approvato un emendamento del consigliere di Racale Donato metallo per inserire l’area di Corigliano in un piano di monitoraggio ad hoc.
L’assessore regionale al ramo Anna Grazia Maraschio ha comunque rassicurato:
“Per quanto riguarda le previsioni di Piano di due discariche, la discarica Martucci e la discarica di Corigliano, vogliamo dire una volta per tutte che nessuna delle scelte contenuta nel Piano, che non sono scelte chiuse, ma sono scelte che lasciano davvero aperte altre possibilità, anche di individuazione di soluzioni concrete diverse, non sono scelte che sono state operate sulla testa dei cittadini o senza tener conto delle risultanze oggettive, che sono state valutate tutte, compresa l’esistenza di contratti di concessione in essere, che, se ignorati, potrebbero avere anche ricadute significative da un punto di vista economico sulla testa dei cittadini. Se ci fossero dati oggettivi che ci consentissero di accogliere la richiesta formulata di non considerare queste discariche o di non inserirle nel Piano, quindi non di considerarle in concreto, questo percorso sarebbe sicuramente seguito, fermo restando che comunque all’interno del Piano, tanto per quanto riguarda la discarica di Corigliano quanto quella di Martucci, c’è la possibilità concretamente di perseguire altre scelte, se dovessero i sindaci, così come stanno richiedendo, voler ricercare altre soluzioni. In linea con quanto già esposto sulle discariche, il Piano non prevede la realizzazione di termovalorizzatori, tecnologia che non concorre agli obiettivi di riciclaggio e che pertanto deve essere superata nello scenario di medio-lungo termine”.
Non resta che da vedere la data precisa della chiusura dell’impianto che potrebbe essere tra due mesi circa, come preannunciato dal vice sindaco Massimo Lecci o qualche mese dopo, come previsto dal piano regionale.
Domani si approva il nuovo piano rifiuti in Puglia
Vito Antonacci, membro del coordinamento pugliese di Zero Waste Italy, in un lungo post su facebook ha affrontato le principali criticità che una larga parte degli ambientalisti pugliesi individua nel nuovo piano di gestione dei rifiuti che sarà votato in Consiglio Regionale a Bari domani: dal mancato coinvolgimento delle associazioni alle performance scarsissime dei capoluoghi, dal ricorso a discariche e incenerimento alla sola contemplazione degli impianti anaerobici per l’organico, senza però nominare le discariche di Ugento e Corigliano Ecco il post completo:
Martedì prossimo, 14 dicembre, molto probabilmente sarà approvato il nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani. Era praticamente pronto già nel 2018 ma la procedura di VAS si bloccò e così anche il suo iter verso l’approvazione in Consiglio Regionale. Fu solamente adottato in Giunta Regionale, con Deliberazione n. 1482 del 02 agosto 2018, per quanto concerne gli impianti, per permettere ad AGER di intraprendere le azioni propedeutiche per la loro realizzazione. Quindi già nel 2018 hanno deciso quali impianti realizzare in Puglia per centrare (secondo loro), gli obiettivi previsti dal Piano che sarà approvato.
Noi che pensavamo di poter incidere nella programmazione, con Osservazioni corpose e documentate, con modelli di stima che dovevano far propendere verso un diverso sistema di trattamento della frazione residua e non solo, abbiamo solo sprecato energie. Loro hanno deciso, in barba alla tanto decantata partecipazione. Infatti, hanno dato l’illusione della partecipazione solo nella prima parte, fino al 2018, poi non c’è stata neanche l’illusione. La nuova stesura del Piano è stata resa pubblica solo dopo l’approvazione in Giunta Regionale, comunicata il 15 Ottobre 2021, praticamente a giochi già fatti.
Di migliorie, rispetto alla vecchia versione del 2018, c’è la parte riguardante la prevenzione della produzione dei rifiuti, oltre ai buoni propositi per convincere tutti i comuni ad adottare il sistema di raccolta differenziata porta a porta ma nella realtà abbiamo Bari, Foggia e Taranto, che con le loro percentuali bassissime di raccolta differenziata, producono insieme più del 30% dei rifiuti indifferenziati pugliesi. A Bari e a Foggia c’è ancora la raccolta stradale, a Taranto hanno appena investito un sacco di soldi per una non performante raccolta attraverso cassonetti diversamente intelligenti e in un futuristico sistema pneumatico che dovrebbe far viaggiare i rifiuti da una parte all’altra della città. Saranno stati soldi spesi inutilmente? Chi pagherà per questo, i tarantini? Nessun cenno sul fatto che da febbraio 2018 vi è l’obbligo di legge del raggiungimento del 65% di raccolta differenziata, come intende comportarsi la Regione verso quei comuni che non rispettano questo obbligo?
