Inclusione negata: il Comune di Ugento ignora il progetto “Tutti al Mare”

Inclusione negata: il Comune di Ugento ignora il progetto “Tutti al Mare”

Una spiaggia per tutti, senza barriere né esclusioni. È questo lo spirito che anima il progetto nazionale “Tutti al Mare”, promosso dalla Federazione Imprese Demaniali, aderente a Confimprese Demaniali Italia. Un’iniziativa a costo zero per i Comuni, che prevede l’accesso gratuito ai lidi per anziani e persone con disabilità nei mesi di maggio, giugno e luglio. Ma ad Ugento, nonostante le richieste formali e pubbliche avanzate già da marzo dai consiglieri di opposizione, l’Amministrazione comunale ha deciso – nel più totale silenzio – di restare alla finestra.

A rilanciare il caso è stato in queste ore il consigliere Tiziano Esposito, che in un post social – condiviso “a nome di tutta l’opposizione” – ha denunciato con forza quello che definisce “un’occasione persa per l’inclusione”.

“Abbiamo presentato un’interrogazione ufficiale – ricorda Esposito – per sapere se l’Amministrazione intendesse aderire al progetto. Non abbiamo mai ricevuto risposta. Nonostante i solleciti, il silenzio del sindaco e della giunta è totale, assordante.”

Il progetto, adottato già da numerosi Comuni italiani a vocazione turistica, rappresenta un modello virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato. Prevede la possibilità, per soggetti fragili, di vivere il mare in strutture attrezzate, godendo di servizi e spazi normalmente poco accessibili. Nessun costo per il Comune, ma un ritorno sociale enorme in termini di dignità, inclusione, benessere e immagine del territorio.

“In un momento storico in cui si parla tanto di accessibilità e diritti – scrive ancora Esposito – fa male constatare come, a Ugento, alle parole non seguano mai i fatti. Ci sono state promesse in Consiglio Comunale, dichiarazioni pubbliche, ma nulla si è mosso. Nemmeno una risposta.”

Di fronte a questo immobilismo, l’opposizione ha annunciato un passo formale: la trasmissione del carteggio al Prefetto di Lecce, affinché si ristabilisca il rispetto del ruolo del Consiglio comunale e del diritto dei suoi membri a ricevere risposte dalle istituzioni.

La vicenda apre un ulteriore fronte di scontro tra la maggioranza guidata dal sindaco Salvatore Chiga e la minoranza, che da mesi denuncia l’opacità di alcune scelte e la mancanza di coinvolgimento su temi di interesse collettivo. Ma al di là della polemica politica, resta il dato: una proposta concreta, che avrebbe potuto offrire un’estate più dignitosa e inclusiva a tante persone, è stata ignorata.

“Questa non è politica – conclude il post – è solo buonsenso. Ed è proprio quello che, purtroppo, sembra mancare.”

Una situazione che, se non chiarita presto, rischia di lasciare l’amaro in bocca a chi crede ancora in un’amministrazione capace di farsi carico dei bisogni di tutti. Anche, e soprattutto, di chi non ha voce per farsi sentire.

Estate a Ugento: calo di turisti italiani e mancanza di marketing territoriale

Ugento, storicamente una delle mete turistiche più ambite del Salento, vive un’estate difficile, segnata da un sensibile calo delle presenze turistiche e dalla chiusura anticipata di diverse strutture rispetto all’anno scorso, complici il meteo avverso e la mancanza di una strategia di promozione territoriale efficace. A fine stagione, il bilancio è tutt’altro che positivo, con un settore turistico locale in sofferenza che fatica a recuperare terreno rispetto ad altre destinazioni del Salento.

I dati raccolti dalle strutture associate ad Assoturismo-Assohotel (Confesercenti), offrono un quadro preoccupante. Il segmento mare, da sempre il punto di forza di Ugento, ha registrato una contrazione delle presenze italiane compresa tra il 10% e il 20%, con punte negative ancora più accentuate rispetto ad altre località della regione.

Le marine di Ugento, tra cui Torre San Giovanni e Torre Mozza, hanno visto lidi semivuoti e case vacanza rimaste sfitte anche nei periodi tradizionalmente più affollati. Questa situazione rappresenta un campanello d’allarme per l’intera economia turistica locale, che dipende in larga parte dalle presenze estive.

