Torre San Giovanni – Giovane lupo investito alle porte della marina

Questa mattina, intorno alle 9:40, la redazione di Ozanews ha ricevuto la segnalazione di un nostro lettore riguardo alla presenza, a bordo strada, della carcassa di un lupo. L’animale si trovava nel tratto compreso tra la rotatoria d’ingresso di Torre San Giovanni e la vecchia pompa di benzina, oggi in disuso.

Raggiunto immediatamente il luogo dell’avvistamento, abbiamo documentato la scena con fotografie e constatato che si trattava di un giovane esemplare di lupo, con ogni probabilità deceduto poco prima – tra le 8:30 e le 9:30 – a seguito di un investimento stradale.

Il lupo è una specie autoctona del nostro territorio, tornata negli ultimi anni a popolare alcune aree del Salento grazie a dinamiche di ripopolamento naturale e alla protezione garantita dalla normativa nazionale.
Tuttavia, la presenza sempre più frequente di questi animali vicino ai centri abitati solleva interrogativi e preoccupazioni. Il caso di questa mattina conferma che, nonostante l’aumento del traffico veicolare e la forte presenza di persone dovuta alla stagione turistica, il lupo tende ad avvicinarsi alle aree urbane.

Estate e turismo: un periodo delicato per i lupi

Con l’estate ormai entrata nel vivo, il flusso turistico in Salento cresce in maniera significativa. Questa maggiore pressione sul territorio, anche in aree naturalistiche, aumenta le possibilità di avvistare uno o più esemplari di lupo.
Il fenomeno si presenta in un momento particolarmente sensibile per la specie: siamo infatti nel periodo di allevamento dei cuccioli, nati da pochi mesi, quando gli adulti si muovono più frequentemente alla ricerca di cibo.

Il Vademecum di Hic Sunt Lupi  e la sensibilizzazione sul territorio

Da oltre un anno, il progetto Hic Sunt Lupi   ha predisposto e diffuso un Vademecum con tutte le informazioni utili per comportarsi correttamente in caso di avvistamento. La cartellonistica è stata fornita a tutte le aree parco della provincia e a numerose amministrazioni comunali che ne hanno fatto richiesta. Il materiale, già stampato, è a disposizione di enti e associazioni che possono farne richiesta via e-mail a hicsuntlupi.comunicazione@iret.cnr.it.

  • Non somministrare cibo ai lupi e non provare ad avvicinarli.
  • Conservare adeguatamente i rifiuti organici, evitando di lasciarli all’aperto.
  • Custodire al chiuso gli animali domestici durante le ore notturne.
  • Non inseguire i lupi con veicoli o altri mezzi.
  • Ricordare che il lupo è specie protetta: ucciderlo è un reato penale, così come catturarlo o trasferirlo.

Il manifesto, semplice e di buon senso, è pensato non solo per i frequentatori delle aree naturalistiche ma per tutti: cittadini, turisti e residenti. Diffonderlo e rispettarlo significa proteggere un patrimonio naturale prezioso e ridurre i rischi di incidenti o interazioni pericolose.

Il lupo, oltre a essere un predatore apicale fondamentale per l’equilibrio dell’ecosistema, è tutelato dalla legge italiana. Ogni sua perdita rappresenta un danno per la biodiversità e un campanello d’allarme per la sicurezza della fauna selvatica sulle nostre strade.

L’episodio di oggi, oltre a suscitare dispiacere, deve spingerci a riflettere: l’uomo e il lupo condividono lo stesso territorio, e solo con consapevolezza e rispetto reciproco si può garantire una convivenza pacifica e duratura.

A Orte una camminata per riscoprire la forza della natura dopo il fuoco

È un invito alla riflessione e alla resilienza quello lanciato dalla guida ambientale Francesco Chetta, ideatore dell’iniziativa Ciò che resta… ciò che sarà”, una serie di escursioni nella zona di Orte, lungo la costa sud di Otranto, duramente colpita dai violenti incendi che nei giorni scorsi hanno devastato centinaia di ettari di macchia mediterranea.

Sabato 26 luglio, dalle ore 18:30 alle 21:30, si terrà il primo appuntamento di un percorso che unirà escursionismo e consapevolezza. Si camminerà tra i segni lasciati dalle fiamme, per osservare, capire, e soprattutto riflettere su ciò che la natura ha subito e su ciò che può rinascere.