La nomina della nuova Assessora regionale all’Ambiente aveva fatto ben sperare perché è una persona molto sensibile all’economia circolare e alla tutela dell’ambiente che ci circonda ma purtroppo sono i rapporti di forza politica che incidono nelle scelte, i buoni propositi incidono meno. L’assessora è praticamente sola, non avendo nessun consigliere che siede sugli scranni del Consiglio Regionale, come potrebbe incidere? A questo bisogna aggiungere che è stata nominata soltanto pochi mesi fa, in più ho già detto che la parte impiantistica fu decisa già nell’agosto 2018 e lei se l’è ritrovata già così.
Vediamo cosa prevede il nuovo Piano Regionale dei Rifiuti, per il secco residuo (fig. 1) prevede principalmente la produzione di CSS o CSSc, a seconda che sia classificato o meno ancora un rifiuto. A mio avviso la classificazione è ininfluente se per entrambi l’unico destino è l’incenerimento. A poco servirà la realizzazione di impianti denominati RE.MAT (fig.2), che riusciranno a recuperare solo i polimeri appetibili dai consorzi, mandando alla produzione di CSS, sia le plastiche eterogenee che i tessili e i cellulosici presenti nelle frazioni di secco residuo. Oggi la tecnologia è riuscita a recuperare materia da pannolini e pannoloni, in Puglia mandiamo ancora a bruciare materia che potrebbe avere una nuova vita. Tutto questo comporta dei costi, ambientali ed economici, per le comunità e comunque non contribuisce ad eliminare il bisogno delle discariche.
L’Europa ha stabilito che non concederà finanziamenti con il PNRR a tutte le iniziative che possano arrecare un danno significativo all’ambiente (DNSH), per esempio all’incenerimento, perché significa aumentare le emissioni, oltre ad essere una cattiva gestione della materia. Chissà se in Europa sanno che in Puglia stanno per approvare un piano che punta ancora una volta all’incenerimento. Avremo ancora bisogno delle discariche per tanto tempo e per questo sono state individuate due, di proprietà pubblica ma in gestione allo stesso gruppo industriale, una a Contrada Martucci a Conversano, l’altra a Corigliano d’Otranto, sulla più importante falda acquifera del Salento.
Altra nota dolente è il trattamento della Forsu, il piano prevede la realizzazione di impianti pubblici ma senza tener conto degli impianti privati già esistenti e di quelli che hanno già un procedimento autorizzativo in itinere. Questo comporterà sicuramente una notevole sovraccapacità impiantistica che farà arrivare i rifiuti organici da fuori regione, aumentando l’impatto sul territorio pugliese. Un’altra pecca del piano regionale di trattamento dell’organico è la previsione di realizzare solo digestori anaerobici, accantonando gli impianti di compostaggio, solo perché non sono incentivati come ai primi. Anche se è indicato che è data facoltà alle comunità di scegliere la tipologia d’impianto, l’unica che viene proposta è la digestione anaerobica. Ciò che interessa veramente è il recupero della frazione organica oppure il biometano e i suoi incentivi milionari? Senza contare che realizzare un digestore anaerobico costa quasi il doppio rispetto ad un impianto di compostaggio.
La puglia ha quasi 900 km di coste, pertanto il fenomeno dello spiaggiamento della poseidonia costituisce un problema per le strutture ricettive, oltre che per le città costiere. Che fine farà la poseidonia raccolta dalle spiagge, visto che nel Piano regionale dei rifiuti è espressamente vietato il suo uso ai fini della produzione di compost? Eppure, il Dlgs 75/2010 ne prevede l’utilizzo fino ad un massimo del 20% della matrice organica. Andrà in discarica? Oppure continuerà ad essere depositata nelle complanari delle statali salentine, come avviene già da tempo per merito di alcuni gestori criminali di stabilimenti balneari?
Non è chiaro ciò che la Regione vuole fare per il trattamento dei fanghi di depurazione, visti gli investimenti in alcune sperimentazioni, tra cui anche l’utilizzo di un piroscissore, dubito che possano essere utilizzati a fini agronomici. Un esempio è l’inceneritore per fanghi che è sorto a Sannicandro di Bari, per fortuna ha funzionato solo 6 mesi, prima di essere posto sotto sequestro dall’autorità giudiziaria. È sempre la stessa storia, individuare la strada più facile per sbarazzarsi del rifiuto, perché cercare di recuperarlo costa fatica, fregandosene degli impatti ambientali o dei vantaggi che il suo recupero potrebbe arrecare.
Veniamo ai criteri di localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti. Il PRGRSU del 2013 prevedeva delle distanze minime per la tutela della popolazione (fig.3), 2000 metri dai centri abitati e 2500 metri dai siti sensibili, come scuole, asili ospedali. Questo ha permesso che non fossero realizzati impianti troppo vicini ai centri abitati, anche la magistratura pugliese è intervenuta con sentenze che hanno dato ragione a quelle comunità che rischiavano di avere impianti fortemente impattanti a ridosso delle case. Nel nuovo Piano Regionale dei Rifiuti, queste distanze spariscono (fig.4), demandando alle città metropolitane di individuare le aree idonee o inidonee ad ospitare gli impianti.