Uno dei fattori critici individuati dalle associazioni di categoria è l’assenza di un marketing territoriale efficace. Nonostante le potenzialità di Ugento, che potrebbe essere promossa come una delle perle del turismo pugliese, il comune sembra essere gravemente in ritardo in questo campo. Attualmente, Ugento non dispone né di un’agenzia di promozione turistica né di una piattaforma online ufficiale per la promozione del territorio. Manca perfino una pagina social dedicata agli eventi locali e alle attrazioni turistiche, il che rende difficoltoso comunicare con un pubblico più ampio e attrarre nuovi visitatori.

Questa carenza viene accentuata dal fatto che molti degli eventi estivi, già scarsi, vengono promossi attraverso le pagine personali degli amministratori locali, trasformando iniziative pubbliche in strumenti di consenso politico piuttosto che in eventi di promozione del territorio. Tale approccio ha reso le attività pubbliche divisive e percepite da parte della popolazione come schierate politicamente, piuttosto che focalizzate sulla valorizzazione del comune e delle sue bellezze naturali e culturali.

La mancanza di una gestione professionale del marketing territoriale si riflette anche nella scarsità di servizi moderni a disposizione dei turisti. Il comune, nonostante gli ingenti investimenti fatti per ottenere la Bandiera Blu, non dispone di un sito turistico aggiornato e funzionante. Servizi essenziali per una località che ambisce a essere una destinazione turistica di primo piano, come un sistema di bike sharing, sono del tutto assenti, mentre infrastrutture come la velostazione, già costruita, rimangono abbandonate e inutilizzate. La promozione del territorio è affidata a volontari di pro loco sovvenzionate, ma gli info point gestiti da queste organizzazioni si sono rivelati inefficaci, incapaci di fornire un supporto adeguato ai turisti.

Ad aggravare ulteriormente la situazione è la scarsità di infrastrutture di trasporto adeguate. Durante l’estate, l’unica linea di trasporto pubblico disponibile per i turisti è composta da tre mini bus, che per la maggior parte del tempo circolano semivuoti. Questo servizio, insufficiente a coprire le reali esigenze di spostamento sul territorio, non è in grado di compensare le gravi lacune infrastrutturali e promozionali che affliggono la località. Le difficoltà logistiche rappresentano un ostacolo significativo per i visitatori, che spesso scelgono destinazioni meglio collegate e dotate di servizi più efficienti.

«È incredibile che una località come Ugento, con un patrimonio naturale e culturale di tale rilievo, sia così carente in termini di marketing territoriale e servizi», commenta un operatore turistico locale. «La mancanza di strategie promozionali adeguate e l’assenza di servizi moderni stanno penalizzando gravemente l’intera economia turistica della zona. Senza un marketing professionale e mirato, siamo destinati a perdere terreno rispetto ad altre destinazioni più organizzate e meglio promosse».

Le conseguenze di queste problematiche si riflettono direttamente sulle presenze turistiche. Nonostante un incremento delle presenze straniere, soprattutto nella prima parte della stagione estiva, Ugento non è riuscita a compensare il calo dei turisti italiani. Le strutture ricettive, in particolare quelle extralberghiere come i bed and breakfast, hanno registrato un calo delle prenotazioni compreso tra il 30% e il 35% rispetto agli anni precedenti. Questo calo ha colto di sorpresa molti operatori del settore, che avevano sperato in una stagione più positiva dopo le difficoltà legate alla pandemia.

Raffaele Bitetti, presidente dell’associazione extralberghiera di Lecce e Salento, ha espresso la delusione di molti colleghi: «Non ci aspettavamo un calo così drastico», ammette. «La realtà è che questa stagione sta deludendo le aspettative di molti operatori. Senza una strategia chiara e servizi adeguati, diventa sempre più difficile attrarre turisti, soprattutto italiani, che sono il nostro principale bacino di utenza».

Il calo delle presenze e la chiusura anticipata delle strutture rappresentano segnali di un problema strutturale che non può più essere ignorato. La carenza di un marketing territoriale efficace, la gestione non ottimale delle risorse turistiche e la mancanza di servizi adeguati stanno penalizzando gravemente Ugento, rischiando di marginalizzare sempre di più la località nel panorama turistico pugliese.