Una ferita aperta sul volto del Salento

Il contesto è tragico: negli ultimi giorni la zona di Orte, Otranto e Porto Badisco è stata letteralmente sventrata dal fuoco. I Canadair sono intervenuti per due giorni consecutivi, affiancati da squadre a terra, volontari e protezione civile, per tentare di contenere un inferno che si è esteso fino a lambire strade e abitazioni. Il forte vento ha alimentato le fiamme, rendendo le operazioni di spegnimento ancora più difficili.

Un disastro ambientale che ha ridisegnato il volto della costa e compromesso un patrimonio di biodiversità e bellezza. Una ferita che richiede tempo, impegno e attenzione per essere curata.


Un viaggio nella natura e nella memoria

L’iniziativa di Francesco Chetta punta proprio a restituire dignità al territorio attraverso una camminata lungo i sentieri della costa sud. Una passeggiata naturalistica (e riflessiva) che sarà replicata nei prossimi mesi (novembre, febbraio e aprile) per monitorare insieme l’evoluzione del paesaggio e scoprire come la natura, pur ferita, possa tornare a vivere.

📌 Info utili:

  • Ritrovo ore 18:30 – località Orte
  • Scarpe da trekking, cappellino, acqua, torcia obbligatoria
  • Evento dog friendly – i cani sono benvenuti, ma da tenere al guinzaglio

📞 Prenotazioni: 349 8755409


💬 “La natura, alla fine, vince sempre… nonostante tutto” è il messaggio guida dell’iniziativa. E oggi più che mai, dopo le devastazioni degli ultimi giorni, questo messaggio assume un valore ancora più potente.

Ozanews continuerà a raccontare il cammino della rinascita. Perché camminare nei luoghi colpiti dal fuoco significa anche scegliere di non voltare lo sguardo altrove.

La storia si ripete nel parco di Ugento: nuovo scempio pubblico

Una nuova, preoccupante segnalazione raggiunge la redazione di OzaNews riguardo il Parco Naturale Regionale “Litorale di Ugento”. A quattro anni di distanza dal sequestro operato dai Carabinieri Forestali nel 2020, la storia sembra ripetersi con inquietanti similitudini, in un territorio dove le notizie scomode sembrano dissolversi nel nulla, inghiottite dal silenzio mediatico.

Un nostro lettore denuncia una devastazione ambientale di proporzioni significative nell’area del bacino Ulmo. Il danno è evidente: una striscia di territorio larga circa tre metri è stata completamente divelta lungo l’intero sviluppo del bacino e del canale adiacente. L’intervento ha causato la distruzione di un habitat prioritario protetto dalla Direttiva europea 92/43/CEE, zona umida che ospitava specie vegetali caratteristiche di questi ambienti.

Particolarmente grave è la perdita di migliaia di esemplari di orchidee spontanee, tra cui l’Anacamptis palustris, specie protetta e inserita nella lista rossa nazionale. Un patrimonio naturalistico di inestimabile valore, cancellato in nome di presunti interventi di sistemazione dell’area.

La vicenda assume contorni ancora più foschi considerando la risposta del direttore del Parco, Giuseppe Scordella, che, informato dei fatti, non avrebbe potuto fare altro che alzare le spalle di fronte all’accaduto. Un gesto che simboleggia una preoccupante impotenza istituzionale di fronte a quello che appare come un vero e proprio attentato alla biodiversità.

Del precedente caso del 2020, quando un intervento di riqualificazione finanziato dalla Regione Puglia con 5 milioni di euro fu bloccato dai Carabinieri Forestali per difformità progettuali e utilizzo improprio di materiali inerti, si sono perse le tracce. Come tante altre vicende scottanti di questo territorio, anche quella è stata sepolta sotto una coltre di silenzio, in un contesto dove l’informazione giornalistica autentica e indipendente non ha mai trovato terreno fertile. Al suo posto, una narrazione edulcorata del territorio, fatta di comunicati stampa su sagre paesane e festival della pizzica, generosamente finanziata con denaro pubblico.

Oggi, come allora, ci troviamo di fronte a un paradosso: opere pubbliche che, invece di valorizzare e proteggere il territorio, finiscono per devastarlo. La domanda sorge spontanea: chi vigila realmente sulla tutela di questi preziosi ecosistemi? Come è possibile che, nonostante i precedenti e le normative di protezione ambientale, simili scempi possano ancora verificarsi?