Curioso che questa norma pare sia anche retroattiva, infatti dice: “I procedimenti autorizzativi, inclusi quelli contemplati dalla Parte II e della Parte IV del D.lgs. n. 152/2006 e smi, in corso alla data di approvazione del Piano da parte del Consiglio regionale ex l.r. 24/2012 e smi, sono conclusi secondo le norme di pianificazione vigenti al momento della presentazione dell’istanza, fatta salva la facoltà del proponente di chiedere – entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del Piano – che l’istanza sia esaminata secondo le norme del presente Piano. I procedimenti autorizzativi, inclusi quelli di cui alla Parte II e della Parte IV del D.lgs. n. 152/2006 e smi, la cui istanza risulta inoltrata all’Autorità competente in data successiva all’approvazione del Piano da parte del Consiglio regionale ex l.r. 24/2012 e smi, sono conclusi secondo le disposizioni della presente programmazione”. Una chicca tutta pugliese. Certamente servirà a permettere la realizzazione di impianti che altrimenti sarebbe impossibile realizzare, perché troppo vicini ai centri abitati.
Spero che i consiglieri regionali tutti, leggano queste considerazioni e non facciano passare il piano così com’è, emendandolo nelle criticità da me individuate.
L’opposizione presenta una mozione per chiudere Burgesi
Salto in avanti dell’opposizione di Ugento, che con una mozione a firma Laura de Nuzzo vuole mettere in chiaro la posizione del comune di Ugento nei confronti della discarica ancora attiva in località Burgesi.
Dopo le proteste a Corigliano e la mancanza di una presa di posizione ufficiale da parte dell’amministrazione regionale, sono in tanti a temere un futuro diverso per la discarica di Burgesi, che aveva già un fine vita programmato nel 2024 al momento della sua nascita.
Purtroppo la discarica si è riempita in un periodo di tempo più ristretto e la mancanza di alternative potrebbero far scoppiare un’altra emergenza rifiuti nel sud Salento, con la concreta possibilità che la discarica venga interessata da un sopralzo.
I rifiuti dal Lazio: una grande fake news per chi non ha argomenti.
Ti svegli un giorno, apri Facebook e boom la notiziona del giorno: i cattivissimi amministratori di Frosinone vogliono mandarci i loro rifiuti zeppi di zinco, per smaltirli nelle nostre discariche.
Una notizia che non è certo nuova. Sono tanti, infatti, gli analoghi accordi che hanno visto la partecipazione di diverse regioni, soprattutto del sud Italia. Ma negli ultimi anni le cose stanno cambiando, la gestione dei rifiuti sta diventando una cosa sempre più seria, complice anche la procedura di infrazione aperta dall’UE nei confronti dell’Italia.
Sarà anche per questo che ho voluto verificare bene una notizia che da subito mi è sembrata strana. Vi assicuro che non ci è voluto tanto per scoprire che si tratta di una gigantesca fake news: solo 10 minuti, il tempo di leggere la delibera della regione Lazio da cui è stata tratta la notizia.
Accordo-tra-la-Regione-Lazio-e-la-Regione-Puglia-per-la-gestione-dei-rifiuti-indifferenziati-urbani-prodotti-dai-Comuni-dellaNello specifico, basta leggere un passaggio per capire che tutto quello che si è scritto è frutto solamente di speculazione politica:
La conclusione è presto detta: nessun rifiuto, tantomeno speciale, verrà smaltito nelle discariche pugliesi, che si occuperanno solo ed esclusivamente del trattamento dei rifiuti, che torneranno poi in Lazio per essere conferiti in discarica. Proprio come scritto nella delibera che, evidentemente, non è stata letta sia dal politico denunciante che dal giornalista scrivente.
La cosa che deve far pensare è però un altra, cioè la totale inadeguatezza, se non malafede, di taluni giornalisti o testate giornalistiche che scrivendo “a chiamata” senza spendere nemmeno 10 minuti per verificare le notizie che riportano, celandosi dietro la comodità di una citazione.
C’è poi la questione politica di casa nostra, quella di un opposizione che, povera di argomenti, cerca vetrine mediatiche tentando di toccare argomenti “neutri” e che non abbiano conseguenze dirette sull’amministrazione comunale. La domanda che si porrebbe qualcuno è sempre quella: ma come è possibile parlare del sesso degli angeli in un paese dove, ogni giorno, vengono spesi migliaia di Euro di soldi pubblici in modo a dir poco “discutibile”, un paese pieno zeppo di opere pubbliche abbandonate, dove una minoranza di individui gestisce il territorio con una visione privatistica che esclude e boicotta scientificamente chiunque non si adegua al pensiero dominante?