Per evitare un declino irreversibile, è fondamentale che le autorità locali intervengano con decisione, investendo in strategie di promozione territoriale all’altezza delle sfide attuali. Valorizzare le bellezze naturali e culturali del territorio in modo professionale e capillare, accompagnando la promozione con servizi moderni e funzionali, rappresenta l’unica via per rilanciare il turismo a Ugento e garantire un futuro sostenibile al settore.

Il rischio, altrimenti, è che Ugento, nonostante le sue spiagge paradisiache e il suo potenziale turistico, finisca per essere superata da altre destinazioni più organizzate e meglio promosse, perdendo opportunità preziose di crescita e sviluppo economico.

La politica non soggioghi il valore del mare e della fascia costiera

È ora interessante occuparci di tutela della fascia costiera, esternando alcune riflessioni su una recente, e fondamentale, pronuncia della Corte costituzionale, come noto, preposta per dettato costituzionale alla tutela dei principi e fondamenti della legge fondamentale del ‘48. Ebbene, con la sentenza n. 151 del 26 luglio 2024, il “Giudice delle leggi” ha annullato alcune disposizioni della Sardegna relative al tema della salvaguardia costiera.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale ha riguardato un articolo della legge regionale approvata a fine 2023 dal Consiglio regionale, il quale aveva sostanzialmente reintrodotto la possibilità di demolire e ricostruire i fabbricati siti nella fascia di conservazione integrale dei trecento metri dalla linea di battigia marina anche senza conservarne la conformazione, l’ubicazione, le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche originarie. In realtà, il giudizio presso la Corte costituzionale ha dimostrato trattarsi di una riproposizione della stessa legislazione, già dichiarata illegittima nel 2022. A riprova del fatto che l’indirizzo politico era molto più orientato a tutelare alcuni interessi privati, piuttosto che conformarsi non solo ai principi costituzionali, ma anche e soprattutto alle pronunce della stessa Consulta, il che significa che pur a fronte di un mandato elettorale, occorre amministrare e governare i problemi mantenendosi sempre all’interno del perimetro costituzionale.

La volontà politica regionale di “liberalizzare” di fatto gli interventi di demolizione e ricostruzione nella fascia di massima tutela costiera, si scontra prevalentemente con le prescrizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che occorre ricordare, è norma prevalente rispetto ad ogni legge regionale ed a qualsiasi altro atto di pianificazione paesaggistica.

Con la legge approvata quasi a fine legislatura (sarà un caso?), il consiglio regionale della Sardegna ha “reintrodotto la possibilità di ricostruire i fabbricati siti nella fascia di trecento metri dalla linea di battigia marina anche senza conservarne la conformazione e l’ubicazione originarie («sagoma, prospetti, sedime»), esentando, altresì, dall’obbligo di mantenere le «caratteristiche planivolumetriche e tipologiche» dell’edificio demolito. Peraltro, sempre con la stessa disposizione, operando un richiamo alle ipotesi escluse dal vincolo di inedificabilità elencate nella vigente legge regionale del 1989 e agli artt. 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 cod. beni culturali, ha inteso puntualizzare che tale facoltà operasse nonostante il fabbricato da demolire e ricostruire ricadesse in un’area tutelata dal piano paesaggistico e dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Una stortura palesemente violativa dei principi costituzionali, sintomo di una volontà politica che si traduce in atti legislativi che in nome di politiche neoliberiste spinte, senza freni e marcatamente mercatiste, punta a favorire pochi a discapito di altri. Specie su beni, come quelli attinenti alla libera fruizione della costa e del mare, che appartengono a tutti: res communes ominium, diceva gli antichi latini. E non vi potrebbe essere chi non veda quanto stia diventando difficile, perché eccessivamente oneroso per molte famiglie, soprattutto quelle monoreddito, usufruire di servizi spiaggia che da anni sono in mano a lobby familistiche. Un settore che è privo di concorrenza e che ci si augura possa incontrare quanto prima un nuovo approccio alla luce della direttiva Bolkestein, sulla quale molti addetti ai lavori furbescamente palesano totale ignoranza. 

Siamo dinanzi, addetti ai lavori e non, ad una nuova pronuncia della Corte costituzionale, che s’inserisce in una giurisprudenza costante e consolidata favorevole alla salvaguardia dei valori ambientali, paesaggistici, culturali e identitari del territorio, di cui la politica e gli amministratori locali devono obbligatoriamente tenere conto, perché è una garanzia per il Bel Paese, per la sua storia e per la sua ineguagliabile bellezza.