La redazione di OzaNew continuerà a monitorare la situazione, dando voce a chi, come il nostro lettore, non resta indifferente di fronte alla progressiva distruzione di uno dei più importanti patrimoni naturalistici del Sud Italia. È tempo che le istituzioni preposte alla tutela ambientale assumano un ruolo più incisivo nella protezione di questi habitat unici e insostituibili, e che l’informazione torni ad essere uno strumento di verità e non di mera propaganda.

I tartufi di Ugento scovati da Luca Franza

La passione di Luca Franza che assieme alla piccola Maya hanno scoperto un’altra ricchezza di un territorio che non finisce mai di regalarci sorprese. Da tempo ormai Luca ha constatato come a Ugento siano presenti due tipi di pregiatissimo tartufo, precisamente il nero ,scorzone estivo, ma conosciuto come tuber estivum vittadin e il bianchetto che viene chiamato tuber borchi vittadin, o marzuolo.

Può sembrare una novità per tanti eppure anche nel nostro territorio è possibile, dunque, scovare questi pregiatissimi tuberi che possono costare anche diverse migliaia di euro come il caso del record stabilito da un Tartufo D’Alba venduto alla cifra monstre di 184mila euro.

Contrariamento a quanto si è portati a pensare il tartufo è sempre stato presente nella penisola salentina, e se ne hanno notizie fin dall’epoca medioevale. La deforestazione avvenuta tra otto e novecento ha portato alla perdita di grandi parti dell’habitat naturale del tartufo, che comunque resiste in piccole zone umide e forestate, come il Parco Litorale di Ugento. L’uso nella cucina salentina è stato riscoperto da poco, con diversi chef del territorio impegnati nel recupero di questo ingrediente che da oggi possiamo considerare nostrano.

Da oggi possiamo dunque dire che anche a Ugento c’è il tartufo, uno dei tanti tesori da scoprire in questo sterminato territorio e un’altra freccia nell’arco del Parco Litorale di Ugento che da oggi potrebbe avere un altro argomento sui cui riflettere.

Un’altra caretta caretta nidifica a Torre San Giovanni – VIDEO –

Questa notte a seguito di una segnalazione di una tartaruga avvistata in spiaggia, ma tornata in acqua perché disturbata dalla presenza di bagnati i Seaturtle Watcher Simone Potenza (responsabile dell’area ionica), chiara Sarcinella e Anna Carluccio hanno iniziato a perlustrare la spiaggia consapevoli delle alte probabilità che la tartaruga potesse uscire nuovamente a tentare di nidificare, cosa che è avvenuta dopo circa un ora di ricerche nei pressi dello stabilimento balneare lido sabbioso
Subito sul posto sono intervenuti gli operatori del Centro recupero tartarughe marine di Calimera che assieme agli instancabili volontari hanno provveduto a mettere in sicurezza l’area

https://ozanews.it/wp-content/uploads/2022/07/video-nidificazione-tartaruga-torre-san-giovanni.mp4
IL VIDEO PUBBLICATO SULLA PAGINA FB https://www.facebook.com/centrorecuperotartarughemarine

Trovato il primo nido di tartaruga marina di Torre San Giovanni

Trovato il primo nido di tartaruga marina di Torre San Giovanni.
È stato trovato nella mattina di oggi 8 luglio il primo nido di tartaruga marina Caretta Caretta di Torre San Giovanni, nei pressi del lido Fontanelle.
A trovare il nido sono stati i Seaturtle Watcher Chiara Santantonio e Andrea Fiorito mentre monitoravano la spiaggia alla ricerca di eventuali deposizioni.
Tempestivo l’intervento del Centro Recupero Tartarughe Marine di Calimera, che coordina le attività dei Seaturtle Watcher, e che ha subito provveduto a mettere in sicurezza l’area per le azioni di rito.

Il litorale sabbioso ugentino da anni è molto apprezzato dalle tartarughe che spesso lo scelgono per la deposizione delle uova.