Tutti si chiedono come abbia fatto Massimo Lecci a governare per 20 anni. La risposta è abbastanza chiara, basta girare lo sguardo agli scranni dell’opposizione (anzi chiamiamola “minoranza” che rende meglio).
A Ugento 100mila Euro che sanno di presa in giro
Ancora una volta i 13 pozzi spia sparsi sul nostro territorio mostrano dati molto preoccupanti: i valori risultano essere sopra il limite consentito per metalli pesanti, ferro, nichel, cromo nonché per il boro, i solfati, dicloetilene e IPA (parenti stretti dei policlorobifenili, noti spesso con la sigla PCB, una classe di composti organici la cui struttura è assimilabile a quella del bifenile i cui atomi di idrogeno sono sostituiti da uno fino a dieci atomi di cloro. La formula bruta generica dei PCB è C12H10-xClx. Sono considerati inquinanti persistenti dalla tossicità in alcuni casi avvicinantesi a quella della diossina.) Per questo la provincia ha deciso di stanziare 500mila Euro (di cui 100 spettanti ad azioni su Ugento) per avviare monitoraggi propedeutici a future azioni di bonifica.
Uno dei fusti interrati a Burgesi i fusti ritrovati in zona Burgesi, all’esterno dell’attuale discarica
Questo avviene in maniera sistematica da quando esistono i rilevamenti su questi pozzi, ma nonostante questo le azioni intraprese fino ad oggi risultano essere nulle. Ecco perchè i centomila Euro stanziati risultano essere una presa in giro per tutta la popolazione, non solo di Ugento, Ma anche di Acquarica Presicce, che stanno pagando a caro prezzo l’inquinamento di una falda che sta determinando disfunzioni ghiandolari e incidenza tumorali al di sopra di qualsiasi altro territorio in Italia.
Eppure si tratta di fatti e situazioni certe, appurate anche per via giudiziaria, nelle diverse inchieste che hanno visto al centro l’ex discarica Monteco di Ugento. Come anche le conseguenze di questo tipo di inquinamento, che non è sicuramente un un unicum nel territorio nazionale: il caso più famoso è sicuramente quello della Caffaro di Brescia, un’azienda che con i suoi sversamenti ha provocato danni enormi, con quasi tutti i parchi di Brescia che ad oggi, dopo oltre 20 anni, risultano ancora contaminati e inagibili.
La domanda che sorge spontanea è: che senso ha continuare a spendere soldi pubblici per monitoraggi che dovrebbero appurare una situazione nota? Forse per tenere buona una popolazione che si accontenta di “incamerare” pochi spiccioli per tenere gli occhi chiusi? In questo caso l’esempio più significativo fu la protesta di “un gruppo organizzato di cittadini di Ugento” che, imbeccati da qualcuno, arrivarono fin sotto la sede della regione per reclamare lo stanziamento di 1 milione di euro. Peccato che per la bonifica di Burgesi non esista una stima affidabile sui costi di bonifica, tantomeno esiste la certezza che tale bonifica sia possibile. Ad oggi l’unica tecnologia disponibile sarebbe quella dell’incapsulamento (simile a quanto realizzato a Pripyat per l’incapsulamento della centrale nucleare di Chernobyl), con costi nell’ordine delle centinaia di milioni di Euro.
Ma nonostante tutto ciò, ecco cosa ha dichiarato la Provincia:
«I cinque interventi oggetto di finanziamento, da un punto di vista tecnico, dovranno essere gestiti singolarmente, poiché differiscono sia per la localizzazione, sia per la tipologia di superamenti riscontrati. Per cui, i tecnici incaricati dell’attività di indagine saranno individuati singolarmente per ciascun sito, previo avviso pubblico, al fine di garantire la massima partecipazione di tutti i soggetti con specifiche competenze professionali in materia».
«Con questo nuovo intervento in campo ambientale l’Ente dimostra sempre più la capacità di conoscere nel dettaglio la qualità del territorio: mettiamo in campo un grande progetto per individuare chi si rende responsabile di inquinamento e far sì che le parole difesa e tutela acquistino concretezza», afferma il presidente della Provincia di Lecce Stefano Minerva.
«Con questo progetto puntiamo ad analizzare, valutare e rigenerare i siti individuati e ben distribuiti in tutta la provincia. “Chi inquina paga” è la sintesi di una linea di indirizzo che la Provincia, insieme ai suoi organi di controllo, sta perseguendo per ridare slancio alla propria azione deterrente sul territorio provinciale», dichiara il consigliere provinciale con delega all’Ambiente Fabio Tarantino.
Aspettiamo dunque, come abbiamo fatto da 20 anni a questa parte, con bonifiche totalmente a carico dei contribuenti.