Il diporto e l’omicidio nautico

Nel Canto XX dell’Inferno, vi è un passo in cui Dante Alighieri scrive: «Suso in Italia bella giace un laco, a piè de l’Alpe che serra Lamagna sovra Tiralli, c’ha nome Benaco». Egli si riferisce al bellissimo Lago di Garda. Luogo da cui vogliamo partire per immergerci nel nostro mare.
Nel giugno 2021, sul Lago di Garda, Umberto Garzarella, insieme alla fidanzata Greta, rimase vittima di un incidente nautico, causato da un tedesco che si era messo alla guida di un motoscafo in stato di ebrezza. La coppia sul proprio gozzo venne travolta dall’imbarcazione che navigava ad una velocità quattro volte superiore a quella consentita. Si sono susseguiti altri avvenimenti tragici.
Non ultimo quello dell’agosto scorso: due imbarcazioni si scontrano; su una di queste lo skipper è risultato positivo all’alcooltest. Muore una turistica americana.
Abbiamo fortuna di disporre di diversi chilometri di costa, un mare straordinario in un contesto costiero alquanto suggestivo. Si caratterizza per un asset economico, fonte di grande sviluppo e crescita territoriale, il diporto nautico. Insieme di attività nautiche che si svolgono per scopi sportivi e ricreativi senza fine di lucro, secondo la definizione del codice della nautica da diporto (decreto
legislativo n. 171 del 2005). La norma definisce le unità da diporto quella categoria in cui rientrano i natanti, le imbarcazioni da diporto e le navi da diporto. Distinguibili in base alla lunghezza ed alla registrazione o meno nei rispettivi registri. Comunemente i natanti sono quelle “barche” di lunghezza non superiore ai 10 metri, non iscritte nel RID – Registro imbarcazioni da diporto.
Si è soliti affrontare questioni attinenti alla nautica da diporto soprattutto durante il periodo estivo.
Con la forte affluenza degli utenti del mare e di bagnanti e diportisti in particolare. Nelle nostre marine, se ci sono molti natanti e qualche imbarcazione, piuttosto rare sono le navi da diporto. Per cause evidentemente tecniche, il nostro porticciolo non è adeguato a rispondere alle richieste “dei naviganti”, ben che meno alle esigenze degli yacht di un certo livello. Forse un motivo su cui
riflettere nell’ottica della strategia di sviluppo costiero che si vorrebbe/dovrebbe improntare per il futuro? Basti pensare che in Italia, posizionata all’ottavo posto per numero di barche possedute, nei registri risultano iscritte 100.000 unità da diporto (imbarcazioni e navi da diporto, iscritte rispettivamente nel Registro imbarcazioni da diporto – RID e Registro navi da diporto – RND), per
un totale di 600.000 unità circolanti.
Nei giorni scorsi anche la Camera dei deputati ha dato il suo via libera con 261 voti a favore all’introduzione del reato di “omicidio nautico” nel vigente codice penale. Un nuovo reato che va ad affiancarsi a quello di “omicidio stradale”, introdotto nel 2016. Un iter legislativo che nasce proprio a seguito della drammatica vicenda di Umberto e Greta.
La nuova legge ha previsto la reclusione da due a sette anni in caso di morte della vittima; da otto a dodici anni con l’aggravante della guida in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica.
La norma ha esteso la disciplina vigente alle ipotesi di omicidio (comma 1) e di lesioni gravi o gravissime (comma 2) conseguenti a violazioni delle norme sulla navigazione marittima o interna.
Ad essere modificato è stato l’articolo 589-bis c.p., nel quale viene introdotto il reato di “omicidio colposo nautico”, volto a punire, con la reclusione da 2 a 7 anni, chiunque, ponendosi alla guida di un’unità da diporto, cagioni per colpa la morte di una persona avendo agito in violazione delle norme sulla disciplina della navigazione marittima o interna.
A similitudine dell’omicidio stradale, sono state previste alcune aggravanti per la commissione del fatto: stato di ebbrezza superiore a 1,5 g/l o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (reclusione da 8 a 12 anni); stato di ebbrezza compreso tra 0,8 g/l e 1,5 g/l se il conducente dell’imbarcazione esercita attività di trasporto di cose o persone (reclusione da 8 a 12 anni); stato
di ebbrezza compreso tra 0,8 g/l e 1,5 g/l (reclusione da 5 a 10 anni); non essere in possesso della patente nautica, ovvero se la stessa è stata sospesa o revocata (nei casi in cui questa è richiesta) oppure con un’unità da diporto di proprietà dell’autore del fatto sprovvista di assicurazione obbligatoria. È stato previsto anche un aumento della pena in caso di fuga del conducente
successiva all’omicidio. Vi è infatti uno specifico riferimento all’omicidio nautico.
In mare, come sulla strada, la raccomandazione non può che essere quella della massima prudenza e del rispetto delle regole, evitando soprattutto comportamenti rischiosi in un ambiente, quale quello marino, che si presenta molto più complesso rispetto a quello terrestre. Il mare, come del resto la natura, merita rispetto perché è assolutamente imprevedibile. L’inasprimento delle
pene è utile ma non sufficiente perché non potrà mai colmare quel vuoto di ignoranza, imprudenza, incoscienza ed irresponsabilità, su cui occorre lavorare garantendo informazione e formazione dell’utenza.

