Home Lavoro ed Economia Salario Minimo In Puglia: Una Conquista A Metà Vista Da Ugento

Salario Minimo In Puglia: Una Conquista A Metà Vista Da Ugento

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La decisione della Corte costituzionale di respingere il ricorso del governo e consentire l’entrata in vigore della legge pugliese sul cosiddetto salario minimo negli appalti pubblici è senza dubbio una notizia politicamente rilevante. Per la prima volta in Italia, una Regione introduce una soglia salariale di riferimento – nove euro lordi l’ora – seppur limitata ai lavoratori impiegati negli appalti della pubblica amministrazione.

Una misura che, nei principi, parla un linguaggio chiaramente progressista: contrastare il dumping salariale, impedire che le aziende vincano gare pubbliche comprimendo il costo del lavoro, tutelare i lavoratori più fragili. Eppure, se osservata da un territorio come Ugento e più in generale dal basso Salento, questa conquista rischia di apparire parziale e persino contraddittoria.

Una tutela che non riguarda tutti

Da una prospettiva autenticamente di sinistra, è difficile esultare senza riserve. Il rischio evidente è quello di creare l’ennesima frattura tra lavoratori “tutelati” e lavoratori di serie B: da un lato i dipendenti delle aziende che operano negli appalti pubblici, dall’altro la massa dei lavoratori del settore privato, che continueranno a percepire salari ben al di sotto di quella soglia simbolica dei nove euro.

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In territori come Ugento, dove il lavoro pubblico e para‑pubblico rappresenta solo una parte dell’occupazione complessiva, questa misura finisce per rafforzare una disuguaglianza già esistente tra chi lavora, direttamente o indirettamente, per lo Stato e chi invece è impiegato in settori molto più esposti allo sfruttamento.

Ugento e l’economia del turismo povero

Guardarsi in faccia significa riconoscere un dato strutturale: l’economia pugliese, e quella salentina in particolare, si regge sempre di più sul comparto turistico. Un settore che, nei fatti, paga ben meno dei nove euro lordi all’ora e che spesso basa la propria competitività su stagionalità estrema, precarietà e orari di lavoro insostenibili.

A Ugento questo è evidente. Alberghi, villaggi turistici, ristorazione, stabilimenti balneari: migliaia di lavoratori stagionali sorreggono ogni anno un’economia che produce ricchezza, ma che la redistribuisce pochissimo. Turni massacranti, contratti part‑time solo sulla carta, straordinari non pagati sono ancora la normalità.

Negli ultimi anni, inoltre, si è affermato sempre di più il ricorso a manodopera a basso costo proveniente da India, Pakistan e altri Paesi extra‑UE, attraverso il decreto flussi. Uno strumento che, soprattutto con il governo Meloni, ha visto un allargamento delle maglie dei controlli, diventando nei fatti un bacino di forza lavoro ricattabile, spesso priva di reali tutele.

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La vera priorità politica

Se la politica regionale e nazionale volesse davvero affrontare il nodo del lavoro povero, dovrebbe avere il coraggio di spostare il baricentro del dibattito: non limitarsi agli appalti pubblici, ma parlare apertamente di salario minimo nel settore turistico.

Una scelta di questo tipo non sarebbe solo una misura di giustizia sociale. Sarebbe anche una decisione strategica per il futuro della Puglia e di territori come Ugento. Garantire salari dignitosi significherebbe attrarre lavoratori qualificati, ridurre il turnover, migliorare i servizi offerti e puntare finalmente su un turismo di qualità, capace di distinguersi non solo per il mare o il paesaggio, ma per la professionalità e la dignità del lavoro.

Una battaglia ancora aperta

La legge pugliese rappresenta un segnale politico importante, ma non può essere considerata un punto di arrivo. È, semmai, la dimostrazione che intervenire è possibile. Ora però serve coerenza: o si difende il principio che il lavoro deve essere pagato in modo dignitoso, oppure si accetta che esistano lavoratori “figli di un dio minore”.

Per Ugento e per il Salento, la vera sfida passa da qui: rompere il modello del turismo fondato sul lavoro povero e costruire uno sviluppo economico più giusto, sostenibile e umano.

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