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Lavoro ed Economia

Agricoltura al collasso: la rabbia e la dignità degli agricoltori pugliesi

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La misura è colma. Dopo anni di promesse mancate, burocrazia paralizzante e scelte politiche discutibili, gli agricoltori pugliesi sono tornati a far sentire la propria voce, presidiando il Consiglio regionale in segno di protesta. È l’ennesimo grido di dolore di un comparto che, da troppo tempo, si trova sull’orlo del collasso.

Il tributo 630: la “tassa fantasma” che pesa come una condanna

Al centro delle contestazioni c’è ancora una volta il famigerato tributo 630, simbolo di un’ingiustizia che dura da oltre dieci anni. Gli agricoltori pugliesi continuano a vedersi recapitare cartelle per il pagamento di un contributo che avrebbe dovuto finanziare opere e servizi mai realizzati.
Un balzello che molti definiscono “una truffa legalizzata”, perché impone di pagare per qualcosa che non esiste: nessun cantiere, nessun intervento, nessun miglioramento. Solo burocrazia e silenzi.

“È inaccettabile – denunciano gli agricoltori – che, dopo un decennio di immobilismo, si continui a vessare un settore già piegato da calamità naturali, malattie e mancanza di prospettive”.

Xylella, burocrazia e abbandono: le ferite mai rimarginate

La tragedia della Xylella fastidiosa ha devastato il cuore agricolo del Salento, cancellando milioni di ulivi secolari e riducendo in ginocchio intere famiglie. Eppure, dopo la distruzione, è mancata la ricostruzione.
Le procedure per l’eradicazione e i rimboschimenti sono rimaste intrappolate nei meandri della burocrazia. Il risultato? Campagne abbandonate, aziende chiuse e giovani costretti a lasciare la terra dei padri.

L’articolo 6 del Piano di rigenerazione olivicola, ancora bloccato dopo cinque anni, è l’emblema di un immobilismo amministrativo che continua a soffocare il comparto. “Non si tratta di mancanza di risorse – spiegano gli operatori – ma di incapacità gestionale e di assenza di volontà politica”.

La politica guarda altrove

Mentre gli agricoltori chiedono risposte concrete, il Consiglio regionale discute l’aumento del numero dei consiglieri da 50 a 60, introducendo la figura del “consigliere supplente”.
Una decisione che molti giudicano “una provocazione indegna”, soprattutto in un momento in cui l’agricoltura pugliese vive una delle peggiori crisi della sua storia recente.

“È vergognoso – affermano i rappresentanti delle associazioni agricole – che si dedichino risorse e tempo per moltiplicare le poltrone, quando il primo settore produttivo della regione è al collasso. È uno schiaffo in faccia a chi lavora la terra, spesso senza più reddito né dignità”.

Un sistema che non ascolta

Le richieste del mondo agricolo sono chiare da anni: una riforma strutturale della filiera olivicola, un piano di investimenti per la rigenerazione delle campagne, la semplificazione delle pratiche e la revisione del tributo 630.
Eppure, nulla si è mosso. “Non chiediamo elemosine – ripetono gli agricoltori – ma rispetto, ascolto e strumenti per tornare a produrre”.

Nel frattempo, continuano a proliferare eventi e passerelle istituzionali dedicate ai prodotti locali, mentre chi davvero vive la terra è lasciato solo. “Non servono marce mediatiche né slogan – dicono con amarezza – serve una politica che agisca nei fatti, non nelle fotografie”.

La proposta di un commissario straordinario

Tra le proposte avanzate negli ultimi giorni, c’è quella di nominare un commissario straordinario con pieni poteri per affrontare in modo diretto e operativo l’emergenza agricola.
Un’idea che divide il mondo associativo: da un lato chi la ritiene indispensabile per superare lo stallo, dall’altro chi teme che possa scavalcare i processi istituzionali ordinari.
Ma una cosa appare chiara: la gestione attuale non è più sostenibile. Servono decisioni rapide, coordinate e responsabili.

Un grido che non può più essere ignorato

Dietro la protesta di questi giorni non c’è solo rabbia, ma dignità. Quella di chi ha visto morire i propri ulivi, chiudere le proprie aziende e svanire anni di sacrifici.
Gli agricoltori pugliesi non chiedono privilegi: chiedono la possibilità di lavorare, di vivere del proprio mestiere, di non essere più ostaggi dell’inerzia politica.

“Abbiamo perso tanto – ulivi, reddito, speranza – ma non la voce”, dicono gli agricoltori davanti al Consiglio regionale.
Una voce che oggi risuona forte, perché non rappresenta solo una categoria, ma l’anima stessa di una terra che non vuole più essere dimenticata.

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