Parcheggi selvaggi sulle dune di Torre San Giovanni

Immagina di passeggiare su una spiaggia da cartolina, con dune che si alzano maestose a protezione del litorale. Tuttavia, questo idillio naturale è minacciato da un fenomeno preoccupante: auto che si arrampicano e si parcheggiano direttamente sulle dune. A Torre San Giovanni, l’incanto delle dune costiere è messo a rischio da questa pratica sempre più diffusa e dannosa.

Le dune costiere sono molto più di semplici formazioni sabbiose: svolgono un ruolo cruciale nel proteggere l’entroterra dai capricci del mare e del clima. Purtroppo, il parcheggio selvaggio delle auto sta mettendo a repentaglio questa preziosa difesa naturale. I pneumatici delle auto scavano profonde tracce, arrecando danni alle piante e al terreno sottostante. Questa destabilizzazione delle dune le rende vulnerabili all’erosione accelerata, come togliere i mattoni da un muro e sperare che rimanga in piedi.

Questa situazione crea un ambiente favorevole a un comportamento distruttivo che non solo altera l’aspetto naturale della spiaggia, ma mette anche a rischio l’equilibrio dell’ecosistema. Le auto parcheggiate oltre la sbarra non solo danneggiano le dune, ma impediscono anche il passaggio dei mezzi di soccorso, soprattutto durante l’affollata stagione estiva.

La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che queste pratiche nocive avvengono proprio nelle spiagge più prossime all’abitato, dove ci si aspetterebbe un maggiore controllo da parte delle autorità. Questo scenario evidenzia una grave negligenza e una mancanza di azione da parte delle istituzioni locali.

Nonostante le continue richieste da parte delle organizzazioni ambientaliste e della comunità locale, il problema persiste. Le istituzioni sembrano non comprendere l’urgenza della situazione o ritardano nell’adottare misure concrete per affrontare questa emergenza ecologica. Questa inazione è un campanello d’allarme che rivela una carenza di impegno e una priorità distorta.

Per salvaguardare la bellezza naturale di Torre San Giovanni e assicurare un futuro sostenibile per l’ecosistema costiero, è essenziale agire rapidamente. Implementare regolamenti rigorosi sull’accesso alle dune e applicare sanzioni significative per chi li viola è un passo essenziale. Inoltre, è fondamentale educare il pubblico sull’importanza di rispettare l’ambiente e seguire le norme stabilite.

Il tempo scorre inesorabile: ogni giorno di inazione peggiora la situazione. Solo attraverso un impegno congiunto tra cittadini, organizzazioni ambientaliste e autorità locali possiamo sperare di preservare queste dune dalla distruzione.

L’estate di un bambino. I ricordi di un mare che non c’è più

Alcuni giorni fa, mi è capitato di ritornare a guardare quello scenario, piuttosto suggestivo, che si intravede salendo sulle dune che sovrastano località “Pazze”, da cui peraltro è possibile ammirare quell’isolotto simile ad una grande balena che tante volte ho toccato e percorso in lungo e in largo. In quelle acque, lucenti e trasparenti, ho trascorso tutta l’infanzia e parte dell’adolescenza. Ecco allora che fermandomi per qualche istante, sedutomi su una piccola pietra, richiamato non so da che cosa e da quali voci lontane, mi sono fermato per qualche attimo. Ho chiuso gli occhi e per magia ho rivisto velocemente la pellicola del film in cui ho intravisto gli guardi, i gesti, i movimenti, i sorrisi di tante persone che non ci sono più, che tante estati hanno vissuto in questa nostra località.