Conoscere per custodire: la caretta caretta

Tra gli eventi naturali nei quali ci si può imbattere in questo periodo dell’anno passeggiando lungo le spiagge a ridosso del Parco naturale litorale di Ugento sicuramente il più insolito e spettacolare è l’incontro con una femmina di tartaruga Caretta Caretta intenta a nidificare.
La tartaruga Caretta Caretta delle specie che vivono nel mediterraneo è l’unica a nidifica lungo le coste italiane.
Nel 2019 lungo il litorale sabbioso di Torre San Giovanni è stato censito il primo nido Ugentino, grazie alla segnalazione di alcuni lavoratori di una struttura balneare che hanno allertato il centro recupero tartarughe marine di Calimera (CRTM).
Da allora grazie alla collaborazione di alcuni giovani volontari del posto e gli operatori del CRTM è nato il gruppo dei seaturtlewatcher grazie ai quali nel biennio 2020/2021, sono stati individuati e messi in sicurezza oltre 10 nidi di Caretta Caretta che hanno dato alla luce quasi 600 piccole tartarughine.
Le tartaruga marina Caretta Caretta detta anche Tartaruga Comune è la specie più diffusa nel Mediterraneo, anche se fortemente minacciata da problemi di tipo antropico.
Le tartarughe adulte, trascorrono la maggior parte della loro vita nelle profondità del mare, tornando in superficie di tanto in tanto per respirare. Nonostante possa sembrare apparentemente un animale goffo, in acqua si muove agevolmente raggiungendo velocità anche superiori ai 35km orari.
Le tartarughe adulte sono animali solitari, le femmine e i maschi si danno appuntamento durante la stagione dell’accoppiamento al largo delle spiagge nelle quali sono nate e sulle quali le femmine nidificheranno durante la stagione estiva, indicativamente da metà giugno a metà agosto, anche se in questi anni si è assistito a deposizioni tardive, che però a causa del calo delle temperature non sempre garantiscono la schiusa delle uova.
Gli esemplari adulti possono raggiungere dimensioni che vanno dagli 80 ai 140 cm ed un peso che può raggiungere i 160kg, i caratteri distintivi del sesso si sviluppano negli esemplari una volta raggiunta la maturità sessuale che avviene a circa 13 anni di età, questi tratti sono la coda molto più sviluppata nei maschi, così come più sviluppati risultano anche gli artigli presenti sulle pinne anteriori che il maschio utilizza per restare aggrappato al carapace della femmina durante l’accoppiamento. Le tartarughe adulte presentano un carapace di colori che vanno dal verde scuro al marrone e un piastrone a forma di cuore di colore giallo.
La femmina dopo la stagione dell’accoppiamento raggiungerà la spiaggia e dopo aver percorso faticosamente diverse decine di metri per raggiungere una zona idonea lontana dall’acqua, deporrà il nido scavando con le zampe posteriori una profonda buca all’interno della quale deporrà anche fino a 200 uova simili a palline da ping pong.
Il sesso delle nasciture sarà determinato dalla temperatura di incubazione, maschi con temperature inferiori ai 29° femmine al di sopra.
Finito il periodo di incubazione che varia da 45 a 60 giorni, le piccole dopo aver rotto l’uovo emergeranno dalla sabbia in gruppi e raggiungeranno autonomamente (in assenza di inquinamento luminoso o altri fattori di disturbo) il mare guidate dalla luce della luna e delle stelle riflesse nel mare e grazie alla pendenza della spiaggia verso il bagnasciuga.
Una volta raggiunto il mare utilizzeranno tutte le loro energie per prendere il largo, dopodiché si sposteranno in gruppo trascinate dalla corrente.
Non si hanno molte notizie sui primi anni di vita, certo è che in questo periodo il tasso di mortalità è molto elevato, si stima infatti che una tartaruga su mille arrivi a età riproduttiva.
Tra le principali cause di mortalità della specie le più ricorrenti sono collegate a fattori antropici, tra i più incisivi ci sono la sempre crescente presenza di plastica che gli animali ingeriscono scambiandola per cibo, impatti con natanti e problemi legati a errate manovre di recupero nei casi di pesca involontaria degli esemplari.
La stagione di nidificazione delle Tartarughe caretta caretta nel mediterraneo è iniziata con i primi rinvenimenti lungo le coste Siciliane

Un’altra stagione che vedrà i volontari del gruppo dei seaturtlewatcher, coordinati dagli esperti del Centro recupero tartarughe marine di Calimerara (CRTM) intenti a pattugliare le spiagge salentine alla ricerca dei nidi di tartaruga.
Il lavoro dei volontari consiste nel monitoraggio puntuale delle spiagge alle prime ore dell’alba, prima dell’avvento di bagnanti e d’operatori turistici. Chiunque fosse interessato ad unirsi all’attività dei volontari può mettersi in contatto con il CRTM anche attraverso i canali social.
https://www.facebook.com/centrorecuperotartarughemarine/

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