Oggi tutto è cambiato! Tutto è (o sembra) diverso! Vi è una mescolanza di genti che vivono quella parte di territorio non sapendo o non conoscendo tante particolarità che io da bambino irrequieto e vivace ho vissuto in gioiosa spensieratezza. Rifuggono i ricordi di un tempo vissuto in un mare che non c’è più. Ho ripensato a tutte quelle volte in cui, accompagnato a fare il bagno dai nonni, venivo sistematicamente intimato ad uscire dall’acqua. Non volevo mai uscire perché mi sentivo in paradiso in quelle acque fresche e profumate. Oggi ammetto che lo facevo anche per dispetto. Di tanto in tanto scorgevo qualche conoscente che entrava in acqua con maschera, pinne, un uncino ed una cassetta di legno con attaccate delle bottiglie di plastica per farla galleggiare, in cui metteva i ricci che raccoglieva sul fondale roccioso.  Allora questa specie padroneggiava quelle scogliere che oggi sono deserti. Incuriosito, mi avvicinavo per vedere come venissero raccolti. Cercavo di capire la tecnica per poi metterla in pratica allorquando sarebbe stato il tempo giusto per me.

Le lunghe nuotate dalla riva alla “grande balena” avevano una forza autorigenerante, favorita dal sole e dal caldo estivo. Proprio come superman, che prende forza dal sole, mi sentivo invincibile nell’andare e tornare da quello scoglio. Ogni volta che mi allontanavo e mi riavvicinavo avevo la sensazione di entrare in una sorta di estasi che tuttora non riesco a descrivere. Era per me una cosa talmente bella da non poter essere spiegata con delle semplici parole. Preferisco ricordarla e riviverla, anche se purtroppo non è la stessa cosa. Erano belli quei tempi d’estate. Ci si divertiva un sacco pur non avendo playstation, giochi elettronici e soprattutto cellulari. Non si andava molto al parco giochi. La sera si cenava tutti insieme con la classica frisa salentina. Talvolta si arrostiva un po’ di carne oppure del pesce fresco. Erano belli quei pomeriggi in cui si celebrava il break con una menta od un’orzata servita in ghiaccio. Oppure del caffè, sempre in ghiaccio, che ho sempre odiato, pensando (e continuo a pensare!) che sia una bevanda da bere esclusivamente calda. 

C’erano dei giorni in cui, nel fine settimana soprattutto, giungevano dal paese i nonni materni. Inevitabilmente e puntualmente sporco di terra per le strade sterrate (non c’erano l’asfalto, la fognatura e l’illuminazione pubblica!), sempre buttato in quei terreni inedificati vicino alla mia casa, riuscivo a sentire il rumore di un’ape. Allora rizzavo le orecchie e dopo qualche attimo, portando lo sguardo verso la strada mi accorgevo che erano i nonni che a bordo del loro ape giallo stavano per arrivare nella nostra casa in via Generale La Marmora. La gioia era immensa. La felicità sublime perché capivo subito che si sarebbero fermati da noi per qualche giorno. Capitava poi che nel periodo dei pomodori, insieme a loro arrivassero anche le attrezzature e la materia prima per la “salsa” stagionale. Allora si che era una festa perché sapevo che sarei stato accanto al nonno nei preparativi e nell’organizzazione dei lavori: pentoloni, accensione del fuoco, spremitura, passatura e bollizione delle bottiglie con la famosa tecnica del “a bagno Maria”.

Sono ricordi di un passato che non c’è più, ma che custodisco gelosamente dentro di me. E sono convinto che molti di coloro che leggeranno questo articolo rivivranno le mie stesse sensazioni. Che è poi il motivo principale per cui ho voluto scriverlo. Per iniziare a fare la salsa ci si alzava molto presto. Ricordo che i nonni dicevano che iniziando presto si poteva lavorare bene con “il fresco”. Infatti, all’incirca verso metà mattinata, le bottiglie già bollivano e ci si preparava per andare al mare. Si ritornava per pranzo. Si stava tutti insieme, con il ritualismo finale del taglio dell’anguria per poi dedicarsi all’altrettanto rituale pennichella pomeridiana. Dormivo con il nonno che per addormentarmi raccontava sempre la fiaba (di sua invenzione!) della “conca spirlonca”. 

In quei pochi attimi a guardare la bellezza di “pazze” è stato come rivivere tutti questi momenti. Ricordare eventi e simboli che mi hanno aiutato a crescere, insegnandomi quanto sia prezioso un contesto familiare sano in un ambiente marino costiero straordinario come quello che noi tutti ugentini abbiamo la fortuna di avere e che dobbiamo custodire e proteggere. 

Diceva Albert Einstein che la memoria è l’intelligenza degli idioti. 

A me piace molto sentirmi un idiota, perché la memoria mi aiuta a rivivere un mare che non c’è più. Il che mi fa sentire bene. Mi fa sognare. Mi aiuta a rivedere quelle tante persone che non ci sono più, alle quali voglio rimanere legato per sempre.

Al via altre costruzioni nelle aree costiere di Ugento

Consolidato l’orientamento del Consiglio di Stato sulla possibilità di edificare nelle aree costiere.

Il Consiglio di Stato ha recentemente emesso tre sentenze (n. 6937/2023, n. 7065/2023, n. 7067/2023) che hanno confermato e chiarito l’inapplicabilità dei vincoli paesaggistici imposti dal PPTR per le aree costiere, urbanizzate e ricomprese nelle Zone B, da parte degli strumenti urbanistici locali. Questa decisione segna un importante punto di svolta riguardo alla possibilità di edificare in queste zone costiere.

Il verdetto del Consiglio di Stato è stato accolto con grande soddisfazione da sedici privati, assistiti dagli avvocati Alberto Grimaldi e Francesco Lezzi, i quali erano interessati dalle decisioni del TAR Lecce in primo grado. Inizialmente, il Tribunale Amministrativo Regionale aveva riconosciuto il carattere edificatorio di porzioni di territorio costiero facenti parte di consolidati tessuti urbani.

Tuttavia, sia il Ministero della Cultura che la Regione Puglia avevano presentato appelli chiedendo la riforma di tali decisioni, i quali sono stati successivamente rigettati dal Consiglio di Stato.

Le aree coinvolte in questa controversia si trovano nelle località balneari di Lido Marini (Ugento), Capilungo (Alliste) e Mancaversa (Taviano).

Con questa sentenza, il Consiglio di Stato ha rilasciato queste aree dalla morsa del piano paesaggistico, che le considerava inedificabili, e ha quindi dato il via libera agli interventi costruttivi. In particolare, i sedici privati ​​coinvolti potranno procedere con la realizzazione di un complesso condominiale di venti appartamenti a Lido Marini e di singole abitazioni a Capilungo e Mancaversa.

L’implicazione di questa sentenza pratica potrebbe avere un impatto significativo sulle edilizie ancora in corso di istruttoria nelle aree costiere. Nonostante le decisioni del Consiglio di Stato abbiano chiarito la possibilità di considerare edificabili i territori costieri, rimane ancora da vedere come questo nuovo orientamento influenzerà i processi decisionali futuri e le pratiche di urbanizzazione in queste zone delicate.

È importante sottolineare che la questione della costruzione nelle aree costiere è un tema complesso e controverso. Molte località ambientaliste e difensori del paesaggio marittimo potrebbero vedere questa sentenza come una minaccia per l’ambiente e la bellezza naturale di queste. D’altra parte, ci sono anche argomentazioni a favore della pianificazione urbanistica e dello sviluppo delle zone costiere per fini turistici ed economici.

In conclusione, l’orientamento consolidato del Consiglio di Stato sulla possibilità di edificare nelle aree costiere segna un passo significativo verso una maggiore chiarezza giuridica riguardo a questa complessa questione. Tuttavia, sarà importante monitorare attentamente gli impatti degli sviluppi futuri e considerare attentamente gli ambientali e sociali di eventuali interventi edilizi in queste preziose zone costiere. L’equilibrio tra lo sviluppo urbano e la conservazione del patrimonio naturale dovrà essere gestito con cura per garantire un futuro sostenibile per queste meravigliose località balneari.

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